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Come le mele, anche i marchi (de)cadono!

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Matteo Saleri
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Non importa se la pensi diversamente da Newton: come le mele, anche i marchi cadono… o meglio decadono! Nell’estate 2022, il Tribunale dell’Unione europea ha dichiarato la decadenza per non uso del celebre marchio registrato “Think different” poiché Apple® ne aveva interrotto lo sfruttamento commercialmente per più di 5 anni.

Nel presente articolo:

La lotta tra Swatch e Apple per "iWatch", "One More Thing" e "Think different"

Tra l’americana Apple Inc. e la svizzera Swatch AG, nota compagnia di orologi da polso, non corre di certo buon sangue. Infatti, non è la prima volta che queste due società si affrontano in giudizio per “ragioni di marchi”.

Già in passato, Apple non era riuscita a ottenere il diritto di esclusiva sul marchio “iWatch perché giudicato troppo simile a “Swatch“. Swatch aveva infatti vinto, di fronte all’Ufficio marchi inglese (UKIPO), l’opposizione contro la domanda di registrazione di “iWatch” . A seguito della sconfitta, Apple si era quindi rassegnata ad utilizzare per il suo celebre orologio tecnologico il nome “Apple Watch”.

Successivamente, Apple ha dovuto anche rinunciare al marchio “One More Thing: questo era lo slogan con cui Steve Job era solito concludere i suoi lanci di prodotto. Ebbene, Swatch aveva registrato uno slogan identico e Apple aveva prontamente contestato la registrazione ma aveva finito per soccombere dinanzi alla Corte Suprema inglese, non riuscendo a dimostrare la malafede di Swatch nella registrazione del segno.

Si può dire che il terzo round tra Swatch e Apple, sia quello approfondito nel presente articolo.

In questa occasione la controversia aveva ad oggetto lo slogan “Think different” e la sua decadenza per non uso. I giudici del Tribunale dell’Unione europea hanno ritenuto non sufficienti le prove prodotte dai legali della Apple a dimostrazione dell’uso effettivo del marchio contestato, concludendo pertanto il giudizio ancora una volta in favore di Swatch… 3 a zero!

La decadenza del marchio "Think different"

Questa terza vicenda giudiziale inizia con la presentazione da parte di Swatch di tre domande di decadenza contro altrettanti marchi “Think different” registrati da Apple, presso l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO), nel lontano 1999.

L’interesse di Swatch alla cancellazione dei marchi dal Registro EUIPO nasceva dall’intenzione di utilizzare il marchio “Tick different” in una nuova campagna marketing per sponsorizzare i propri prodotti di orologeria. Di conseguenza, era stato ritenuto opportuno liberarsi di anteriorità scomode al fine di evitare contestazioni riguardanti l’utilizzo di questo nuovo segno e, possibili conseguenti, cause per contraffazione.

La Divisione di annullamento dell’EUIPO incaricata di decidere le tre domande aveva accertato la decadenza per non uso dei marchi contestati. Tra le motivazioni veniva riportato che Apple non era stata in grado di provare l’effettivo uso dei marchi nel periodo quinquennale interessato (ovvero tra il 14 ottobre 2011 e il 13 ottobre 2016).

Le decisioni della Divisione di annullamento vennero confermate anche nelle due successive fasi di impugnazione: prima della Commissione di ricorso dell’EUIPO e, successivamente, dal Tribunale dell’Unione europea. Proprio quest’ultimo Tribunale ha confermato che le prove prodotte in giudizio da Apple erano insufficienti per dimostrare l’uso effettivo dei marchi contestati, determinando quindi la decadenza per non uso delle relative registrazioni.

La decadenza per non uso (norma e ratio)

La norma su cui si sono fondate le tre azioni introdotte da Swatch è quella disciplinante la decadenza per non uso del marchio registrato.

Essa prevede che un marchio decade quando rimane inutilizzato, per un periodo di 5 anni, a seguito della registrazione. L’istituto della decadenza per non uso è regolato in modo identico sia dalla normativa europea sia dal codice di proprietà industriale italiano (art. 24 CPI). Per i marchi dell’Unione Europea, l’articolo di riferimento è l’art. 58, paragrafo 1, lettera a), del Reg. UE 1001/2017, il quale prevede che:

Il titolare del marchio UE è dichiarato decaduto dai suoi diritti su domanda presentata all’Ufficio o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione:

  1. se il marchio, per un periodo ininterrotto di cinque anni, non ha formato oggetto di un uso effettivo nell’Unione per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, e non vi sono ragioni legittime per la mancata utilizzazione […]”.

La ratio di questa norma è di carattere tanto economico quanto pratico. La sua finalità è infatti lo sgombero dai registri ufficiali di tutti i marchi che non sono stati destinati ad un impiego effettivo sul mercato. Ciò è necessario per favorire gli operatori del settore nella ricerca di marchi “liberi” da poter utilizzare e registrare.

Sebbene i segni e nomi utilizzabili come marchi siano tendenzialmente infiniti, i principi della comunicazione commerciale ne riducono drasticamente il numero e, quindi, la scelta. Di conseguenza, la ricerca di marchi efficaci risulterebbe gravemente intralciata e appesantita qualora non fosse previsto l’istituto della decadenza per non uso.

È importante, inoltre, sottolineare che, nelle azioni di decadenza, spetta al titolare del marchio contestato dimostrare che il segno sia stato effettivamente utilizzato in modo genuino, per i prodotti e servizi rivendicati, nel territorio d’interesse (cfr. art. 64, paragrafo 2 del Reg. UE 1001/2017). Si dice infatti che l’onere della prova circa l’uso effettivo sia invertito poiché è posto in capo al titolare del marchio (convenuto) e non in capo a chi propone la domanda di decadenza per non uso (attore).

Cosa dice di preciso il Tribunale UE sulla prova dell'uso effettivo di un marchio?

La decisione del Tribunale europeo dello scorso 8 luglio 2022 (casi T-26/21 a T-28/21) risulta di particolare interesse perché permette di approfondire l’interpretazione giurisprudenziale della norma sulla decadenza per non uso. Nelle motivazioni della sentenza vengono analizzati in particolare due concetti giuridici:

  • la nozione di uso effettivo (c.d. “genuine use”) e;
  • i parametri valutativi delle prove d’uso fornite per evitare la decadenza.

I giudici lussemburghesi preliminarmente ricordano che si può parlare di uso effettivo solo quando venga garantita l’identità dell’origine commerciale dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio è registrato, assolvendo così alla sua funzione essenziale nei confronti dei consumatori. Viene invece escluso che l’uso effettivo possa essere accertato nell’uso meramente simbolico o fittizio (in frode alla legge) effettuato all’unico scopo di preservare i diritti conferiti dalla registrazione ed evitare così la decadenza.

Viene ribadito inoltre che l’uso effettivo si individua con lo sfruttamento commerciale reale del marchio, valutato conducendo un’analisi globale di tutti fatti e le circostanze rilevanti per il caso specifico, come per esempio:

  • l’uso ritenuto idoneo a mantenere o creare una quota di mercato per i prodotti o i servizi protetti nel settore economico interessato;
  • la natura di prodotti o servizi rivendicati;
  • le caratteristiche del mercato;
  • l’entità e la frequenza dell’uso del marchio.

Tra le circostanze che invece non devono essere prese in considerazione rientrano il successo commerciale, la strategia economica e l’uso commerciale non su larga scala del marchio.

Passando al profilo probatorio, l’uso effettivo deve essere dimostrato da prove solide e oggettive attestanti un uso effettivo e sufficiente del marchio sul mercato interessato e non può invece essere provato mediante probabilità o supposizioni. Inoltre, nella valutazione delle prove, bisogna condurre una analisi d’insieme degli elementi di prova a disposizione al fine di determinare il significato più probabile e coerente.

Questi principi giuridici applicati alla vicenda Think different hanno portato il Tribunale europeo a valutare che Apple non fosse riuscita a provare l’uso effettivo di detti marchi all’interno dell’Unione europea, nel periodo d’interesse.

A nulla sono servite le produzioni documentali fornite dai legali della società americana le quali ricomprendevano anche delle fotografie dei packaging dei desktop computer iMac su cui si poteva notare l’utilizzo dello slogan “Think different” congiuntamente con un altro marchio (“Macintosh”).

Nonostante dette prove, il Tribunale ha valutato come non effettivo l’uso documentato da Apple, considerando le caratteristiche del marchio posto sulla scatola di vendita e, in particolare, la sua dimensione e il suo posizionamento.

Infatti, “Think different” veniva utilizzato solo in un singolo spazio risicato della scatola ovvero sotto le indicazioni tecniche dell’iMac e appena affianco al codice a barre. I giudici hanno sottolineato inoltre che la dimensione del carattere prescelto per rappresentare il marchio doveva essere considerata troppo piccola e, conseguentemente, il segno sarebbe potuto sfuggire all’attenzione dei consumatori per via di tale circostanza.

L’uso dei marchi e l’azione di annullamento

Da questa vicenda giudiziale, si può trarre un importante insegnamento per tutti coloro che sono titolari di un marchio registrato. L’uso effettivo di un marchio è un atto essenziale per godere dei diritti conferiti dalla registrazione. Il mancato sfruttamento commerciale del segno, per un periodo prolungato (5 anni), ne determina la decadenza.

Anche i marchi di imprese di enorme successo possono decadere per non uso, come appunto accaduto ai titoli registrati dal brand americano della mela. Non importa quanto negli anni il marchio ha avuto fortuna commerciale, se non viene utilizzato anche il marchio più celebre rischia di essere cancellato dai registri.

È necessario quindi svolgere un’attenta gestione dei propri marchi registrati per evitare di perderli. In caso di dubbio sullo sfruttamento genuino e continuativo, al posto del rinnovo, è possibile valutare una registrazione ex novo del proprio marchio.

La decadenza comporta inoltre una rilevante perdita anche sul piano economico dell’impresa. Infatti, alla decadenza consegue il venir meno dell’asset intangibile aziendale e, conseguentemente, del valore attribuito ad esso.

Ricordiamo a tale proposito che l’uso di un marchio è caratterizzato da un’altra particolarità: attraverso l’uso il marchio trae la sua linfa vitale e accresce il suo valore economico. Più un marchio viene utilizzato, più detto bene accrescerà di valore e, al contrario, meno viene utilizzato più diminuirà il suo valore.

Da ultimo ricordiamo che è possibile proporre azioni di accertamento della nullità o decadenza di marchi registrati, presentando apposita domanda presso gli uffici competenti: EUIPO per marchi dell’Unione europea e UIBM per i marchi italiani.

La possibilità di proporre tale domanda, attraverso un procedimento amministrativo presso l’UIBM, è stata da poco introdotta dal Legislatore ed è entrata in vigore solo lo scorso 29 dicembre 2022. Le nuove misure hanno l’obiettivo di semplificare e accelerare la risoluzione delle controversie.

Pertanto, ad oggi in Italia, si ha la coesistenza di due sistemi alternativi per far accertare la nullità o la decadenza dei marchi registrati:

  • un sistema classico esperibile davanti all’autorità giudiziaria ordinaria (Tribunale competente) ed;
  • un sistema nuovo, più rapido e funzionale, attuabile direttamente presso l’UIBM.

Affidarsi a avvocati esperti nel diritto della proprietà intellettuale e, più specificatamente, in quello dei marchi può essere un grande vantaggio commerciale e imprenditoriale.

Riproduzione riservata ©
Data di pubblicazione: 12 Gennaio 2023
Ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2023
Matteo Saleri

Matteo Saleri

Laureato a pieni voti presso l'Università degli Studi di Milano, praticante avvocato appassionato di Diritto Commerciale, Societario e Antitrust.
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