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Software aziendale: come interrompere il rapporto con lo sviluppatore senza perdere i diritti

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Celeste Martinez Di Leo
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Interrompere un progetto di sviluppo software può diventare un passaggio critico per l’azienda, soprattutto se non sono stati previsti adeguati strumenti di tutela contrattuale. In gioco non c’è solo la fine di una collaborazione, ma la possibilità di continuare a usare il software già sviluppato e di mantenere i diritti patrimoniali sull’opera. In questo articolo analizziamo chi è il titolare dei diritti sul software, quali clausole contrattuali è indispensabile verificare prima di interrompere il rapporto, cosa accade legalmente quando il contratto viene meno, e infine quali strategie operative adottare per non perdere quanto già realizzato. Una guida pratica pensata per imprenditori, startup e PMI che desiderano evitare errori strategici e tutelare i propri investimenti.

Chi detiene i diritti sul software?

Nel mondo dello sviluppo software, la titolarità dei diritti di sfruttamento economico non è mai una questione secondaria. Comprendere a chi spettano i diritti patrimoniali è essenziale per evitare brutte sorprese, soprattutto quando un progetto viene interrotto bruscamente (approfondisci: Proprietà del software: il riparto dei diritti tra committenti e sviluppatori).

La normativa italiana stabilisce criteri chiari. Se lo sviluppatore è un dipendente, i diritti economici sul software creato nell’ambito delle sue mansioni spettano al datore di lavoro (art. 12-bis legge autore). Se invece è un lavoratore autonomo, ma l’attività commissionata è creativa (e lo sviluppo lo è per definizione) e specificamente retribuita, i diritti passano comunque al committente (art. 4 Jobs Act: “Salvo il caso in cui l’attività inventiva sia prevista come oggetto del contratto di lavoro e a tale scopo compensata, i diritti di utilizzazione economica relativi ad apporti originali e a invenzioni realizzati nell’esecuzione del contratto stesso spettano al lavoratore autonomo, secondo le disposizioni di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633, e al codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.”).

Il principio di fondo è economico e funzionale: chi paga per lo sviluppo e ne definisce gli obiettivi – cioè il committente – ha diritto a utilizzare e sfruttare l’opera, anche se non ne è l’autore materiale.

Tuttavia, i diritti morali d’autore, come la paternità e l’integrità dell’opera, restano sempre in capo allo sviluppatore. Questi diritti sono inalienabili per legge, e vanno rispettati in ogni circostanza (approfondisci: “Il diritto d’autore in Italia: cosa protegge e come funziona”).

Conoscere la distinzione tra diritti patrimoniali e diritti morali è il primo tassello per impostare una strategia efficace. Ma quali sono i rischi quando si decide di interrompere un contratto di sviluppo?

Clausole contrattuali: cosa controllare prima di interrompere lo sviluppo

Prima di interrompere un contratto di sviluppo software, è essenziale valutare con attenzione le implicazioni giuridiche e operative. Non si tratta solo di fermare un progetto: in gioco ci sono i diritti acquisiti, l’accesso al lavoro svolto e, in alcuni casi, la possibilità stessa di utilizzare quanto già pagato. Ecco le principali clausole da verificare.

La prima clausola da esaminare è quella relativa ai diritti d’autore. Anche se la legge (art. 12-bis c.p.i. e art. 4 Jobs Act) attribuisce i diritti patrimoniali al committente in molti casi, non è raro che il contratto preveda soluzioni diverse. È fondamentale accertarsi che non vi siano limitazioni contrattuali, come ad esempio il riconoscimento di una licenza d’uso anziché una cessione piena dei diritti. Questo è particolarmente frequente nei contratti con software house, dove la titolarità del software rimane spesso in capo allo sviluppatore.

Un secondo aspetto da verificare riguarda l’accesso al codice sviluppato fino a quel momento.
Il contratto prevede la possibilità per il committente di ricevere il codice sorgente parziale in caso di interruzione anticipata? In assenza di una clausola chiara in tal senso, lo sviluppatore potrebbe negare l’accesso anche alle porzioni già completate, rendendo vano l’investimento.

Infine, è utile controllare se siano previsti strumenti di garanzia come la consegna periodica o il deposito in escrow del codice (approfondisci: Il rischio di “dipendenza” dal fornitore tecnologico e come tutelarsi con il Software Escrow).

Questi meccanismi offrono al committente un accesso continuo e garantito al software, anche in caso di conflitto o cessazione anticipata. Sono soluzioni strategiche che rafforzano la posizione contrattuale del committente e riducono drasticamente i margini di incertezza.

Verificare in anticipo queste clausole consente non solo di prevenire contenziosi, ma soprattutto di mantenere il controllo su quanto sviluppato, anche quando il rapporto con lo sviluppatore si interrompe. Ma come comportarsi, dal punto di vista legale, quando si litiga?

Cosa succede quando il contratto si interrompe?

Interrompere un contratto di sviluppo software non è mai una scelta neutrale. Dietro a questa decisione si nascondono impatti operativi, giuridici ed economici, spesso sottovalutati. In gioco c’è la possibilità stessa di continuare a utilizzare il software, e in molti casi, la continuità aziendale.

Tutto dipende da come e perché il contratto si interrompe. Se si tratta di un recesso unilaterale esercitato secondo quanto previsto dal contratto o dalla legge, il committente mantiene di norma i diritti acquisiti e può proseguire lo sviluppo con un altro fornitore. Ma ciò è vero solo se il contratto regola in modo chiaro la consegna del codice, i diritti già trasferiti e gli obblighi di pagamento.

Situazione ben diversa si ha quando l’interruzione avviene per inadempimento dell’altra parte. In questo caso, tutto ruota attorno a un elemento determinante: la gravità dell’inadempimento. Solo se considerato “grave” si può parlare di risoluzione, e in tale ipotesi, la legge può anche richiedere la restituzione delle prestazioni ricevute, mettendo a rischio l’utilizzo del software già sviluppato.

Ma non è finita qui. Le regole cambiano anche in base alla qualifica del soggetto incaricato dello sviluppo:

  • Se il fornitore è un lavoratore autonomo o freelance, si applica la disciplina del contratto d’opera (artt. 2222 ss. c.c.), in cui la personalizzazione e l’apporto personale dell’esecutore giocano un ruolo centrale.
  • Se invece si tratta di una società o impresa, si ricade nell’ambito del contratto d’appalto (artt. 1655 ss. c.c.), dove prevale l’organizzazione dei mezzi e l’assunzione del rischio d’impresa.

Questa distinzione incide direttamente sulle modalità di cessazione del rapporto, sulle responsabilità e sugli obblighi di restituzione. Tuttavia, è il contratto sottoscritto tra le parti a fare davvero la differenza: una buona contrattualizzazione può prevenire conflitti e garantire la salvaguardia degli investimenti, anche nei momenti critici.

Ecco perché è strategico strutturare il contratto in modo da proteggere il committente anche in caso di interruzione. Ma quali strumenti contrattuali possono garantire questa sicurezza?

Strategie per non perdere i diritti: come proteggersi già in fase contrattuale

La vera tutela del committente non si gioca al momento dell’interruzione del rapporto, ma si costruisce fin dall’inizio, con un contratto ben progettato. Se si vogliono evitare blocchi operativi, contenziosi o la perdita dei diritti sul software sviluppato, occorre predisporre soluzioni contrattuali efficaci e lungimiranti.

La prima strategia consiste nel prevedere una cessione progressiva dei diritti patrimoniali, collegata agli stati di avanzamento (SAL) del progetto. In pratica, per ogni fase completata e regolarmente retribuita, il committente acquisisce la titolarità del codice prodotto. Questa impostazione:

  • riduce il rischio di perdere tutto in caso di interruzione anticipata;
  • assicura al committente un diritto certo su quanto già realizzato;
  • offre una leva importante per il controllo di qualità e il monitoraggio dello sviluppo.

È altrettanto importante evitare clausole che subordinino genericamente il trasferimento dei diritti al completamento dell’intero progetto. Una simile formulazione espone il committente al rischio di vedere invalidati mesi di lavoro e investimento, soprattutto se lo sviluppatore si rende inadempiente o se il rapporto si interrompe per ragioni indipendenti dalla volontà del cliente.

In alternativa – o in aggiunta – è utile prevedere una licenza d’uso irrevocabile e perpetua a favore del committente per tutte le porzioni di software già realizzate, almeno fino a quel momento. Questa soluzione può costituire una rete di sicurezza, specie nei casi in cui non sia formalizzata una cessione piena.

Infine, è consigliabile inserire nel contratto meccanismi di consegna progressiva del codice sorgente o il suo deposito in escrow. Questi strumenti tecnici e giuridici offrono una tutela concreta: consentono al committente di accedere al codice anche in caso di inadempimento o controversia, garantendo la continuità dello sviluppo.

In conclusione, la protezione dei diritti sul software non è una questione astratta o posticipabile: è parte integrante della strategia contrattuale e aziendale. Chi affida un progetto di sviluppo deve agire con la stessa prudenza con cui proteggerebbe brevetti, marchi o altri asset critici. Solo così potrà evitare di perdere il frutto del proprio investimento, anche nelle situazioni più complesse.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 10 Giugno 2025

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