Nel quotidiano, però, accade spesso che lo stipendio non venga pagato e, come avvocati, noi interveniamo proprio in questi casi (se vuoi saperne di più sul nostro studio o del nostro dipartimento di diritto del lavoro, puoi contattarci).
Nell’ambito di un contratto di lavoro, “lavorare” significa mettere al servizio del datore di lavoro le proprie competenze ed il proprio tempo.
In cambio il lavoratore riceverà un giusto un corrispettivo economico per sostentarsi.
Il lavoro è un diritto di tutti, costituzionalmente garantito (art. 4 Cost.).
Ma a prescindere dalle ragioni del mancato pagamento dello stipendio (es. crisi aziendale oppure semplice disonestà del datore) cosa può fare il lavoratore?
Il lavoratore “senza stipendio” deve sapere che può sempre obbligare il datore a corrispondergli quanto dovuto. Del resto, corrispondere la retribuzione è l’obbligazione principale del datore e il non provvedervi tempestivamente configura un inadempimento grave.
Ma quando il datore di lavoro può essere considerato davvero “in ritardo”? La risposta nel paragrafo seguente.
Il giorno 10 del mese successivo a quello in cui si è lavorato è il termine più diffuso nella prassi.
Tuttavia, i contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL), ciascuno per la propria categoria, prevedono termini differenti:
In ogni caso, in mancanza di una norma specifica e di dettaglio, vale sempre la regola che la retribuzione debba essere corrisposta nel momento in cui la prestazione stessa sia stata eseguita e conclusa.
Ad esempio, per il caso del lavoro dipendente, la cadenza di paga è normalmente mensile proprio perché la prestazione periodica si ritiene conclusa l’ultimo giorno di ciascun mese.
Appurato quindi che il datore di lavoro non stia rispettando l’obbligo di pagamento periodico e tempestivo dello stipendio, sarà possibile attivarsi chiedendo l’intervento di un legale per ottenere quanto dovuto. Anche in ipotesi di fallimento dell’azienda è possibile intervenire poiché i lavoratori hanno un credito privilegiato (per avere assistenza puoi contattarci cliccando qui).
Spesso però il lavoratore ha paura a domandare l’intervento di un legale perché teme di subire ripercussioni negative. Ecco come comportarsi in concreto.
Allora, è bene sapere che oltre all’azione di recupero del credito, il lavoratore che non riceve la retribuzione può dimettersi per giusta causa.
Il lavoratore potrebbe dimettersi anche senza preavviso (ove previsto dal CCNL applicabile), con la possibilità di ottenere l’indennità di disoccupazione: la cosiddetta “Naspi” (se vuoi saperne di più, leggi l’articolo sulla Naspi).
Il lavoratore che receda per giusta causa (rassegnando le proprie dimissioni in tronco) conserva anche il diritto a percepire l’indennità sostitutiva del mancato preavviso. L’indennità è dovuta a titolo di indennizzo per la mancata percezione delle retribuzioni per il periodo necessario al reperimento di una nuova occupazione.
Tuttavia, questi diritti possono venire meno in caso di inerzia protratta del lavoratore.
Infatti, è bene considerare che un prevalente orientamento giurisprudenziale, considera che le dimissioni rese dopo diversi mesi di tolleranza del mancato pagamento dello stipendio non possano garantire un “recesso per giusta causa”.
Se il non aver ricevuto il pagamento di un solo stipendio potrebbe rivelarsi troppo poco per giustificare il recesso, sei mesi di mancata retribuzione potrebbero configurare una specie di accettazione implicita dell’inadempimento, con tutte le conseguenze ed i pregiudizi del caso.
In linea di massima quindi, quando il lavoratore vede messa in pericolo la propria garanzia di sostentamento, dovrebbe attivarsi per compiere consapevolmente tutte le attività, anche legali, per salvaguardare se stesso e la propria famiglia.
Il nostro studio può vantare sia una competenza avanzata in materia di diritto del lavoro, sia nel recupero crediti. In caso di mancato pagamento e di atteggiamento poco collaborativo del datore di lavoro, la migliore strategia è quella di rivolgersi ad un legale di qualità per avere assistenza personalizzata.
Nel rispetto delle esigenze del singolo lavoratore si potrà decidere di agire con un’azione di recupero coattivo delle somme dovute, rapida ed incisiva (mediante decreto ingiuntivo e pignoramento) e, nel frattempo, attivarsi per ottenere le ulteriori garanzie legali (come le indennità descritte) e sociali (come la Naspi).
Se vuoi saperne di più sul nostro studio o sul nostro dipartimento di diritto del lavoro, puoi contattarci in ogni momento.
Antonella Marmo