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L’articolo illustra la recente decisione del Tribunale Internet di Pechino che affronta il caso del plagio di un’immagine generata tramite Intelligenza Artificiale. L’articolo sfrutta il caso per illustrare meglio l’evoluzione della disciplina legale applicata al settore degli autori e del copyright.
La sentenza pronunciata dal Tribunale Internet di Pechino lo scorso 27 novembre 2023 risulta davvero molto interessante: tra gli addetti ai lavori se ne sta parlando da un po’ ma solo in pochi hanno avuto il coraggio di sottolineare la franchezza con cui la Corte cinese ha chiarito alcuni aspetti chiave.
La pronuncia, oltretutto, mi ha ricordato molto un precedente della nostra Suprema Corte (che avevo già commentato in questo articolo:“Software e Creatività: la suprema corte sulla tutelabilità della digital Art“) ove si prefigurava proprio questo tipo di orientamento.
La vicenda cinese, riguarda il signor Li che, il 24 febbraio 2023, aveva generato un’immagine mediante Stable Diffusion, impiegando comandi discorsivi piuttosto articolati nonché attraverso parole chiave ricercate e specifiche. Per il vero la sentenza cinese riporta in parte il percorso creativo del signor. Li. Ebbene, l’immagine è stata poi pubblicata dal suo “autore” con il titolo “La brezza primaverile porta tenerezza” (“Spring Breeze Brings Tenderness”) sul social network “Little Red Book”.
Ebbene, il signor Li ha poi scoperto che l’immagine era stata utilizzata, a sua insaputa, dal signor Liu a corredo di un articolo/poesia intitolata “Amore in marzo, tra i fiori di pesco” (“Love in March, in the Peach Blossoms”) e condivisa mediante un’altra piattaforma web.
Occorre sottolineare, che il signor Liu, per utilizzare l’immagine aveva anche rimosso la filigrana apposta dal signor Li, inducendo così gli utenti a credere che l’autore dell’immagine fosse lui.
Il caso, quindi, pare calzare a pennello per rispondere a una serie di domande molto frequenti in materia di immagini generate mediante intelligenza artificiale.
Il fulcro della sentenza cinese ruota intorno al concetto che anche lo sforzo autoriale applicato utilizzando software basati su modelli di sviluppo merita di tutelato dal diritto d’autore. La sentenza della Corte di Pechino, infatti, sottolinea con una metafora che l’intelligenza artificiale (AI) funziona come uno strumento nelle mani di un artista, non diversamente da un pennello o una fotocamera. Proprio come questi strumenti non creano autonomamente arte ma richiedono l’intervento creativo umano per produrre opere d’arte, così l’AI serve da medium attraverso cui le visioni artistiche vengono realizzate.
La decisione evidenzia come, nonostante l’IA svolga un ruolo importante nella generazione dell’opera, è l’apporto umano che fa sempre la differenza: “oggi, la fotocamera degli smartphone raggiunge livelli qualitativi sempre maggiori, diventando oltretutto sempre più semplice da utilizzare. Tuttavia, finché gli scatti risulteranno originali, riflettendo l’investimento intellettuale del fotografo, costituiranno opere autoriali e saranno protette dalla Legge sul Copyright. Lo sviluppo di tecnologie e strumenti riduce l’investimento umano, ma il sistema del Copyright dovrebbe rimanere comunque in vigore per incentivare lo sviluppo di nuove opere […] C’è un fatto tutt’altro che trascurabile: ogni autore a una volontà e un gusto proprio e, quando crea per un cliente, compie scelte personali. Attualmente, i modelli di AI generativa non hanno una volontà autonoma e non hanno alcuna personalità giuridica. Pertanto, quando le persone usano un modello di AI per generare immagini, non c’è alcun dubbio su chi debba esserne riconosciuto autore. In sostanza, la creatività è un processo sempre riconducibile all’uomo-autore anche se si avvale di strumenti evoluti per creare, cioè è l’uomo che fa l’investimento intellettuale durante tutto il processo di creazione, non il modello di AI.“
L’AI non possiede volontà o coscienza propria e non può essere considerata l’autore delle opere che produce; piuttosto, sono l’investimento e le scelte creative dell’essere umano che la utilizza a definire la paternità e il perimetro intellettuale dell’opera.
Particolarmente lucido è anche il passaggio con cui il Tribunale di Pechino spiega che Stable Diffusion ovvero il software di intelligenza artificiale (IA), non ha alcun ruolo di indirizzo nella generazione delle immagini. Piuttosto, il ruolo della software house è quello di creare “il pennello” ovvero lo strumento di creazione (il modello di IA) mediante la progettazione dell’algoritmo e l’addestramento con grandi quantità di dati, informazioni e immagini.
Chi produce il pennello, non può vantare alcun diritto sulle opere pittoriche. Anche se c’è un cospicuo investimento nella “creazione del pennello”, chi lo produce non potrà mai vantare diritti sulle tele: “Il progettista del modello di intelligenza artificiale non aveva l’intenzione di creare una specifica immagine, né aveva dato indicazione per generare le conseguenti derivazioni creative. Non è stato coinvolto nel processo di generazione delle immagini in contestazione; quindi, in questo caso, è solo un produttore dello strumento di creazione. Progettando l’algoritmo e il modello e utilizzando una grande quantità di dati per “addestrarlo”, il progettista ha dotato il modello di IA della capacità di generare autonomamente contenuti in risposta a diverse esigenze. Il progettista ha senza dubbio fatto un investimento intellettuale durante quel processo, ma tale investimento è andato alla progettazione del modello di IA, cioè alla produzione di uno “strumento di creazione”, non all’immagine in sé. Pertanto, il progettista del modello di IA non può vantare alcun diritto sull’immagine generata.“
Insomma, le immagini generate dall’AI, non le appartengono ma non sono neppure libere. Esse appartengono a chi ha effettuato le scelte creative che hanno portato direttamente alla loro creazione, ossia al digital artist che utilizza l’I.A.
Anche se occorre tenere a mente a mente che dovrebbe esserci un equo riconoscimento per gli autori del contenuti utilizzati per l’addestramento dell’AI, ma di questo abbiamo già parlato nel nostro precedente articolo“I.A.: il silenzioso sfruttamento delle opere degli autori” e presto l’entrata in vigore del Regolamento europeo sull’Intelligenza artificiale aiuterà a creare un regime di maggiore trasparenza al riguardo.
Nella recente sentenza pronunciata dal Tribunale Internet di Pechino, emerge con chiarezza come il diritto d’autore cinese risulti applicabile alle opere generate attraverso l’intelligenza artificiale. Secondo la Legge sul Copyright della Repubblica Popolare Cinese, per essere tutelata, un’opera deve essere un risultato intellettuale originale espresso in una forma tangibile nei campi della letteratura, arte e scienza. Questo principio si allinea alla legislazione italiana e a quella di molti altri paesi, richiedendo che l’opera rifletta un grado significativo di creatività e originalità.
La sentenza cinese enfatizza l’importanza dell’apporto umano nel processo creativo, anche nell’era dell’intelligenza artificiale. L’IA, pur essendo uno strumento avanzato, non sostituisce l’intervento umano ma piuttosto lo amplifica, permettendo la realizzazione di visioni artistiche che altrimenti non sarebbero possibili (Si v. la sentenza della nostra Suprema Corte:“Software e Creatività: la suprema corte sulla tutelabilità della digital Art“). Questa visione riconosce che, nonostante la tecnologia possa ridurre l’investimento umano nella creazione, l’investimento intellettuale dell’autore rimane centrale e meritevole di protezione giuridica.
Inoltre, il testo provvisorio del “Regolamento europeo sull’IA (AI Act)” rappresenta un passo significativo verso la regolamentazione dell’intelligenza artificiale a livello europeo. Il regolamento mira a classificare i sistemi di IA in base al livello di rischio, introducendo requisiti normativi proporzionati. In particolare, alcuni articoli (si v. in particolare il 52c) stabiliscono linee guida specifiche per i fornitori di modelli di IA, richiedendo la documentazione e la trasparenza per garantire che i diritti d’autore e la proprietà intellettuale siano rispettati e protetti. Questi sforzi normativi evidenziano l’importanza di bilanciare l’innovazione tecnologica con la protezione dei diritti individuali e la promozione di un ambiente creativo sano e rispettoso delle leggi.
La questione del risarcimento per la violazione dei diritti d’autore di opere create mediante intelligenza artificiale è stata affrontata nel caso in esame dal Tribunale Internet di Pechino. La Corte ha stabilito un risarcimento di 500 yuan (circa 65 euro) a favore di Li, l’autore dell’opera originale, riconoscendo così il suo diritto d’autore e l’originalità dell’opera generata attraverso l’utilizzo dell’IA.
Questo esiguo risarcimento, sebbene possa apparire simbolico, stabilisce un importante precedente legale nel riconoscimento delle opere generate dall’IA come forme di proprietà intellettuale tutelabili. La decisione del Tribunale sottolinea il principio secondo cui, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata per la creazione, l’opera riflette l’investimento intellettuale e la creatività dell’autore, meritevoli di protezione ai sensi della legge sul copyright.
In relazione alla questione del risarcimento per l’utilizzo non autorizzato di opere d’arte digitale, è interessante notare le analogie con quanto discusso nel mio precedente articolo “Il calcolo del risarcimento per l’utilizzo di fotografie semplici altrui“. In quel contesto, viene approfondito come il risarcimento per l’utilizzo non autorizzato di materiale fotografico sia calcolato in base a criteri specifici, che possono fornire un utile riferimento anche per la valutazione dei danni in casi di plagio di immagini generate mediante intelligenza artificiale.
Inoltre, è importante notare che, anche se il risarcimento monetario a volte possa sembrare modesto, il vero valore della sentenza risiede nel suo effetto deterrente. Questo caso segnala chiaramente che l’uso non autorizzato di opere generate mediante intelligenza artificiale non sarà tollerato e che i diritti degli autori che si esprimono attraverso questo nuovo mezzo saranno difesi.
Inoltre, il caso evidenzia la necessità di prestare attenzione all’utilizzo di tali opere in ambiti commerciali, come campagne pubblicitarie o materiale promozionale, dove la rimozione di un’immagine utilizzata senza autorizzazione potrebbe comportare danni aziendali ben più significativi rispetto al mero risarcimento monetario irrogato.
Avvocato Arlo Canella