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“Cacio Romano” vs “Pecorino Romano”: la sentenza che definisce i Confini delle DOP

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Margherita Manca
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La Corte di Cassazione, con la sua sentenza n. 7937/2023, ha segnato un punto di svolta nella giurisprudenza relativa alla protezione delle Denominazioni di Origine Protetta (DOP), chiudendo definitivamente il sipario su una controversia in materia di proprietà intellettuale che per anni ha animato il dibattito nel settore agroalimentare italiano. 

Al centro della controversia, il Consorzio per la tutela del Formaggio Pecorino Romano DOP e la Formaggi Boccea Srl, in merito ai diritti di utilizzo del nome/marchio “Cacio Romano“. Questa sentenza non solo ha messo fine alla controversia ma ha anche chiarito alcuni profili della protezione conferita dalle DOP.

“Cacio romano” e “Pecorino romano” sono la stessa cosa?

La controversia che ha portato alla sentenza n. 7937/2023 della Corte di Cassazione ha visto fronteggiarsi il Consorzio per la tutela del Pecorino Romano DOP e la Formaggi Boccea Srl in relazione al diritto di utilizzare la denominazione “Cacio Romano“. 

Secondo il Consorzio, infatti, il nome “Cacio Romano”, utilizzato da Formaggi Boccea Srl, avrebbe potuto indurre in errore i consumatori ritenendolo equiparabile al “Pecorino Romano”, una denominazione protetta da DOP e riconosciuta a livello europeo per le sue specifiche qualità e il legame con il territorio di origine.

La Formaggi Boccea Srl ha contestato tale assunto, sostenendo che lei, in verità, utilizza la dicitura “Cacio Romano” già da molto tempo, addirittura prima del riconoscimento formale della DOP “Pecorino Romano” in sede europea. Pertanto, l’uso di tale marchio non avrebbe dovuto essere considerato lesivo dei diritti del Consorzio. 

Ebbene, Formaggi Boccea Srl ha perso in primo grado, ha vinto in Appello e, infine, la controversia è giunta al vaglio della nostra Suprema Corte.  Prima di analizzare la decisione, vediamo però cosa si intende per DOP.

Cosa significa DOP?

DOP sta per “Denominazione di Origine Protetta“, un marchio che certifica la qualità e l’origine geografica di un prodotto. Il Pecorino Romano è DOP perché viene prodotto seguendo metodi tradizionali in specifiche aree d’Italia, garantendone autenticità e alta qualità.

Il Consorzio del Pecorino Romano ha il compito di tutelare, promuovere e valorizzare il Pecorino Romano DOP. Questo organismo si occupa di garantire il rispetto delle regole di produzione stabilite nel disciplinare DOP, controlla la qualità del formaggio in tutte le fasi di produzione e lavorazione, e si impegna nella promozione del prodotto a livello nazionale e internazionale. Il consorzio rappresenta quindi un punto di riferimento per la protezione dell’identità e della tradizione del Pecorino Romano.

La disputa sul marchio “Cacio Romano“, utilizzato dalla Formaggi Boccea Srl, ha però portato alla luce l’importanza di riconoscere e valorizzare anche l’uso storico di determinate utilizzi e denominazioni, che risalgono a periodi antecedenti il riconoscimento formale di una DOP. La Corte ha attribuito un significato particolare all’elemento della continuità, ponendo l’accento su come le pratiche commerciali consolidate e la storia di un marchio specifico possano contribuire alla percezione dello stesso da parte dei consumatori.

La decisione di considerare la storia e la tradizione non solo come un elemento accessorio, ma come un fattore chiave nella valutazione delle controversie legate alle DOP, evidenzia un doveroso approccio pragmatico, che deve tenere conto non solo del dato formale ma anche delle specificità delle tradizioni produttive in modo molto concreto. 

La sentenza, quindi, non solo risolve una questione legale specifica, ma invita a una riflessione più ampia sul significato delle DOP e sul loro ruolo nella salvaguardia del patrimonio culturale e gastronomico.

Il ruolo del “disciplinare di produzione”

La Corte di Cassazione, per potersi pronunciare, ha dato rilievo a diversi aspetti della vicenda tra cui: la preesistenza e la continuità dell’uso del marchio “Cacio Romano“, la distinzione organolettica e qualitativa tra i due prodotti, e l’importanza delle pratiche commerciali consolidate.  Vediamo la decisione più in dettaglio.

La sentenza n. 7937/2023 della Corte di Cassazione ha sottolineato, innanzitutto, il ruolo e la funzione del disciplinare di produzione nel contesto della protezione conferita alle Denominazioni di Origine Protetta (DOP)

Il disciplinare stabilisce criteri precisi e non negoziabili per la classificazione di un prodotto come DOP. La Corte lo ha analizzato con scrupolosità, sottolineandone l’importanza per definire l’identità e l’unicità di un prodotto e il suo legame con il territorio.

Le caratteristiche organolettiche, quali sapore, aroma e consistenza, emergono come elementi fondamentali intrinseci e conseguenti al disciplinare e, in tale ottica, delineano e distinguono i prodotti DOP. 

La sentenza evidenzia come questi elementi, descritti con precisione e dettaglio nel disciplinare e nella domanda di registrazione, costituiscano non solo un indice di qualità, ma anche un vero e proprio sigillo di garanzia per il consumatore che si affida ad un prodotto DOP.

Attraverso questa sentenza, la Corte di Cassazione ha quindi ribadito il valore del disciplinare di produzione come strumento indispensabile per la tutela e valorizzazione del patrimonio agroalimentare italiano, riconoscendo nel contempo la necessità di un’interpretazione attenta e rispettosa delle nostre tradizioni.

La decisione della Cassazione sulla sopravvivenza del “Cacio Romano”

In vero, la sentenza n. 7937/2023 della Corte di Cassazione si inserisce in un contesto giuridico più ampio, che attinge dalle precedenti decisioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che avevano già affrontato questioni analoghe di conflitto tra Denominazioni di Origine Protetta (DOP) e marchi registrati

In particolare, anche la giurisprudenza europea sottolinea la necessità di un’accurata valutazione delle caratteristiche dei prodotti in questione, al fine di determinare la presenza o meno di similitudini sostanziali che potrebbero portare a evocazioni o confusione tra i segni distintivi e le denominazioni in conflitto.

L’approccio dettato dalla Corte di Giustizia non si limita a un’analisi superficiale delle denominazioni, ma si estende all’esame delle qualità intrinseche dei prodotti, come le loro proprietà organolettiche, il metodo di produzione e la tradizione storica

Nel contesto della disputa tra “Pecorino Romano” e “Cacio Romano”, la Corte di Cassazione ha quindi applicato questi principi, riconoscendo che, nonostante la somiglianza superficiale dei nomi, le differenze sostanziali tra i due prodotti giustificano la coesistenza dei rispettivi marchi senza rischio di confusione per il consumatore. 

Questo approccio ha consentito di preservare, da un lato, l’integrità dei prodotti DOP, dall’altro, evitando restrizioni ingiustificate alla libertà di impresa e al commercio di chi utilizza da lungo tempo una diversa denominazione come quella di cacio romano.

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Data di pubblicazione: 21 Marzo 2024

Margherita Manca

Laureata presso l'Università Luigi Bocconi di Milano, appassionata di Proprietà Intellettuale.
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