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Consumatori: il giudice deve fermare il recupero crediti in presenza di clausole vessatorie

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Pablo Lo Monaco
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Con la sentenza n. 9479/2023, le Sezioni Unite sono nuovamente intervenute a tutela del consumatore sulla scia della giurisprudenza europea, stabilendo l’obbligo di un nuovo controllo d’ufficio sulla presenza di clausole vessatorie, fornendo così nuove armi ai consumatori che si trovino a subire azioni di recupero crediti da parte di imprese e professionisti.

Le clausole vessatorie e la tutela del consumatore.

Il consumatore, si sa, è considerata la parte debole quando stipula contratti con i professionisti, con le aziende o con le banche. Con l’obiettivo di limitare le conseguenze di questa debolezza, è giunto in aiuto il Codice del Consumo (D.Lgs. 06/09/2005 n° 206), che introduce una serie di regole a tutela del consumatore.

Questa disparità di potere contrattuale spesso sfocia nel vero e proprio inserimento di clausole contrattuali dette “vessatorie”

Tali clausole sono disposizioni inserite in un accordo contrattuale che creano un’ingiusta disparità tra i diritti e i doveri delle parti, penalizzando una parte a vantaggio dell’altra. I contratti in cui più spesso si trovano questo tipo di clausole sono proprio i contratti standard, ad esempio quelli bancari, in cui i rapporti da regolare sono molteplici e il testo del contratto viene redatto da una sola delle parti, in pressoché  totale assenza di trattativa tra aderente consumatore e l’altro contraente.

Tuttavia il Codice del consumo tutela il consumatore per qualsiasi tipo di contratto sottoscritto con un professionista, anche per un singolo affare (Cass. 6802/2010), che presenti squilibri dovuti all’inserimento di clausole abusive.

Sempre il D.Lgs. 06/09/2005 n° 206 elenca una serie di clausole che, qualora siano oggetto di trattativa, non possono essere considerate vessatorie, poiché esplicitamente volute e accettate, ma anche una serie di clausole che sono nulle anche se oggetto di espressa trattativa tra consumatore e professionista. Questo ultimo insieme di clausole formano la cosiddetta “Black List”.

Si tratta di una nullità di protezione, a tutela del consumatore, rilevabile d’ufficio dal giudice e sollevabile dal contraente in qualsiasi momento, al fine di accertarne la spunta dal contratto, proprio per la sua abusività.

Le linee guida della Suprema Corte in caso di recupero crediti contro il consumatore.

La Cassazione, nel procedimento di armonizzazione del diritto nazionale alla giurisprudenza comunitaria, è quindi intervenuta in materia, muovendo da un caso in cui il consumatore non presentò alcuna opposizione a un decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti, basato proprio su un contratto di fideiussione stipulato con un istituto di credito.

Tuttavia, successivamente e durante la procedura esecutiva per il recupero del credito, il consumatore esecutato ha sollevato una questione: il giudice della fase monitoria non aveva minimamente valutato la presenza di una clausola potenzialmente abusiva all’interno del contratto che aveva dato origine al credito.

Tale clausola oggetto di studio era riferita a un illegittima deroga del foro del consumatore, rilevando quindi l’incompetenza territoriale del giudice.

Proprio sulla base del carattere abusivo di alcune clausole, come quella del caso di specie, e sul quale si fondano i crediti azionati nei procedimenti monitori e di esecuzione, questa importante sentenza della Cassazione ha introdotto un controllo ex officio, per contrastare l’emissione di provvedimenti che si basano proprio su crediti derivanti da clausole abusive nei contratti con il consumatore.

La sentenza ripercorre quindi le best practice, andando a stabilire delle vere e proprie “linee guida” che dovranno essere rispettate nei procedimenti monitori di recupero crediti e nelle fasi esecutive.

Il giudice è sempre tenuto a segnalare le clausole vessatorie?

Per quanto riguarda la fase monitoria, le sezioni unite n. 9479/2023 prevede che il giudice debba svolgere un previo controllo sull’abusività delle clausole nel contratto professionista-consumatore e rendere una motivazione succinta per dare atto dell’avvenuto controllo. 

Per determinare se si tratta di un contratto con un consumatore, il giudice segue una serie di criteri guidati principalmente dal Codice del Consumo e dalla giurisprudenza rilevante, tanto nazionale quanto comunitaria:

  • Quando si presenta un ricorso monitorio contro una persona fisica, il giudice deve valutare se la base della pretesa creditoria rientri in un contesto consumeristico, secondo quanto definito nel Codice del Consumo. Un elemento indicativo può essere l’assenza o la presenza del numero di partita IVA del debitore nel ricorso monitorio o nelle fatture, qualora siano state allegate.
  • È importante notare che l’esercizio di un’attività commerciale da parte del debitore non esclude automaticamente la sua qualifica di consumatore se il contratto è stato stipulato per scopi personali, estranei all’attività imprenditoriale.
  • La legge e la giurisprudenza chiariscono che certe figure, come i condomini o i fideiussori persone fisiche di imprese alle quali sono estranei, possono essere considerati consumatori.

Per fare richiedere documentazione o chiarimenti, il giudice può avvalersi dei poteri istruttori a lui concessi (per approfondire: vademecum del presidente del Tribunale di Milano rivolto ai magistrati ordinari e onorari del 25 luglio 2023)

Qualora il risultato del controllo sia la presenza di clausole abusive, il giudice dovrà ovviamente tenerne conto in sede di accoglimento parziale del ricorso o di rigetto del ricorso.

Anche per il caso in cui, a seguito di controllo d’ufficio, il giudice non rilevi la presenza di clausole abusive, il risultato sarà la pronuncia di un decreto motivato sulla non vessatorietà delle clausole.

Essendo il procedimento monitorio a cognizione sommaria, qualora l’accertamento della vessatorietà delle clausole non fosse così lineare e pacifico, per via della complessità degli atti e del contratto, il risultato non può che essere il rigetto del ricorso.

Quali sono le clausole della “black list”?

Quali sono le clausole che i giudici sono tenuti a identificate, sia in fase monitoria che esecutiva. Ne abbiamo fatto un sunto sulla base del  vademecum del presidente del Tribunale di Milano rivolto ai magistrati ordinari e onorari del 25 luglio 2023:

  • Clausole sulla competenza territoriale: Viene data priorità al foro del consumatore, invalidando qualsiasi clausola che ne deroghi la competenza territoriale.
  • Clausole penali eccessive: Clausole che impongono sanzioni sproporzionate in caso di inadempimento del consumatore.
  • Interessi di mora eccessivi: Interessi su ritardi di pagamento considerati manifestamente elevati rispetto al tasso legale o a quello corrispettivo del contratto.
  • Clausole riguardanti la risoluzione del contratto: Prevedono che il consumatore debba pagare una penale pari all’importo che avrebbe versato se il contratto non fosse stato risolto.
  • Decadenza del beneficio del termine: In caso di mancato pagamento anche di una sola rata, si prevede la perdita immediata dei benefici temporali accordati al consumatore.
  • Tariffe orarie indeterminate: Clausole che obbligano il consumatore a pagare tariffe orarie al professionista senza specificare l’impegno orario prevedibile o un limite massimo.

Anche il giudice dell’esecuzione è tenuto al controllo?

Come sta effettivamente accadendo, tutti i decreti ingiuntivi emessi prima e a ridosso della pubblicazione della sentenza n. 9479/2023 sono privi di motivazione in merito alla vessatorietà delle clausole poste a fondamento del credito.

Ciò comporta ovviamente il dovere, per il Giudice dell’esecuzione, di “recuperare”, procedendo a tale controllo.

Anche in questa fase deve essere rispettata la sommarietà del procedimento, limitando quindi i poteri istruttori agli elementi già in atti.

Il risultato è che, una volta effettuato il controllo –  sia in caso venissero rilevate clausole con profili di abusività che in assenza di tali clausole –  il giudice informerà il debitore/consumatore che entro 40 giorni avrà la possibilità di proporre opposizione al decreto ingiuntivo (opposizione tardiva ai sensi dell’art. 650 c.p.c.), ma solo al fine di far accertare l’abusività di clausole che possano sortire effetti sul decreto emesso.

La sentenza n. 9479/2023 introduce quindi delle novità nei procedimenti monitori di recupero del credito, che già per loro natura e nonostante l’istruttoria sommaria, rischiano di appesantire il lavoro dei tribunali

La grande varietà di clausole abusive potenzialmente inserite nei contratti, di certo non aiuta, così come non è di aiuto il vasto numero di materie che coinvolgono il consumatore in veste di debitore.

Tuttavia, da queste novità chi ne trae reale beneficio sembrerebbe essere proprio il consumatore, a cui – possiamo dire – verrà concessa un’ulteriore chance per eccepire la vessatorietà delle clausole del contratto di cui è parte ed evitare il recupero coattivo del credito in suo  danno.

In caso di procedimenti di recupero crediti o di esecuzione forzata, è fondamentale non sottovalutare la propria posizione  e i diritti che la legge garantisce ai consumatori. Se vi trovate di fronte a un decreto ingiuntivo o a un procedimento esecutivo, potrebbero esserci clausole contrattuali vessatorie che aprono la strada a possibili difese efficaci. Invitiamo chiunque si trovi in questa situazione a non rimanere inattivo e a rivolgersi immediatamente a un avvocato esperto in materia di recupero crediti e tutela del consumatore.

Riproduzione riservata ©
Data di pubblicazione: 26 Marzo 2024

Pablo Lo Monaco

Laureato presso l’Università di Milano-Bicocca, praticante Avvocato appassionato di litigation e risarcimento del danno.
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