Quantifichiamo il valore economico delle competenze riservate d’impresa
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Il know-how rappresenta l’essenza del “saper fare” aziendale, un patrimonio di conoscenze pratiche che si colloca tra organizzazione e tecnologia. Questo asset immateriale, giuridicamente tutelato anche come segreto industriale, costituisce spesso un elemento fondamentale del vantaggio competitivo di un’impresa. La sua valutazione economica, tuttavia, presenta sfide peculiari derivanti dalla natura intangibile e dalla difficoltà di perimetrarne con precisione i confini.
Secondo il Regolamento CE n. 2790/1999, il know-how costituisce “un patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate, derivanti da esperienze e prove, patrimonio che è segreto, sostanziale ed individuato”. Tre caratteristiche essenziali lo contraddistinguono: la segretezza (non facilmente accessibile), la sostanzialità (indispensabile per l’uso dei beni o servizi) e l’individuabilità (descritto in modo sufficientemente esauriente).
Il know-how abbraccia sia competenze tecnico-industriali sia commerciali, includendo formule, procedure codificate, accorgimenti tecnici, layout produttivi, strategie di marketing e molto altro. A differenza dei brevetti, che hanno una durata limitata e richiedono divulgazione, il know-how può mantenere un valore potenzialmente infinito finché rimane segreto e non cade in pubblico dominio.
Il valore economico del know-how è intrinsecamente legato alla sua trasferibilità e condivisione. L’industrializzazione di un metodo scientifico galileiano, basato sulla replicabilità sperimentale, consente di trasformare competenze empiriche in processi replicabili e scalabili. Questa capacità di trasferire conoscenze è ciò che rende il know-how negoziabile e valorizzabile sul mercato.
La condivisione del know-how avviene frequentemente attraverso contratti di licensing, joint ventures, o nell’ambito di operazioni straordinarie come cessioni, conferimenti o fusioni aziendali. La protezione di queste conoscenze preziose diventa quindi cruciale, in un contesto dove la vulnerabilità tecnologica è aumentata dalla facilità di copiare e trasferire informazioni digitali.
La valutazione economica del know-how si basa su metodologie complementari che possono essere raggruppate in tre approcci principali:
1. Il Metodo delle Royalties Presunte
Questo approccio stima quanto l’impresa pagherebbe come licenziataria se il know-how non fosse di sua proprietà. Il valore è calcolato come somma attualizzata delle royalties presunte in un orizzonte temporale generalmente compreso tra 5 e 7 anni. Questo metodo è particolarmente efficace quando esistono transazioni di mercato comparabili da cui desumere tassi di royalty appropriati.
2. Il Metodo del Reddito Incrementale
Il valore del know-how è stimato attraverso i benefici economici differenziali che genera. Si quantificano i sovraprofitti o i flussi di cassa incrementali attribuibili alle competenze distintive, considerando sia l’aumento dei ricavi (attraverso premium price o maggiori volumi) sia la riduzione dei costi operativi. Questo metodo è particolarmente significativo perché collega direttamente il valore ai benefici economici tangibili.
3. La Stima del Costo Sostenuto o di Riproduzione
In assenza di dati affidabili sui redditi futuri, si ricorre alla stima dei costi storici sostenuti per sviluppare il know-how o, più significativamente, dei costi che sarebbero necessari per riprodurlo ex novo. Questo approccio presenta limiti evidenti, non considerando adeguatamente i benefici futuri dell’investimento, ma può fornire una soglia minima di valore.
Altri metodi complementari includono l’approccio patrimoniale complesso, che incorpora il know-how tra le attività immateriali non contabilizzate, e il metodo misto patrimoniale-reddituale, che stima l’avviamento attribuibile al know-how attraverso la capitalizzazione dell’extra-reddito generato.
La valutazione del know-how presenta peculiarità che la distinguono da quella di altri asset immateriali:
Il know-how rappresenta un elemento fondamentale del “complesso organizzato di beni” che costituisce l’azienda (come definita dall’art 2555 del Codice civile), ed è, nella pratica, un collante sinergico che connette e valorizza gli altri asset. La sua valutazione economica, sebbene complessa, è dunque essenziale sia nelle operazioni straordinarie che nella gestione strategica quotidiana.
Nelle operazioni straordinarie (fusioni, acquisizioni, conferimenti o cessioni d’azienda), una preventiva e accurata valutazione del know-how consente di definire anticipatamente i valori degli asset immateriali oggetto dell’operazione. Questo si traduce in una migliore posizione negoziale, nella riduzione di asimmetrie informative e nell’eliminazione di potenziali contenziosi sul prezzo, permettendo di monetizzare adeguatamente un valore che altrimenti rimarrebbe sommerso o, peggio, sarebbe acquisito senza adeguato corrispettivo dalla controparte.
Nella gestione ordinaria, la quantificazione del know-how permette una più razionale ed efficace contabilizzazione dei costi capitalizzabili che si tradurrebbe, non solo nell’ottimizzazione del profilo fiscale dell’azienda attraverso un’appropriata ammortizzazione dei costi, ma fornirebbe anche una rappresentazione più fedele del patrimonio aziendale nel bilancio.
Giuseppe Ben Messaoud