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Infezioni nosocomiali: chiariti i criteri per valutare la responsabilità della struttura sanitaria (Cass. Civ. 6386 del 3 marzo 2023)

Pubblicato in: Contenziosi e Risarcimenti
di Arlo Canella
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La Cassazione, con la sentenza n. 6386 del 3 marzo 2023, ha chiarito i criteri per determinare la responsabilità delle strutture sanitarie in caso di infezioni nosocomiali.

Cos'è un'infezione nosocomiale e perché la sentenza della cassazione è così importante?

Un’infezione nosocomiale è un’infezione contratta da un paziente durante il suo soggiorno in un ospedale o in un’altra struttura sanitaria. La sentenza della Cassazione n. 6386 del 3 marzo 2023 riveste particolare interesse perché chiarisce i criteri per determinare la responsabilità delle strutture sanitarie in caso di tali infezioni, stabilendo che la prova del nesso causale tra il comportamento dei sanitari e l’evento dannoso deve essere fornita in termini probabilistici, e non con assoluta certezza.

Questo approccio permette una valutazione equilibrata della responsabilità delle strutture sanitarie e tutela i familiari delle vittime, evitando di attribuire automaticamente un risarcimento danni a ogni caso di infezione mortale senza considerare le specifiche circostanze e la presenza di un nesso causale effettivo.

La sentenza della Cassazione contribuisce a delineare con maggiore chiarezza i criteri per attribuire la responsabilità delle strutture sanitarie in caso di infezioni nosocomiali, facilitando l’analisi e la valutazione dei singoli casi da parte dei professionisti, come avvocati e medici legali, e garantendo una maggiore tutela sia per i pazienti che per le strutture sanitarie coinvolte

Cosa significa che la responsabilità della struttura sanitaria deve essere fornita in termini probabilistici?

La sentenza n. 6386 del 3 marzo 2023 della Cassazione stabilisce che, in caso di infezione nosocomiale, la prova del nesso causale tra il comportamento dei sanitari e l’evento dannoso deve essere fornita in termini probabilistici. Questo significa che chi agisce per il risarcimento dei danni deve dimostrare che il comportamento colposo dei sanitari ha causato l’evento lesivo con un grado di probabilità più elevato rispetto ad altre cause possibili, e non con assoluta certezza. Tale criterio si basa sulla probabilità logica e tiene conto degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto.

Per determinare la responsabilità della struttura sanitaria, la Corte ha individuato tre criteri: temporale, topografico e clinico:

  1. Il criterio temporale riguarda il numero di giorni trascorsi dopo le dimissioni dall’ospedale; 
  2. il criterio topografico si riferisce all’insorgenza dell’infezione nel sito chirurgico interessato dall’intervento; 
  3. infine, il criterio clinico si applica quando, data la specificità dell’infezione, è possibile verificare quali misure di prevenzione era necessario adottare.

In sintesi, la sentenza stabilisce che per attribuire la responsabilità della struttura sanitaria in caso di infezione nosocomiale, è necessario dimostrare il nesso causale tra il comportamento colposo dei sanitari e l’evento dannoso con un grado di probabilità logica, basato sui criteri temporale, topografico e clinico. Tale approccio permette di valutare la responsabilità in maniera equilibrata e ponderata, evitando ingiuste equiparazioni tra contrazione di un’infezione nosocomiale con esiti mortali e attribuzione di un risarcimento danni.

Quali sono le prove da raccogliere per dimostrare la responsabilità della struttura sanitaria?

Per dimostrare che una struttura sanitaria non abbia adottato misure di prevenzione sufficienti in un caso di infezione nosocomiale, bisogna raccogliere informazioni e documenti che riguardano i criteri temporale, topografico e clinico stabiliti dalla Cassazione.

Per dimostrare quando l’infezione è insorta e quale sia stato il suo decorso temporale, è importante documentare:

  • il numero di giorni trascorsi dopo le dimissioni dall’ospedale;
  • le cartelle cliniche, 
  • le prescrizioni mediche 
  • i rapporti medici 

Per quanto riguarda il criterio topografico, bisogna dimostrare l’insorgenza dell’infezione nel sito chirurgico interessato dall’intervento.

In questo caso, ad esempio, è fondamentale raccogliere:

  • le immagini diagnostiche, 
  • i referti operatori e le relazioni mediche che attestino le condizioni del paziente e la localizzazione dell’infezione. 

Infine, per il criterio clinico, è necessario verificare quali misure di prevenzione era necessario adottare in base alla specificità dell’infezione. È importante raccogliere 

  • linee guida, protocolli e procedure adottate dalla struttura sanitaria, 
  • confrontandole con le raccomandazioni delle autorità sanitarie e le buone pratiche in materia di prevenzione delle infezioni nosocomiali.

Questo tipo di raccolta documentale e informativa, di prassi è affidata a uno studio legale qualificato con il supporto di un medico legale.

Anche i congiunti del danneggiato possono agire per “malasanità”. In che senso?

Un avvocato esperto in diritto sanitario (c.d. malasanità) può sicuramente fornire un supporto fondamentale nella presentazione di una domanda giudiziale adeguatamente motivata e supportata da prove. Grazie alla competenza e conoscenza delle normative e della giurisprudenza, l’avvocato sarà in grado di valutare il caso specifico e individuare gli elementi di responsabilità extracontrattuale della struttura sanitaria, aiutando i prossimi congiunti del paziente-creditore a far valere i pregiudizi subiti.

L’azione di responsabilità extracontrattuale proposta iure proprio consente ai congiunti-attori di agire in giudizio per ottenere il ristoro dei pregiudizi subiti, a condizione che riescano a fornire la prova di tutti gli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale della struttura, ovvero il fatto colposo, il pregiudizio che da questo fatto è conseguito al paziente-defunto e il nesso causale tra il fatto colposo e il danno.

Un avvocato esperto potrà quindi analizzare il caso alla luce dei criteri temporale, topografico e clinico stabiliti dalla Cassazione nella sentenza n. 6386 del 3 marzo 2023 e guidare i congiunti-attori nella raccolta delle prove necessarie per dimostrare il mancato adempimento delle misure di prevenzione da parte della struttura sanitaria e il nesso causale tra tale omissione e l’evento dannoso.

Riproduzione riservata ©
Data di pubblicazione: 20 Marzo 2023
Ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2023
Avv. Arlo Cannela

Avvocato Arlo Canella

Managing Partner dello studio legale Canella Camaiora, iscritto all’Ordine degli Avvocati di Milano, appassionato di Branding, Comunicazione e Design.
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