Supportiamo datori di lavoro nella gestione legale delle assenze e nei controlli INPS.
Calcola il preventivo
La gestione delle assenze per malattia è una delle sfide più delicate per il datore di lavoro. Se da un lato il lavoratore ha diritto alla protezione della salute e a un trattamento economico durante la malattia, dall’altro il datore di lavoro ha il diritto di verificare la legittimità delle assenze, al fine di evitare abusi che potrebbero danneggiare l’efficienza e la produttività aziendale. In questo articolo, esploreremo come gestire correttamente le assenze per malattia, intervenire in caso di assenza ingiustificata e prevenire comportamenti scorretti, tenendo sempre in considerazione le peculiarità di ogni contratto.
Anticipare il problema è la chiave per una gestione efficace delle assenze. Un datore di lavoro dovrebbe guardare alle assenze per malattia non solo come una questione reattiva, ma come un’opportunità per adottare un approccio strategico che aiuti a migliorare la produttività e la cultura aziendale.
Investire nella salute e nel benessere dei dipendenti non è solo una mossa preventiva, ma una vera e propria strategia di crescita aziendale. Programmi di gestione dello stress, il miglioramento dell’ambiente di lavoro e l’offerta di assistenza sanitaria contribuiscono a ridurre l’assenteismo e, al contempo, a migliorare la motivazione e la produttività complessiva. Questi interventi non solo prevengono l’assenteismo, ma generano anche un clima di fiducia e benessere che porta benefici a tutti.
È importante, inoltre, che il datore di lavoro stabilisca in modo esplicito cosa ci si aspetta dai dipendenti in caso di malattia. Il codice disciplinare include modalità di comunicazione delle malattie, le fasce di reperibilità e le attività consentite durante l’assenza, deve essere pubblico e facilmente consultabile. La Cassazione, con la sentenza n. 17113 del 16 agosto 2016, ha ribadito che un regolamento aziendale ben definito e affisso è essenziale per garantire trasparenza nella gestione delle assenze e delle relative sanzioni.
Inoltre, ogni azienda – e ogni lavoratore – è diversa. È importante che il datore di lavoro mantenga una flessibilità nelle politiche aziendali, adattandosi alle peculiarità di ciascun contratto.
Quando la prevenzione non basta e i dubbi legittimi sulla veridicità delle assenze sorgono, il datore di lavoro può intervenire con uno degli strumenti più efficaci: la visita fiscale.
Il datore di lavoro può richiedere una visita fiscale all’INPS, che provvederà a nominare un medico fiscale per verificare lo stato di salute del lavoratore. La richiesta può essere effettuata online tramite il portale INPS, dove il datore deve fornire l’indirizzo di reperibilità del dipendente. È anche possibile specificare il periodo, sempre nelle fasce di reperibilità previste dalla legge (ossia tra le 10 e le 12 e tra le 17 e le 19) in cui si desidera che l’accertamento venga effettuato. Le spese della visita fiscale, che variano dai 28 ai 52 euro, sono a carico dell’azienda.
È importante ricordare che laddove esistano delle esenzioni per il lavoratore di essere reperibili, bisogna rispettarle non potendo infatti richiedere la visita. Inoltre, solo un medico designato dall’INPS può eseguire la visita fiscale, non essendo consentito ricorrere a medici privati per questo tipo di controllo.
Se i sospetti di malattia simulata persistono, il datore di lavoro può ricorrere a ulteriori misure, ingaggiando ad esempio investigatori privati, anche al di fuori degli orari di reperibilità, per verificare se il dipendente stia realmente rispettando la sua condizione di malattia.
Per approfondire il tema degli investigatori privati e del ruolo del datore, si veda l’articolo “Attività investigative sul dipendente: cosa può fare il datore di lavoro (e come farlo bene)”.
La Cassazione, con ordinanza n. 21766/2024, richiamando un orientamento giurisprudenziale consolidato, ha confermato che:
“le disposizioni dell’art. 5 st. lav., che vietano al datore di lavoro di svolgere accertamenti sulle infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente e lo autorizzano a effettuare il controllo delle assenze per infermità solo attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, non precludono al datore medesimo di procedere, al di fuori delle verifiche di tipo sanitario, ad accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato d’incapacità lavorativa rilevante e, quindi, a giustificare l’assenza”.
Se, dunque, il controllo non mira a verificare l’esecuzione della prestazione lavorativa, è da ritenersi legittimo “servirsi delle agenzie investigative per verificare l’esatto adempimento delle obbligazioni in capo al dipendente con riguardo a comportamenti tenuti al di fuori dell’ambito lavorativo disciplinarmente rilevanti” (ex multis Cass. Lav., n. 12810/2017 e Cass. Lav. n. 11697/2020).
Quando un dipendente risulta assente senza giustificazione, il datore di lavoro ha il diritto di intervenire.
Il primo passo è verificare la corretta comunicazione dell’assenza e del certificato medico. Se non sono rispettate le modalità previste, il datore di lavoro deve inviare una contestazione disciplinare, seguendo una particolare procedura. Questa deve essere tempestiva e specifica, dando al lavoratore la possibilità di spiegare la sua assenza entro i cinque giorni successivi.
Se l’assenza persiste senza giustificazioni adeguate, il datore di lavoro può applicare sanzioni disciplinari che variano dal richiamo scritto al licenziamento, in base alla gravità dell’infrazione. Tuttavia, le sanzioni devono sempre essere proporzionate e in linea con quanto stabilito dal contratto collettivo nazionale di settore. Per un approfondimento dedicato, rinviamo al nostro precedente articolo “La disciplina sul luogo di lavoro e le possibili sanzioni“.
L’assenza ingiustificata prolungata è una questione delicata, e le novità introdotte dalla Legge n. 203/2024, noto come Collegato Lavoro, offrono una procedura più snella senza dover ricorrere al tradizionale licenziamento disciplinare. Secondo l’art. 19 della legge, un’assenza ingiustificata oltre i 15 giorni (salvo diversa previsione nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro) può essere considerata come una dimissione “tacita” (approfondisci: Le nuove “dimissioni automatiche” per assenza ingiustificata del dipendente).
Tuttavia, questo strumento deve essere utilizzato con cautela. Ad oggi, essendo questa prassi nuova e poco “battuta” è consigliabile fare riferimento alle modalità più tradizionali di contestazione disciplinare e successivo licenziamento per evitare problematiche legate a possibili violazioni dei diritti del lavoratore. È possibile approfondire il tema nel nostro articolo Le nuove “dimissioni automatiche” per assenza ingiustificata del lavoratore.
Debora Teruggia