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Diritti sull’opera cinematografica: a chi spettano e per quanto tempo?

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Margherita Manca
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La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 14117 del 23 maggio 2023 ha chiarito quali diritti spettano alla casa cinematografica sul film e la durata dei medesimi. 

I fatti di causa

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione si è dovuta esprimere sui diritti spettanti alla casa di produzione di un film. 

In particolare, il Tribunale di Napoli aveva rigettato le domande proposte dal Sig. A. finalizzate ad accertare e dichiarare la liceità della pubblicazione dallo stesso effettuata su un sito internet di alcuni frammenti di un film, senza il consenso della casa di produzione che affermava di detenerne i diritti. 

Sul punto, il Tribunale di Napoli si era espresso sostenendo che l’opera cinematografica non era caduta in pubblico dominio e accertava la titolarità della casa di produzione Alfa Srl dei diritti di utilizzazione economica del film. 

La Corte di Appello di Napoli confermava la decisione del Tribunale di primo grado, sostenendo che i diritti d’autore sull’opera cinematografica spettassero al produttore e che questi diritti durassero per 70 anni dopo la morte dell’ultimo degli autori coinvolti. 

Il Sig. A presentava, quindi, un ricorso per Cassazione contro la decisione.

La posizione del ricorrente

Il Sig. A., nel suo primo motivo di ricorso principale, sosteneva che la Corte d’Appello avesse commesso un errore nella valutazione e nell’applicazione della Legge sul diritto d’autore.

Il Sig. A. affermava che in base all’articolo 78-ter della Legge sul diritto d’autore (LdA), il produttore perde il diritto esclusivo di autorizzare la riproduzione, distribuzione, noleggio e prestito dell’opera cinematografica dopo cinquant’anni dalla sua pubblicazione. Secondo il ricorrente, una volta che l’opera cinematografica cade nel pubblico dominio – dopo cinquant’anni – ha legittimamente reso disponibile al pubblico il film in questione in vari frammenti.

Inoltre, il ricorrente sosteneva che, in mancanza di una disposizione legislativa specifica in tal senso, il produttore non è soggetto al termine di protezione più lungo di 70 anni previsto per gli autori. L’articolo 78-ter LdA, nel disciplinare il diritto esclusivo del produttore e la durata di tale diritto, costituisce una specificazione degli articoli 45 e 46, comma 1, con la conseguenza che la prima norma prevale sulle seconde.

Il ricorrente, pertanto, contestava l’interpretazione giuridica della Corte di Appello secondo cui il produttore non avrebbe due ordini di diritti, primari e secondari, poiché non sarebbe possibile distinguere tra i diritti del produttore che scadono dopo cinquant’anni e cadono nel pubblico dominio e quelli che perdurano per settant’anni.

La normativa di riferimento

L’esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell’opera cinematografica è disciplinato dall’art. 45 LdA che prevede che tale esercizio spetti a chi ha organizzato la produzione stessa. 

Scopo dell’art. 45 è quello di adattare alle opere cinematografiche i principi generali applicabili a qualsiasi altra opera protetta dal diritto d’autore realizzata entro organizzazioni imprenditoriali. 

Per quanto concerne l’interpretazione dell’articolo nel corso del tempo si sono avvicendate differenti e contrastanti posizioni che sono culminate nel principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione nel caso in esame.

L’interpretazione dell’art. 45 LdA fornita dalla Cassazione

La Corte di Cassazione, richiamando precedenti giurisprudenziali, sostiene che sussistano in capo al produttore cinematografico due ordini di diritti, ovvero il diritto primario, attribuito espressamente dagli artt. 45 e ss. LdA e al quale si applica l’art. 32 LdA (aventi, quindi, una durata di 70 anni dalla morte dell’ultimo dei coautori) e il diritto secondario o connesso su tutti i supporti da esso realizzati su cui è stata impressa l’opera, che gli dà titolo alla riproduzione e duplicazione dei supporti e alla loro distribuzione e commercializzazione. 

Pertanto, la Legge attribuisce al produttore non il semplice esercizio di un diritto altrui, ma la titolarità di un diritto proprio, avente ad oggetto l’utilizzazione economica dell’opera, mentre ai coautori spettano, oltre ai cosiddetti diritti morali, i diritti patrimoniali che sono a essi espressamente riservati dalla legge stessa. 

Ed è proprio su questo punto che la Corte di Cassazione sente di effettuare una precisazione. 

Dalla lettura degli articoli 45 e 46 LdA emerge che la Legge attribuisce la contitolarità dell’opera cinematografica all’autore del soggetto, all’autore della sceneggiatura, all’autore della musica, al direttore artistico, con la conseguenza che agli autori – contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente – sono stati attribuiti i diritti di utilizzazione economica. Al produttore viene riconosciuto, invece, solo l’esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell’opera cinematografica, nei limiti indicati dai successivi articoli. La Legge quindi, non ha direttamente attribuito al produttore la titolarità dei diritti di utilizzazione dell’opera cinematografica. 

Il diritto del produttore di sfruttare l’opera cinematografica è un diritto proprio che, però, non viene riconosciuto ex lege ma come conseguenza dell’acquisto (che deve presumersi salvo prova contraria) di tale diritto a titolo derivativo. 

La Suprema Corte enuncia, quindi, il seguente principio di diritto “In tema di proprietà industriale, l’art. 45 L.d.A., nel prevedere che al produttore spetta l’esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell’opera cinematografica, detta una presunzione che vale fino a prova contraria, presupponendo che il produttore si assicuri preventivamente dagli autori […] i diritti di sfruttamento cinematografico dell’opera per tutta la durata del diritto di utilizzazione economica spettante all’autore, onde prevenire, in radice ogni possibile controversia giuridica relativa a tali futuri diritti. Ne consegue che chi contesti al produttore cinematografico l’intervenuta acquisizione a titolo derivativo della titolarità dei diritti di utilizzazione dell’opera, o anche solo l’estensione o l’ambito temporale di tali diritti, è tenuto a fornirne la prova alla luce delle concrete pattuizioni contrattuali”. 

Nel caso di specie, il Sig. A. non ha fornito la prova idonea a superare la presunzione di cui al’art. 45 LdA, ossia che gli autori avessero ceduto al produttore tutti i diritti di utilizzazione economica dell’opera facenti loro capo, ma non ha neppure allegato circostanze idonee a rappresentare una realtà diversa. Ne consegue che l’opera è tutelata dal diritto d’autore, non risultando scaduto il termine di settanta anni di cui all’art. 32 LdA.

Riproduzione riservata ©
Data di pubblicazione: 12 Luglio 2023
Ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2023

Margherita Manca

Laureata presso l'Università Luigi Bocconi di Milano, appassionata di Proprietà Intellettuale.
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