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Il datore di lavoro può imporre le ferie al lavoratore?

Pubblicato in: Diritto del Lavoro
di Antonella Marmo
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La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 24977 del 2022 ha affrontato il caso delle “ferie imposte” dal datore di lavoro e le condizioni per la validità di tale decisione datoriale. 

In questo articolo:

Il caso: le “ferie imposte” dal datore di lavoro

Il caso in esame riguarda un datore di lavoro che, nell’arco temporale tra il 2012 e 2013, aveva deciso di imporre ad alcuni lavoratori giorni di ferie mai richiesti.

Oltretutto, i lavoratori, disaminando i rispettivi cedolini paga, avevano scoperto solo ex post di aver “usufruito” delle ferie.

Ciò che era accaduto è che il datore di lavoro, invece di indicare propriamente la cassa integrazione straordinaria, aveva fatto passare le ore rilevanti come “riposi” dei lavoratori e, quindi, come ferie.

La richiesta dei lavoratori di condanna del datore di lavoro a ripristinare in favore di ciascuno il monte ore illegittimamente decurtato era stata accolta in primo grado dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello.

Prima di analizzare le motivazioni della Suprema Corte, vediamo cosa prevede la Legge riguardo alle ferie del lavoratore.

A chi spetta il diritto di decidere sulle ferie?

Il diritto alle ferie è sacrosanto e viene sancito dall’articolo 36 della Costituzione: «il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi».

Il dipendente ha perciò diritto a riposi retribuiti, per recuperare le energie psicofisiche e le relazioni sociali. Solitamente, il periodo delle ferie viene sempre concordato tra il datore di lavoro e i dipendenti, tenendo così in considerazione anche le esigenze aziendali.

Infatti, l’ultima parola sulle ferie, è sempre del datore di lavoro. Secondo l’articolo 2109 del Codice Civile  le ferie devono essere godute “nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro”. 

Basti pensare, a titolo di esempio, al periodo emergenziale legato al Coronavirus, in cui il legislatore è intervenuto addirittura caldeggiando le ferie e/o lo smart-working.

Alla luce di queste considerazioni, la sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito quali siano le modalità da rispettare per la collocazione forzosa delle ferie.

Quando la collocazione in ferie è vessatoria?

In via generale, il datore non ha solo il potere di definire le ferie dei dipendenti ma anche di modificarle. Tale potere, come abbiamo visto è sancito dall’art. 2109 c.c. ed “implica anche quello di modificarlo in base soltanto a una riconsiderazione delle esigenze aziendali”.

Tuttavia, le modifiche devono essere comunicate con preavviso al dipendente di modo che quest’ultimo possa far presente al datore di lavoro che le ferie sono in contrasto con i suoi interessi. Infatti, il lavoratore deve poter organizzare al meglio il suo riposo in modo da consentire l’effettivo ripristino delle sue energie psicofisiche.

Il potere del datore di lavoro sulle ferie che è espressione del suo generale potere direttivo, pur rispondendo alle esigenze dell’azienda, non può mai produrre risultati vessatori.

La decisione della Suprema Corte (ord. n. 24977 del 2022)

Secondo la Corte di Cassazione, la ratio normativa “risponde ad un equilibrato soddisfacimento delle posizioni soggettive contrapposte: quella del datore di lavoro di organizzare le ferie privilegiando le sue necessità. Quella dei lavoratori di essere in grado di conseguire il beneficio cui le ferie sono preordinate (il recupero energie psicofisiche)”.

Nel caso analizzato, il datore di lavoro non aveva fornito alcun preavviso ai lavoratori della necessità di fruire delle ferie maturate e non godute prima dell’attivazione nei loro confronti della cassa integrazione guadagni straordinaria.

Pertanto, il collocamento forzoso in ferie dei lavoratori, di cui gli stessi erano stati resi edotti solo successivamente al godimento e solo grazie all’analisi delle buste paga, “costituisce modalità di comunicazione che si pone in contrasto con l’oggettivo conseguimento della finalità cui le ferie sono intrinsecamente preordinate”.

L’importanza della comunicazione preventiva

La collocazione in ferie dei lavoratori, predisposta unilateralmente dal datore di lavoro (peraltro appresa solo successivamente dai lavoratori medesimi e in via del tutto casuale), è invalida. Essa risulta priva di validità se non è preceduta da una comunicazione diretta a ciascun lavoratore interessato.

È essenziale in ogni caso che il lavoratore si faccia sentire, in quanto il comportamento omissivo del lavoratore (che trascura di contestare il suo collocamento in ferie) potrebbe essere considerato dal datore di lavoro come tacito assenso.

Ovviamente, ciò porta alla riconsiderazione del periodo emergenziale ove alcuni datori di lavoro potrebbero aver collocato in ferie i lavoratori, trascurando le comunicazioni del caso.

Riproduzione riservata ©
Data di pubblicazione: 2 Febbraio 2023
Ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2023

Antonella Marmo

Avvocato dello studio legale Canella Camaiora, iscritta all’Ordine di Milano, si occupa di Diritto Commerciale e del Lavoro.
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