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Gravidanza e divieto di licenziamento: cosa dice la legge.

Pubblicato in: Diritto del Lavoro
di Antonella Marmo
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Nel contesto del diritto del lavoro, il decreto legislativo n. 151/2001 rappresenta un pilastro nella protezione delle lavoratrici madri, delineando un quadro normativo che vieta il licenziamento nel cosiddetto “periodo protetto”. Questo articolo esplora le disposizioni chiave, le eccezioni e le conseguenze legali associate alla maternità.

Il divieto di licenziamento nel “periodo protetto”

Il decreto legislativo n. 151/2001, conosciuto come il “Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità“, stabilisce chiaramente che è vietato licenziare le lavoratrici madri dal momento iniziale della gravidanza fino al compimento del primo anno di età del bambino. Questo periodo è considerato sacrosanto, e qualsiasi tentativo di licenziamento durante questo lasso di tempo è automaticamente illegittimo.

La tutela si estende anche ad altre situazioni, come:

  • l’adozione di un minore (entro un anno dall’ingresso nel nucleo familiare), 
  • l’aborto dopo il 180° giorno dalla gravidanza, e 
  • la richiesta di congedo parentale per la malattia del bambino.

Un aspetto interessante della normativa è che il divieto di licenziamento si applica anche se il datore di lavoro non era a conoscenza dello stato di gravidanza della lavoratrice.

In questo caso, la lavoratrice può presentare una certificazione che attesti la gravidanza all’epoca del licenziamento, rendendo così illegittima la decisione del datore di lavoro.

Quali conseguenze in caso di licenziamento illegittimo?

Se una lavoratrice madre viene licenziata nel periodo protetto, la legge prevede conseguenze molto severe per l’azienda. Il licenziamento è automaticamente nullo, e la lavoratrice ha il diritto di essere reintegrata nel proprio posto di lavoro, rappresentando un principio fondamentale a tutela della maternità nel mondo del lavoro. 

Inoltre, l’azienda è tenuta a pagare tutte le retribuzioni e contributi dal momento del licenziamento fino al rientro della dipendente in azienda, assicurando così una protezione economica alla lavoratrice durante il periodo di assenza forzata.

Qualora la lavoratrice decida di non tornare in azienda, per motivazioni personali o professionali, può richiedere un’indennità sostitutiva della reintegra, insieme a tutti gli stipendi maturati nel frattempo. Questa opzione offre un’alternativa alla reintegrazione fisica nel posto di lavoro, garantendo comunque un sostegno economico significativo alla lavoratrice in una fase critica della sua vita personale e professionale.

Le eccezioni al divieto di licenziamento per le lavoratrici madri

Nonostante il divieto di licenziamento, ci sono alcune eccezioni previste dalla legge. Le lavoratrici in gravidanza o da poco madri possono essere licenziate in caso di colpa grave, come il comportamento scorretto o, ad esempio, il furto di beni aziendali

Altre situazioni che consentono il licenziamento includono la chiusura effettiva dell’azienda e la scadenza del termine nei contratti a tempo determinato.

In sintesi, la normativa italiana mira a proteggere le lavoratrici madri durante un periodo cruciale della loro vita, fornendo loro una sicurezza occupazionale fondamentale. Tuttavia, è importante che sia l’azienda che le lavoratrici stesse siano consapevoli di questi diritti e doveri per garantire un rispetto reciproco delle leggi vigenti.

Riproduzione riservata ©
Data di pubblicazione: 10 Febbraio 2024

Antonella Marmo

Avvocato dello studio legale Canella Camaiora, iscritta all’Ordine di Milano, si occupa di Diritto Commerciale e del Lavoro.
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