Verifichiamo se l’area riservata è stata violata dal franchisor o da altri affiliati
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Nel settore del franchising immobiliare, i conflitti tra agenzie dello stesso marchio o tra affiliati e franchisor sono sempre più frequenti. Questo articolo analizza una delle principali cause di attrito: la mancanza di esclusiva territoriale dovuta alla concorrenza interna tra affiliati e la concorrenza diretta da parte del franchisor con punti vendita propri.
Vengono approfonditi i rimedi legali a disposizione del franchisee: dalle azioni contrattuali per inadempimento, alla tutela contro la concorrenza sleale, fino agli effetti della riforma Cartabia sul tentativo obbligatorio di conciliazione. Con riferimenti normativi e giurisprudenziali aggiornati, l’articolo offre una guida chiara e operativa per chi desidera difendere i propri diritti nel sistema di affiliazione commerciale.
Nel settore immobiliare, non è raro che due agenzie affiliate allo stesso marchio si facciano concorrenza a vicenda. Questa “concorrenza interna” (o concorrenza intrabrand) emerge quando il contratto di franchising presenta lacune nella definizione delle zone operative, oppure quando la rete non è gestita con sufficiente attenzione alla distribuzione territoriale.
Così, l’agente immobiliare in franchising si ritrova in competizione non solo con altri brand, ma anche con il proprio franchisor, che agisce sullo stesso mercato sfruttando la stessa insegna e, potenzialmente, la posizione dominante nella rete.
Questo porta ad incrinare i rapporti col franchise ma, soprattutto, a minare la convenienza economica dell’impresa. Persino la giurisprudenza ha osservato che nessun franchisee investirebbe risorse ingenti senza un minimo di protezione territoriale, poiché altrimenti “lo schema negoziale rischierebbe di essere minato in radice” (approfondisci: “Corretta distribuzione territoriale dei punti vendita nel franchising (secondo il Tribunale di Milano)”).
Si può allora arrivare ad affermare che, soprattutto in casi particolare come il franchise immobiliare, l’esclusiva territoriale è elemento essenziale del contratto. In altri termini, la cannibalizzazione commerciale tra agenzie dello stesso brand deve essere evitata con adeguati correttivi contrattuali, quali la previsione di zone di esclusiva, limiti alle aperture ravvicinate o obblighi di consultazione preventiva. Vediamo come.
Nel contratto di franchising, l’esclusiva territoriale rappresenta una forma essenziale di tutela per il franchisee. Essa impone al franchisor di non insediare altri affiliati, né aprire punti vendita propri, all’interno dell’area riservata. Tuttavia, in Italia l’esclusiva non si presume: è necessario che sia espressamente prevista nel contratto, con confini territoriali chiari (es. per comuni o quartieri).
La Legge 6 maggio 2004 n. 129, che disciplina il franchising, all’art. 3 impone che l’eventuale esclusiva venga specificata in modo dettagliato, mentre l’art. 4 impone al franchisor obblighi informativi precontrattuali, tra cui:
Queste informazioni sono necessarie per consentire al potenziale affiliato di valutare la penetrazione della rete sul territorio e di comprendere le opportunità reali del mercato. L’accesso a dati precisi consente una valutazione consapevole del rischio imprenditoriale e previene il sorgere di aspettative irrealistiche. La mancata comunicazione di tali dati, o la consegna incompleta della planimetria della zona di esclusiva, costituisce grave inadempimento contrattuale, come confermato dal Tribunale di Milano, sentenza del 16 aprile 2021.
Il franchisor è inoltre tenuto a rispettare l’esclusiva anche per mezzo delle società a esso collegate e le agenzie che gestisce in maniera diretta: non può eludere l’impegno contrattuale utilizzando terzi formalmente autonomi o aprire punti vendita in conflitto con l’esclusiva concessa.
Ma attenzione!: per le agenzie immobiliari il territorio di interesse non è solo quello in cui la propria agenzia ha sede. Ogni casa in vendita, ogni appartamento in affitto, definiscono il territorio di interesse. Così può capitare che un cliente di Torino, con un appartamento di proprietà a Milano, chieda all’agenzia di Novara di gestire la vendita. Vediamo come risolvere queste situazioni complesse
Di fronte a comportamenti lesivi da parte del franchisor – che si manifestino attraverso la violazione dell’esclusiva contrattuale, oppure tramite la concorrenza attiva nella stessa zona, anche in assenza di esclusiva – il franchisee può agire subito avocando diversi profili di tutela.
Vediamo – nel particolare – quali condotte possono destare campanelli di allarme e richiedere il ricorso alle tutele appena viste.
Quando il franchisor viola l’esclusiva territoriale, si rompe l’equilibrio alla base del rapporto di affiliazione. L’apertura di un nuovo punto vendita diretto o l’ingresso di un altro affiliato nella stessa zona senza il consenso dell’affiliato già presente può costituire grave inadempimento contrattuale e generare un danno economico diretto, sia in termini di sviamento di clientela, sia in termini di deprezzamento dell’investimento iniziale.
Queste violazioni si manifestano con diverse condotte, tra cui:
Si ricorda che, nel settore immobiliare, il concetto di “territorio” non è rigidamente legato alla sede dell’agenzia: ogni incarico immobiliare genera una zona operativa dinamica. Pertanto, per evitare ambiguità e conflitti, è consigliabile che i contratti definiscano chiaramente non solo l’ambito dell’esclusiva, ma anche le modalità con cui vengono gestiti gli incarichi fuori zona.
La tempestività è essenziale: tollerare comportamenti lesivi può essere interpretato come accettazione tacita, con il rischio di pregiudicare le possibilità di tutela.
La chiave resta sempre una buona contrattualizzazione iniziale e un’attenta vigilanza sull’evoluzione del rapporto (si v. “Franchising immobiliare: accorgimenti contrattuali”). Un franchising ben gestito si fonda sulla trasparenza, sull’equilibrio e sul rispetto reciproco, anche per evitare che la rete si trasformi in un campo di battaglia tra affiliati e affiliante. Solo così si preserva la solidità del brand e la fiducia degli operatori economici che vi aderiscono.
Gabriele Rossi