approfondimento
-
Tempo medio di lettura 6'

Nel franchising, le limitazioni commerciali non costituiscono di per sé un abuso risarcibile all’affiliato

Pubblicato in: Contenziosi e Risarcimenti
di Arlo Canella
Home > Nel franchising, le limitazioni commerciali non costituiscono di per sé un abuso risarcibile all’affiliato

La sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (sent. 462 del 03/02/2023) ha escluso la ricorrenza di un abuso di posizione dominante nell’ambito di un contratto di franchising.

Il caso di affiliazione commerciale esaminato dal Tribunale

La sentenza n. 462 del 3 febbraio 2023 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere riguarda un contratto di affiliazione commerciale (franchising) tra un centro distributivo di prodotti e una società che gestiva un supermercato in Campania. 

Il supermercato (affiliato/franchisee) aveva proposto opposizione a un decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, chiedendo la revoca del decreto e il risarcimento del danno patito. Il franchisor ha contestato le ragioni addotte dalla società ingiunta. 

Nella sentenza, il Giudice ha esaminato la questione della sussistenza di una posizione dominante dell’affiliante (franchisor) sul supermercato affiliato e della responsabilità riconducibile al preteso controllo ed etero-direzione del supermercato.

Cos’è l’abuso di dipendenza economica?

L’abuso di dipendenza economica si verifica quando è presente una situazione di squilibrio eccessivo tra le parti e una delle imprese, detentrice di una posizione dominante, agisce arbitrariamente per vessare l’altra impresa con il fine di accaparrarsi il margine di profitto altrui.

Secondo la giurisprudenza, per l’applicazione di tale norma è necessario effettuare due indagini:

  • La prima indagine riguarda la sussistenza della situazione di “dipendenza economica”, che si verifica quando lo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti è “eccessivo” e il contraente che lo subisce è privo di reali alternative economiche sul mercato. Ad esempio, può essere privato di tali alternative perché non può differenziare agevolmente la propria attività o perché ha effettuato investimenti di particolare rilievo in vista di quel rapporto.
  • La seconda indagine riguarda l'”abuso”, ovvero la condotta arbitraria contraria a buona fede, che mira a vessare l’altra impresa per appropriarsi del margine di profitto altrui, senza alcun interesse legittimo. A titolo di esempio, la condotta può consistere nella modifica delle proprie strategie di espansione, nell’adattamento del tipo o della quantità di prodotto fornito o nello spuntare migliori condizioni.

La Legge 18/06/1998, n. 192 regola la disciplina della subfornitura nelle attività produttive. Ai sensi dell’art. 9 della Legge 18/06/1998, n. 192: “è vietato l’abuso da parte di una o più imprese dello stato di dipendenza economica nel quale si trova, nei suoi o nei loro riguardi, un’impresa cliente o fornitrice. Si considera dipendenza economica la situazione in cui un’impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un’altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi. La dipendenza economica è valutata tenendo conto anche della reale possibilità per la parte che abbia subito l’abuso di reperire sul mercato alternative soddisfacenti“. 

Inoltre, ai sensi dell’art. 2497 Codice Civile: “Le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei princìpi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società.“.

Il ragionamento seguito dal Giudice

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con la sentenza n. 462 del 3 febbraio 2023, ha stabilito che non sussiste un abuso di posizione dominante dell’affiliante sull’affiliato in un contratto di affiliazione commerciale (franchising), poiché le formule commerciali e le obbligazioni reciproche erano state specificate chiaramente nel testo contrattuale e non si era verificata la perdita di autonomia e indipendenza dell’affiliato.

Il Giudice ha ritenuto che la situazione di dipendenza economica, necessaria per l’applicazione dell’art. 9 della Legge n. 192 del 1998 sulle pratiche commerciali scorrette, non fosse presente, poiché l’affiliato non era privo di reali alternative economiche sul mercato. Inoltre, il Tribunale ha escluso la responsabilità dell’affiliante per il presunto controllo ed etero-direzione del supermercato.

La sentenza ha preso in considerazione le precedenti pronunce giurisprudenziali sulla materia, tra cui quella della Cassazione (Sez. I civile, 21/01/2020, n.1184) e del Tribunale di Torino (sentenza n. 2414/2017), e ha evidenziato come le limitazioni commerciali previste in un contratto di franchising non integrino di per sé un abuso di posizione dominante, ma che quest’ultimo debba essere dimostrato.

La dipendenza economica deve essere provata

In sintesi, il Giudice ha respinto l’opposizione presentata dall’ingiunta e ha confermato il decreto ingiuntivo emesso in precedenza a favore dell’affiliante precisando che: “nonostante le allegazioni, l’affiliato non ha provato di aver perso in conseguenza del contratto di affiliazione l’autonomia e l’indipendenza né tantomeno di non poter scegliere di operare con terzi per sottrarsi alle condizioni contrattuali ritenute inique, sicché nel caso in esame è da escludersi la ricorrenza di una posizione dominante. 

Tale circostanza esclude inoltre anche le presunte responsabilità, ex artt. 2359, 2497 e 2497 septies c.c., dell’affiliante per il presunto controllo e la etero-direzione della affiliato atteso che l’autonomia nella gestione delle società conduce ad escludere una presunta attività di direzione e coordinamento da parte della stessa sulle società affiliate né che dai vincoli contrattuali intercorrenti tra le società dipendano l’attività e la potenzialità imprenditoriale delle stesse.” (sentenza n. 462 del 3 febbraio 2023, Tribunale di Santa Maria Capua Vetere).

Il possibile impatto della sentenza sul mondo del franchising

Nel caso in esame, il testo contrattuale specificava chiaramente le formule commerciali e le obbligazioni reciproche che erano state il frutto di libere scelte imprenditoriali. Tale decisione assume un’importanza notevole in quanto ribadisce la necessità di dimostrare la sussistenza di un abuso di posizione dominante in ogni singolo caso e che le limitazioni commerciali previste da un contratto di franchising non integrano di per sé tale abuso.

La sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere potrebbe avere quindi un impatto significativo sul mondo del franchising e sulle relazioni tra affiliante e affiliato. In particolare, la decisione del Giudice potrebbe avere un impatto sulle strategie di espansione delle aziende e sulle relazioni commerciali tra le stesse, in quanto chiarisce almeno in parte i limiti e le modalità dell’abuso di posizione dominante nell’ambito del franchising.

Lo studio legale Canella Camaiora è attivo nel diritto commerciale e della concorrenza, con particolare attenzione al franchising e alle relazioni tra affilianti e affiliati. Lo studio offre servizi di consulenza legale in materia di contratti di affiliazione, tutela dei diritti ad essi relativi e in materia di valutazione della conformità delle clausole contrattuali alla normativa vigente.

Riproduzione riservata ©
Data di pubblicazione: 19 Aprile 2023
Ultimo aggiornamento: 21 Novembre 2023
Avv. Arlo Cannela

Avvocato Arlo Canella

Managing Partner dello studio legale Canella Camaiora, iscritto all’Ordine degli Avvocati di Milano, appassionato di Branding, Comunicazione e Design.
Leggi la bio
error: Content is protected !!