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La Cassazione sul licenziamento per “Sexting”

Pubblicato in: Diritto del Lavoro
di Antonella Marmo
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La recente sentenza della Cassazione (31790/2023) ha sollevato importanti questioni riguardanti il “sexting” sul luogo di lavoro, offrendo una riflessione critica sui diritti e doveri dei dipendenti e dei datori di lavoro in materia di molestie sessuali.

La vicenda: il Sexting rivolto alle colleghe

Il caso trae origine dalle segnalazioni di due colleghe per ripetuti approcci inappropriati da parte di un collega attraverso messaggi dal contenuto sessualmente esplicito, pratica conosciuta come “sexting”. Il datore di lavoro interviene con una diffida formale, ma il dipendente ignora tale avvertimento, persistendo nei comportamenti molesti durante l’orario di lavoro. Il datore di lavoro, rimasta disattesa e inadempiuta la diffida a porre fine al comportamento molesto, licenzia il lavoratore.

Il provvedimento di espulsione viene impugnato senza successo, perché il Tribunale adito respinge il ricorso del lavoratore. Avverso la decisione del primo giudice, il dipendente ricorre alla Corte di Appello che, ritenendo le deposizioni testimoniali raccolte rappresentative del disagio, del fastidio e della paura delle due dipendenti “in ragione delle reiterate e sgradite condotte dell’appellante”, ritiene il provvedimento disciplinare espulsivo legittimo, in quanto proporzionato ai fatti contestati.

Le vittime, turbate e minate nella loro sicurezza, vedono il loro grido d’allarme giungere alla Cassazione. Infatti avverso la sentenza emessa dal Giudice di secondo grado, viene proposto ricorso in Cassazione, per vizi di forma e di procedura, contestando, in particolare, la violazione delle regole poste a presidio del diritto a non essere licenziati arbitrariamente.

Molestie, recidiva e licenziamento disciplinare

L’analisi si sposta sul concetto di sexting, evidenziando come la Cassazione abbia valutato attentamente questa pratica e altre condotte sessualmente moleste. 

L’art. 26 del D.L.vo n. 198/2006, il Codice delle pari opportunità, è al centro di questa riflessione, offrendo una panoramica delle diverse forme di molestie e molestie sessuali. Le molestie vengono definite come comportamenti indesiderati volti a violare la dignità dei lavoratori, creando un ambiente ostile.

La Cassazione (31790/2023), pertanto, ha respinto il ricorso del dipendente, confermando la legittimità del licenziamento per giusta causa. Le motivazioni della Corte si concentrano sulla persistenza del dipendente nel commettere atti lesivi nonostante la diffida ricevuta.

La gravità delle condotte, la violazione del rapporto fiduciario e la recidiva hanno irrimediabilmente compromesso il decoro e la correttezza nel contesto lavorativo, giustificando il licenziamento disciplinare.

L’orientamento della Suprema Corte (Cass. Civ. 31790/2023)

Questa sentenza della Cassazione (31790/2023) emerge come un monito urgente e incisivo contro le molestie sul luogo di lavoro. Riaffermando con forza il principio di “tolleranza zero”, la Corte ha messo in risalto la necessità di preservare la dignità e la sicurezza dei lavoratori. L’imperativo morale e legale di creare ambienti lavorativi rispettosi e sicuri diventa evidente, e la giurisprudenza della Cassazione sottolinea che le molestie non saranno tollerate.

L’efficacia di questa decisione giudiziaria risiede nell‘invito diretto alle aziende a implementare politiche rigorose di prevenzione e gestione delle molestie. La Cassazione, con la sua sentenza, trasmette un messaggio chiaro: la difesa della dignità dei dipendenti è una priorità inalienabile.

In questo contesto, la sentenza rappresenta un passo significativo verso la costruzione di un ambiente lavorativo più equo e rispettoso. Le aziende sono chiamate a adottare misure concrete per garantire che i dipendenti possano svolgere le proprie mansioni senza timore di molestie o intimidazioni. In definitiva, la Cassazione pone le basi per un cambiamento culturale, invitando tutte le parti coinvolte a contribuire a un mondo del lavoro più giusto e privo di discriminazioni.

Riproduzione riservata ©
Data di pubblicazione: 10 Febbraio 2024

Antonella Marmo

Avvocato dello studio legale Canella Camaiora, iscritta all’Ordine di Milano, si occupa di Diritto Commerciale e del Lavoro.
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