Consulenza su brevetti per tecnologie alimentari innovative.
Calcola il preventivo
Nel 1931, il celebre statista britannico immaginava un futuro in cui avremmo prodotto solo le parti degli animali destinate al consumo umano, senza la necessità di allevarli. Oggi, questa visione sta diventando realtà grazie a brevetti, tecnologie rivoluzionarie e alla c.d. agricoltura cellulare. L’articolo esplora la storia della carne coltivata, dai primi brevetti di Willem van Eelen agli hamburger da laboratorio presentati nel 2013, fino alle sfide normative attuali. Scopriremo anche come l’arte e l’etica si intrecciano con questa innovazione, tra progetti provocatori e premi milionari, per delineare un futuro in cui sostenibilità e tecnologia possono ridefinire il nostro modo di alimentarci. Ma il mondo è pronto a questa rivoluzione?
“We shall escape the absurdity of growing a whole chicken to eat the breast or wing, by growing these parts separately under a suitable medium.” Con queste parole, pubblicate nel 1931 sulla rivista Strand Magazine, Winston Churchill immaginava un futuro in cui la carne sarebbe stata prodotta direttamente in laboratorio, senza la necessità di allevare interi animali (cfr. “Fifty Years Hence” – Cinquant’anni dopo). Questa visione, incredibilmente moderna per l’epoca, anticipava una rivoluzione oggi nota come agricoltura cellulare.
L’idea iniziò a prendere forma concreta grazie a Willem van Eelen, scienziato olandese che, segnato dalla carestia e dalla prigionia durante la Seconda Guerra Mondiale, si dedicò a studiare nuove soluzioni per la sicurezza alimentare. I primi risultati pratici arrivarono nel 1971, quando Russell Ross, negli Stati Uniti, riuscì a coltivare tessuto muscolare liscio a partire da cellule prelevate dall’aorta di un porcellino d’India. Tuttavia, fu solo negli anni ’90, con i progressi nella ricerca sulle cellule staminali e sulla rigenerazione tissutale, che il settore iniziò a muovere i suoi primi passi decisivi a livello internazionale.
Nel 1995, Van Eelen depositò nei Paesi Bassi un brevetto innovativo per la produzione di carne e pesce mediante colture cellulari. Questo metodo prometteva di garantire somiglianza estetica, organolettica e nutrizionale con i prodotti tradizionali. Nel 1997, il brevetto europeo EP1037966B1 “Industrial Production of Meat from In Vitro Cell Cultures” formalizzò ulteriormente questa visione (v. anche l’estensione internazionale via pct WO1999031223A1).
Tali brevetti, successivamente acquisiti da aziende come Eat Just, negli Stati Uniti, hanno rappresentato le fondamenta per lo sviluppo di un settore oggi in rapida espansione.
Un ulteriore passo avanti fu compiuto nel 2001, quando Jon F. Vein, negli Stati Uniti, depositò il brevetto US2005010965, introducendo un metodo per coltivare cellule muscolari e adipose in un sistema integrato. Questo permetteva la produzione di alimenti come bistecche e polpette, rendendo la carne coltivata una prospettiva sempre più concreta. Nello stesso anno, anche la NASA iniziò a investire in questa tecnologia con l’obiettivo di fornire cibo ai viaggiatori spaziali durante le missioni di lunga durata. Nel 2003, uno dei primi risultati fu la generazione di muscolo scheletrico di pesce rosso (Carassius auratus), utilizzando linee cellulari ATCC derivate da fibroblasti di pesce. Questo progetto combinava avanzamenti scientifici con soluzioni innovative per l’alimentazione durante le missioni spaziali, con possibili ricadute positive anche per l’approvvigionamento alimentare sulla Terra.
Ma cosa ci riserva veramente il futuro?
La carne coltivata, parte integrante del settore noto come “agricoltura cellulare”, rappresenta una delle sfide più ambiziose per il futuro dell’alimentazione. Questa tecnologia promette di risolvere molti problemi legati all’agricoltura industriale, riducendo l’impatto ambientale, migliorando il benessere animale e affrontando le sfide legate alla sesta estinzione. Tuttavia, le promesse di questa rivoluzione sollevano obiezioni tecniche, socio-economiche ed etiche, alimentando un dibattito su scala globale.
Negli ultimi decenni, la competizione per il controllo delle innovazioni tecnologiche nel settore è stata intensa. I brevetti depositati annualmente sono cresciuti esponenzialmente negli ultimi quattro anni, coprendo ogni aspetto della produzione, tra cui:
La corsa per l’esclusiva tecnologica ha spinto le aziende a investire in ricerca e innovazione, delineando una competizione sempre più serrata per ottenere l’esclusiva sul mercato.
Oltre agli sviluppi tecnologici, la carne coltivata ha trovato spazio nel mondo dell’arte. Nel 2003, il collettivo SymbioticA, fondato da Oron Catts e Ionat Zurr, presentò il progetto “Disembodied Cuisine” all’esposizione “Art Biotech” di Nantes. Il progetto consisteva nella creazione di una “bistecca” prodotta da cellule staminali di rana coltivate su biopolimeri. Questa opera, destinata al consumo umano, mirava a stimolare riflessioni sull’origine dei tessuti e sul ruolo degli animali vivi nella produzione in vitro, aprendo un dibattito etico su scala internazionale. La connessione tra scienza e arte ha così messo in luce questioni fondamentali legate alla produzione alimentare nell’era della biotecnologia.
Un ulteriore incentivo alla ricerca è arrivato nel 2008, quando PETA annunciò un premio di 1 milione di dollari per il primo laboratorio capace di sviluppare carne di pollo coltivata, indistinguibile per sapore e consistenza dalla carne convenzionale, e di commercializzarla con successo in almeno 10 Stati entro il 2014. Sebbene numerosi istituti privati e università abbiano partecipato, nessuno riuscì a soddisfare i rigorosi criteri richiesti. Tuttavia, il premio ha avuto il merito di accendere i riflettori sul potenziale della carne coltivata, incentivando l’interesse di ricercatori e investitori in tutto il mondo.
L’evoluzione della carne coltivata non è solo una questione tecnologica, ma un percorso complesso che coinvolge aspetti etici, artistici e industriali. Questa corsa per l’esclusiva promette di riscrivere le regole dell’alimentazione globale, alimentando competizione e riflessioni su come bilanciare innovazione e sostenibilità.
Nel 2013, Mark Post dell’Università di Maastricht, ha rivoluzionato il mondo dell’alimentazione presentando il primo hamburger di manzo prodotto in laboratorio. Questo innovativo prodotto fu realizzato mediante l’apposizione di oltre 20.000 sottili fili di tessuto muscolare. Con un costo di produzione di oltre 300.000 dollari – di cui 250.000 dollari donati da Sergey Brin, cofondatore di Google – l’hamburger rappresentò un’impresa tanto ambiziosa quanto iconica.
Il debutto avvenne in un evento trasmesso in diretta televisiva a Londra, il 5 agosto 2013. A prepararlo fu il cuoco Richard McGeown, del rinomato Couch’s Great House Restaurant in Cornovaglia. I primi assaggiatori furono Hanni Rützler, ricercatrice del Future Food Studio, e Josh Schonwald, giornalista e autore di The Taste of Tomorrow. Rützler sottolineò che, in una degustazione alla cieca, avrebbe confuso l’hamburger con vera carne, dimostrando il successo sensoriale dell’innovazione.
Un altro primato fu raggiunto nel dicembre 2020, quando la carne coltivata arrivò per la prima volta nei ristoranti di Singapore. Il ristorante 1880 servì ai suoi clienti il GOOD Meat Cultured Chicken, prodotto dalla start-up Eat Just. Questo pollo coltivato ottenne l’approvazione dall’Autorità per la sicurezza alimentare di Singapore, rendendo Eat Just la prima azienda al mondo a commercializzare carne coltivata. Singapore consolidò così il suo ruolo di leader nell’innovazione alimentare, aprendo la strada alla commercializzazione globale.
Negli Stati Uniti, il debutto della carne coltivata nei ristoranti avvenne nel 2023, dopo l’approvazione della vendita da parte della FDA e della USDA. Le aziende Upside Foods e Good Meat furono protagoniste di questo passo storico. Upside Foods collaborò con il ristorante Bar Crenn di San Francisco, mentre Good Meat fece il suo debutto in un ristorante a Washington, D.C.. Sebbene la disponibilità sia ancora limitata, queste approvazioni segnano un’importante evoluzione nel passaggio dalla sperimentazione alla commercializzazione.
Con queste prime storiche presentazioni, la carne coltivata ha dimostrato non solo il suo potenziale tecnologico, ma anche la capacità di rispondere a sfide etiche e ambientali. Siamo davvero pronti per una rivoluzione nel modo in cui produciamo e consumiamo carne?
Non solo carne: le tecnologie di agricoltura cellulare stanno trasformando anche la produzione di latte, uova, gelatina, pesce e perfino cuoio. Grazie a questi avanzamenti, è possibile ottenere proteine e materiali indistinguibili dagli originali, senza ricorrere agli allevamenti tradizionali.
Il latte coltivato è chimicamente identico a quello di origine animale. Aziende come Perfect Day e Remilk utilizzano la fermentazione di precisione, sfruttando lieviti geneticamente modificati per produrre proteine come caseina e siero. Questi componenti vengono poi combinati con grassi vegetali, acqua, vitamine e minerali, creando un prodotto che replica fedelmente il latte animale. Every Company, invece, ha sviluppato un processo per produrre albume d’uovo coltivato, eliminando la necessità di allevamenti di galline ovaiole. Anche la gelatina, utilizzata in alimenti, farmaci e cosmetici, viene prodotta tramite fermentazione di precisione da aziende come Geltor, con prodotti brevettati come PrimaColl® e HumaColl21®.
Il settore ittico ha visto emergere aziende come Finless Foods, che lavorano alla coltivazione di tessuto muscolare di tonno, partendo da cellule muscolari per creare prodotti di alta qualità. Questo approccio potrebbe ridurre la dipendenza dalla pesca intensiva, affrontando problemi ambientali e garantendo una maggiore sostenibilità.
In Italia, tuttavia, la carne coltivata non è ancora commercializzabile. Con la firma del Presidente della Repubblica, nel dicembre 2023 è entrata in vigore la Legge n. 172/2023, che vieta la produzione, vendita e somministrazione di alimenti derivati da colture cellulari di animali vertebrati (Il Post ne ha parlato qui). Questa normativa allontana l’Italia dalla rivoluzione alimentare in corso in altre parti del mondo, ma non scoraggia le aziende nazionali.
Progetti come Cult Meat dell’Università di Torino, che mira a produrre carne coltivata tramite “tecniche di evoluzione accelerata”, dimostrano come il settore sia comunque in fermento (cfr. Cult Meat, il progetto di carne coltivata made in Italy – Borsa&Finanza, 8 novembre 2024).
I brevetti giocano un ruolo centrale in questa evoluzione. Proteggere le innovazioni consente alle aziende di garantirsi un vantaggio competitivo e di stimolare nuovi investimenti, ma i conflitti etici e gli ostacoli normativi restano rilevanti. Per giocare d’anticipo, è fondamentale documentarsi e adottare strategie di tutela adeguate.
Insomma, se l’agricoltura cellulare promette di riscrivere le regole dell’industria alimentare, resta aperta una domanda: quando verrà rimosso il “tappo” normativo, chi sarà pronto a dominare il mercato?