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Biotecnologia, sicurezza e investimenti a livello globale: cosa mangeremo nel 2030?

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Carlo Bobbiesi
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La carne coltivata e l’agricoltura cellulare non sono più fantascienza, bensì un business: rappresentano uno dei settori più dinamici della rivoluzione alimentare globale. Tra biotecnologia, etica e regolazione, il dibattito coinvolge governi, imprese e consumatori. Questo approfondimento analizza il quadro normativo europeo e internazionale, le strategie industriali, le implicazioni ambientali e le prospettive di mercato delle proteine alternative. Con uno sguardo ai dati OCSE e FAO, esploriamo i veri fattori che determineranno cosa mangeremo nel 2030 — e chi guiderà questa trasformazione.

La biotecnologia può davvero nutrirci meglio?

La carne coltivata, il grasso coltivato e l’agricoltura cellulare rappresentano l’ultima frontiera di un bisogno antichissimo: nutrirsi, possibilmente con alimenti di alto valore percepito. Ma sono anche la manifestazione concreta di un’evoluzione più profonda: la capacità umana di comprendere, codificare e manipolare l’informazione biologica.

Già nel 1944, vent’anni prima della scoperta della doppia elica del DNA (1953, F. Crick, J. Watson, M. Wilkins, con il fondamentale contributo di Rosalind Franklin), il fisico quantistico Erwin Schrödinger ipotizzava l’esistenza di una molecola stabile ma non periodica, un “cristallo aperiodico” capace di trasmettere l’ereditarietà biologica (What Is Life? The Physical Aspect of the Living Cell, E. Schrödinger). Una visione pionieristica che anticipava la scoperta della macromolecola genetica per eccellenza, destinata a rivoluzionare la biologia molecolare e, più tardi, la biologia computazionale.

Il DNA, infatti, si rivelò perfetto per la codifica e trasmissione dell’informazione genetica, abilitando la replicazione della vita stessa. Da qui nasce un’idea oggi centrale in molte discipline scientifiche: gli organismi come sistemi di elaborazione dell’informazione.

Concetti sviluppati da studiosi come John von Neumann, con la teoria dell’autoriproduzione negli automi cellulari, e Claude Shannon, fondatore della teoria dell’informazione. Ma è con Yuval Noah Harari, in Homo Deus, che l’idea si radicalizza: “gli organismi sono algoritmi biologici”, ovvero flussi biochimici di dati che rispondono a input ambientali. Una metafora potente, più filosofica che rigorosamente scientifica, che tuttavia apre a una nuova comprensione della vita, attraverso i linguaggi dell’informatica e dell’intelligenza artificiale.

In questo scenario, la carne coltivata, il gene editing e la biologia sintetica emergono come espressioni avanzate di una nuova alfabetizzazione biologica: la capacità di scrivere, modificare e persino progettare la vita. Ma più cresce il nostro potere di intervento, più urgenti diventano le questioni etiche e normative: fino a che punto possiamo — e dobbiamo — riscrivere il codice biologico?

La biotecnologia oggi consente interventi di una precisione impensabile solo pochi decenni fa, ma, come ammoniva Hans Jonas nel suo Principio di responsabilità, l’etica deve tenere il passo del progresso. È proprio in questo equilibrio tra innovazione e prudenza che si inserisce la necessità di una governance consapevole della scienza: regole e sistemi capaci di bilanciare sviluppo tecnologico, sicurezza e responsabilità.

Foie gras senza gavage: è davvero l’inizio di una nuova era alimentare?

Luglio 2024. Gourmey, startup francese, presenta alla Commissione Europea la prima domanda ufficiale per commercializzare un prodotto di agricoltura cellulare nell’UE: un foie gras coltivato da cellule di anatra. Un’alternativa etica al foie gras tradizionale, da anni al centro di controversie per la pratica del gavage, l’alimentazione forzata usata per ottenere il caratteristico fegato ipertrofico.

Il CEO, Nicolas Morin-Forest, chiarisce l’intento: non sostituire, ma affiancare il prodotto convenzionale, proponendo un’opzione più sostenibile e rispettosa del benessere animale, in linea con la crescente sensibilità dei consumatori europei.

Pochi mesi dopo, a gennaio 2025, anche l’olandese Mosa Meat, tra i pionieri del settore, presenta una domanda per il grasso bovino coltivato: la seconda richiesta formale all’interno dell’iter UE (fonte: L’olandese Mosa Meat chiede ok Ue al grasso di manzo coltivato – CAPCOM – Ansa.it).

Queste iniziative segnano una svolta per l’Europa, che ora si confronta con la necessità di valutare questi prodotti attraverso il rigoroso processo di autorizzazione previsto per i “novel food”, che coinvolge sia la Commissione Europea, sia l’EFSA Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (una panoramica completa di questo iter è disponibile nell’approfondimento Dal HACCP alla carne coltivata: come l’UE regola la sicurezza alimentare – Canella Camaiora).

Il doppio volto dell’approvazione normativa è evidente: da un lato garantisce trasparenza e sicurezza; dall’altro rischia di rallentare la competitività dell’Unione, specialmente rispetto a Stati Uniti e Singapore, dove la carne coltivata è già una realtà di mercato (vedi anche: Cosa c’entra Winston Churchill con la carne coltivata? – Canella Camaiora).

Nel frattempo, il settore non sta a guardare. Un esempio curioso è Bistro in Vitro, ristorante virtuale che consente agli utenti di esplorare scenari gastronomici futuri, offrendo una simulazione interattiva dell’esperienza culinaria basata su carne coltivata.

Europa, Asia e Stati Uniti: chi vincerà la corsa alla bistecca sostenibile?

Mentre l’Unione Europea avvia le prime valutazioni regolatorie sui prodotti derivati da agricoltura cellulare e fermentazione di precisione, il dibattito si allarga, intrecciandosi con le strategie alimentari e ambientali di lungo periodo. Ma quali sono oggi le politiche realmente in grado di sostenere l’innovazione senza sacrificare la sicurezza?

Dopo le crisi alimentari degli anni 2000, dalla mucca pazza (BSE) agli scandali della diossina, l’UE ha profondamente riformato il suo quadro normativo, puntando su:

  • Igiene alimentare e mangimi;
  • Salute animale e vegetale;
  • Prevenzione delle zoonosi;
  • Etichettatura e tracciabilità.

Il pilastro su cui si fonda questa visione è il principio “Dal produttore al consumatore” (Farm to Fork), cuore del Green Deal Europeo: la strategia per rendere l’Europa climaticamente neutrale entro il 2050 e trasformare il sistema produttivo in senso circolare, competitivo e inclusivo.

Tra gli obiettivi operativi della strategia Farm to Fork:

  • Ridurre pesticidi e fertilizzanti chimici;
  • Espandere l’agricoltura biologica;
  • Dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030;
  • Alzare gli standard di benessere animale;
  • Incentivare diete sane e sostenibili.

Fuori dall’Europa, gli Stati Uniti accelerano. Già nel 2019, la Food and Drug Administration (FDA) e il Dipartimento dell’Agricoltura (USDA) hanno siglato un accordo formale per coordinare l’approvazione dei prodotti cell-based (U.S. FDA/USDA, Formal Agreement, 2019). Un quadro normativo più chiaro ha dato slancio alle startup del settore. Ma resta aperta una domanda: il nuovo governo manterrà questo slancio o lo rallenterà?

Intanto, il fronte asiatico corre veloce. Singapore è stata la prima al mondo ad approvare la vendita di carne coltivata (2020), e ha già attivato un quadro per i “novel foods” (How Singapore is helping ‘future-food’ companies scale up – Business Insider). Seguono Cina, Corea del Sud e Giappone:

  • In Cina, il 14° Piano Quinquennale inserisce le “proteine future” tra le priorità nazionali. Startup come Joes Future Food e CellX attraggono capitali pubblici e privati.
  • In Corea del Sud, un piano da 20 miliardi di won (circa 15 milioni di euro) mira a creare un centro nazionale per la carne coltivata.
  • In Giappone, il governo ha incluso l’agricoltura cellulare nella sua green growth strategy. La startup IntegriCulture sviluppa sistemi open source, mentre gruppi come Mitsubishi e Ajinomoto esplorano partnership brevettuali.

Secondo il Good Food Institute APAC, questi Paesi stanno costruendo ecosistemi integrati tra ricerca, regolazione e industria, candidandosi a guidare la transizione globale verso alimenti a basso impatto ambientale.

Anche a livello internazionale, le iniziative multilaterali si moltiplicano: dall’EAT-Lancet Commission ai programmi congiunti FAO-OMS per diete sane e sostenibili. Con queste premesse, la carne coltivata promette di ridurre l’impronta ecologica della zootecnia e rafforzare la sicurezza alimentare.

Cosa mangeremo nel 2030?

L’agricoltura cellulare non è più una scommessa, ma una traiettoria inevitabile. Il punto non è più se diventerà realtà, ma quando e a che condizioni. In Europa, il Regolamento (UE) 2015/2283 sui novel food ha imposto un iter autorizzativo rigoroso, ma la lentezza burocratica e le frizioni tra Stati membri rischiano di lasciare all’UE un ruolo marginale rispetto a Paesi come Singapore e Stati Uniti, dove la carne coltivata è già in commercio (FAO 2023).

Sul fronte industriale, la sfida è la scalabilità. Uno studio LCA (Lifetime Cycle Assessment) stima che entro il 2030 sarà possibile una produzione su larga scala, grazie all’ottimizzazione dei mezzi di coltura e all’uso di energie rinnovabili (LCA 2023). Tuttavia, fattori economici e normativi restano determinanti e potrebbero rallentarne la diffusione.

Un altro snodo cruciale è l’accettazione del pubblico. Secondo un sondaggio YouGov 2024, condotto in 15 Paesi europei, la diffidenza resta alta, alimentata da timori su sicurezza e “artificialità”. Eppure, quando informati su benefici ambientali e benessere animale, molti consumatori si dichiarano pronti a considerare l’acquisto.

Anche sul piano della sicurezza alimentare, il rapporto FAO-OMS 2023 sottolinea la necessità di standard più rigidi, identificando rischi legati alla stabilità genetica delle cellule e ai mezzi di coltura.

L’UE è ora davanti a un bivio: può diventare leader globale dell’innovazione agroalimentare, definendo un quadro chiaro e supportando la ricerca, oppure restare in posizione attendista, lasciando campo libero a economie più agili e aggressive.

Perché la carne coltivata sta già cambiando l’economia globale?

Le proteine alternative sono diventate un asset strategico. Carne coltivata, proteine vegetali e fermentazione di precisione non sono più nicchie sperimentali: tra il 2020 e il 2022 hanno attirato oltre 7 miliardi di dollari in investimenti globali, di cui 2,6 miliardi destinati esclusivamente alla carne coltivata (State of the Industry Report 2023 – Good Food Institute).

Negli Stati Uniti, la sinergia tra FDA e USDA ha creato un contesto normativo favorevole all’espansione del FoodTech, mentre Singapore, prima al mondo a concedere autorizzazioni commerciali, si è consolidata come hub per l’agricoltura cellulare. L’Unione Europea, pur dotata di un elevato potenziale, si trova ancora nella fase di definizione del quadro regolatorio previsto dal Regolamento sui novel food. Alcuni Paesi membri — Paesi Bassi, Francia, Spagna — si distinguono per una maggiore apertura e attrattività per i capitali di rischio.

Tra le aziende leader per finanziamenti e innovazione:

  • UPSIDE Foods (USA),
  • Eat Just/GOOD Meat (USA-Singapore),
  • Aleph Farms (Israele),
  • e l’europea Mosa Meat (Paesi Bassi), già citata nel capitolo precedente.

Ma il successo del settore dipenderà anche dall’accettazione dei consumatori. Se in Europa permane una diffidenza culturale, cresce parallelamente la consapevolezza dei benefici ambientali: minore uso di acqua, suolo e risorse rispetto all’allevamento intensivo. Anche il benessere animale diventa un driver di acquisto.

Fondamentale, in questo senso, sarà la strategia comunicativa: termini come “carne coltivata”, “cell-based” o “clean meat” influenzano profondamente la percezione del pubblico. Servono messaggi trasparenti, educazione scientifica e un marketing etico.

Dal lato produttivo, molte aziende stanno costruendo impianti pilota, o demo facilities, per incrementare i volumi, migliorare l’efficienza e ridurre i costi. L’obiettivo? Raggiungere un prezzo competitivo con le carni convenzionali entro 5–10 anni. In questo arco temporale, innovazioni come la fermentazione di precisione o i mezzi di coltura privi di siero animale potrebbero accelerare la trasformazione dell’intero settore.

FAO, OCSE e il futuro del cibo: siamo pronti alla transizione alimentare?

Per comprendere appieno la posta in gioco economica dell’agricoltura cellulare, è utile guardare ai dati dei principali organismi internazionali. Secondo l’OECD-FAO Agricultural Outlook 2023–2032, la domanda globale di carne (bovina, suina, avicola e ovina) crescerà tra l’1,2% e l’1,4% annuo, trainata soprattutto dai Paesi in via di sviluppo.

Nelle economie più avanzate, però, si fa spazio una tendenza opposta: la ricerca di fonti proteiche alternative, come la carne coltivata, spinta dalla consapevolezza ambientale e dalle politiche di decarbonizzazione del settore alimentare. L’OCSE e la FAO riconoscono che tecnologie come l’agricoltura cellulare e il genome editing possono contribuire a una produttività più sostenibile, affrontando i nodi cruciali della sicurezza alimentare globale.

Diversificare le fonti proteiche è oggi una priorità. Documenti strategici come “The Future of Food and Agriculture – Alternative Pathways to 2050” e “Food safety aspects of cell-based food (FAO-OMS)” indicano la carne coltivata come una leva per ridurre lo sfruttamento del suolo e l’impatto ambientale, a condizione che vengano stabiliti standard rigorosi di sicurezza, tracciabilità e controllo.

Sul fronte economico, lo scenario è altrettanto dinamico. Secondo BCG e Blue Horizon, il mercato delle proteine alternative potrebbe valere tra 250 e 300 miliardi di dollari entro il 2035, coprendo fino al 20% del consumo globale di proteine (cfr.  Food for Thought: The Protein Transformation | BCG). Una componente del dibattito riguarda anche le prospettive di mercato: secondo proiezioni formulate nel documento).

Ma non si tratta solo di tecnologia e capitali. La transizione avrà un impatto significativo sull’occupazione. L’abbandono delle filiere zootecniche tradizionali e l’adozione di modelli “cell-based” richiederanno formazione e riconversione professionale, da sostenere attraverso politiche pubbliche mirate. Secondo l’OCSE, saranno decisivi:

  • sussidi intelligenti,
  • investimenti nella ricerca scientifica,
  • collaborazioni tra imprese, università e istituzioni.

In Europa, programmi come Horizon Europe già finanziano progetti agroalimentari innovativi. Tuttavia, rimane cruciale armonizzare la normativa tra gli Stati membri, creando un vero mercato unico capace di far crescere le aziende su scala internazionale.

Nel complesso, i dati confermano che la crescita demografica e le sfide ambientali stanno ridefinendo le priorità economiche e politiche globali. Soluzioni come carne coltivata, agricoltura di precisione e biologico non sono più opzioni marginali, ma strumenti strategici per garantire un futuro alimentare sostenibile.

La vera questione, però, è un’altra: saremo capaci di sostenere questa rivoluzione alimentare, ripensare il nostro rapporto con la natura e investire con coraggio in un futuro in cui l’innovazione diventi la norma sulle nostre tavole?

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 26 Maggio 2025

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