Verifica la corretta inclusione dei diritti di licenza nel valore delle importazioni.
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Le imprese che operano con marchi in licenza e importano beni devono affrontare una questione spesso sottovalutata: le royalties vanno indicate nel valore doganale? L’ordinanza n. 32310/2024 della Cassazione civile chiarisce quando i diritti di licenza devono essere considerati parte del valore delle merci importate, alla luce del Codice Doganale Comunitario e delle sue disposizioni applicative. L’articolo analizza il caso Guess Europe e le implicazioni concrete per le aziende, alla luce degli obblighi doganali e delle strategie contrattuali da adottare.
Il marchio non è solo un segno distintivo, ma un vero e proprio asset economico. Per molte imprese, il valore del brand supera quello dei beni materiali, diventando leva di business e fonte di reddito tramite le royalties.
Le royalties, in particolare, sono compensi versati dal licenziatario al titolare del marchio per il diritto di sfruttarlo su prodotti o servizi. Si tratta di un pagamento per l’uso di un bene immateriale che, proprio grazie alla sua notorietà sul mercato, è in grado di generare utili concreti (sullo stesso argomento, v. anche “Come funzionano le royalties e quali diritti spettano agli autori” di A. Canella e “Il nuovo recupero crediti per royalties non corrisposte” di G. Regolo).
Questi compensi possono essere calcolati in diversi modi: una percentuale sul fatturato dei prodotti marchiati, un importo fisso per unità venduta o altre modalità pattuite contrattualmente. Nei settori moda, lusso, editoria e merchandising, è prassi comune concedere in licenza il proprio marchio a terzi, estendendo la presenza sul mercato senza sostenere direttamente i costi di produzione.
Il trattamento delle royalties, però, solleva anche questioni di natura fiscale e doganale, spesso trascurate nella pratica commerciale. Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ha portato alla luce tali criticità, a partire da una controversia che ha coinvolto Guess Europe Sagl.
La Corte di Cassazione ha affrontato una controversia sull’importazione di prodotti a marchio Guess, sollevata dall’Agenzia delle Dogane per la mancata indicazione delle royalties nel valore doganale delle merci (ordinanza n. 32310/2024).
Nel 2011, Guess Europe Sagl ha importato in Italia beni recanti il marchio Guess, omettendo di dichiarare, nel valore doganale, le royalties corrisposte alla capogruppo statunitense Guess Inc. Secondo l’Agenzia delle Dogane, tali somme dovevano essere considerate nel valore delle merci, trattandosi di pagamenti necessari per ottenere la fornitura dei prodotti.
Il versamento delle royalties era una condizione essenziale per l’acquisto, ma non era stato indicato. L’omissione ha determinato un avviso di rettifica e sanzioni nei confronti di Movimoda S.p.A., rappresentante indiretto della società importatrice.
Movimoda ha contestato la posizione dell’Agenzia, sostenendo che le royalties non dovessero rientrare nel valore doganale. La Corte di Cassazione ha respinto l’argomento, confermando la tesi dell’Amministrazione.
Il punto centrale ha riguardato l’interpretazione del Codice Doganale Comunitario, e in particolare l’obbligo di tenere conto dei pagamenti per i diritti di licenza nel valore delle merci. La sentenza ha chiarito quando tali importi devono essere dichiarati in dogana, offrendo un orientamento rilevante per tutte le operazioni di importazione.
La Corte di Cassazione (ord. n. 32310/2024) ha fondato la propria decisione sulle disposizioni del Codice Doganale Comunitario (CDC), e in particolare sull’articolo 29, che definisce il valore doganale come il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate.
A questo principio generale si affianca quanto previsto dall’articolo 32, paragrafo 1, lettera c) del CDC, secondo cui devono essere aggiunti al valore dichiarato anche i diritti di licenza, se non già inclusi nel prezzo e se costituiscono una condizione di vendita. Il pagamento delle royalties da parte di Guess Europe rispondeva esattamente a questi requisiti.
La Corte ha chiarito che il valore doganale non può limitarsi al corrispettivo commerciale delle merci, ma deve riflettere anche le somme versate per l’utilizzo del marchio, laddove queste siano indispensabili per concludere la transazione.
È stato inoltre richiamato l’art. 157 DAC, Disposizioni di applicazione del CDC (DAC), che rafforza l’orientamento interpretativo: quando l’acquirente è vincolato al venditore anche sotto il profilo dell’utilizzo del marchio, il pagamento dei diritti di licenza rientra nel valore imponibile ai fini doganali.
La sentenza ha quindi ribadito un principio fondamentale per le operazioni di importazione: se il marchio è parte integrante del modello commerciale e il pagamento delle royalties è condizione per accedere ai beni, tali somme devono essere considerate nel valore doganale.
L’ordinanza n. 32310/2024 impone un’attenta riflessione per tutte le imprese che importano beni utilizzando marchi concessi in licenza. Quando il pagamento delle royalties è una condizione per ottenere i prodotti, tali importi devono essere inseriti nel valore doganale delle merci. Non si tratta di una facoltà, ma di un obbligo imposto dal diritto unionale.
Il legame contrattuale tra licenziante e licenziatario diventa centrale. Se l’importatore non è libero di approvvigionarsi da fornitori alternativi e il marchio è elemento essenziale dell’accordo, allora il pagamento delle royalties rileva anche ai fini doganali. La mancata considerazione di questa componente può esporre l’operatore a rettifiche, sanzioni e contenziosi con l’Amministrazione.
Pablo Lo Monaco