La perizia non basta: è dovere degli amministratori valutarne coerenza e attendibilità.
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Gli amministratori di S.r.l. possono davvero affidarsi ciecamente alla perizia di stima nei conferimenti in natura? La sentenza del Tribunale di Venezia n. 842/2024 chiarisce che, anche in assenza di un richiamo espresso all’art. 2343, comma 3, c.c., gli amministratori restano tenuti a un controllo attivo sulla perizia giurata. Il giudice sottolinea che la diligenza ex art. 2392 c.c. impone loro di leggere la relazione e rilevare eventuali incongruenze evidenti, secondo le proprie competenze. L’articolo analizza il fondamento normativo, il ruolo della metodologia valutativa e le implicazioni concrete per la responsabilità degli organi di gestione nelle S.r.l.
Nel caso esaminato dal Tribunale di Venezia con sentenza n. 842/2024, una società in amministrazione straordinaria ha promosso un’azione legale contro i membri del proprio Consiglio di Amministrazione e, congiuntamente, contro la società di revisione incaricata di stimare il valore di un ramo d’azienda. Quest’ultimo era stato conferito dalla società controllante, titolare del 100% delle quote della conferitaria. Al centro della controversia si colloca la valorizzazione di un credito pari a € 5.763.613,00, che il ramo d’azienda conferito avrebbe vantato nei confronti della stessa controllante.
L’inquadramento giuridico della vicenda richiede un richiamo preliminare al quadro normativo sui conferimenti in natura nelle società a responsabilità limitata, disciplinato dagli articoli 2464 e 2465 del Codice civile.
L’articolo 2464, secondo comma, c.c. stabilisce che:
«Possono essere conferiti tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica».
L’articolo 2465, primo comma, c.c. prevede che:
«Chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare la relazione giurata di un revisore legale o di una società di revisione legale iscritti nell’apposito registro. La relazione, che deve contenere la descrizione dei beni o crediti conferiti, l’indicazione dei criteri di valutazione adottati e l’attestazione che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale soprapprezzo, deve essere allegata all’atto costitutivo».
Un punto particolarmente rilevante emerge dal terzo comma dell’art. 2465, il quale richiama solo parzialmente l’art. 2343 c.c. Infatti, viene menzionato il secondo comma dell’art. 2343, che prevede la responsabilità dell’esperto per eventuali danni arrecati alla società, ai soci o ai terzi. Non viene invece richiamato il terzo comma della stessa norma, che nel caso delle S.p.A. impone espressamente agli amministratori un dovere di verifica delle valutazioni contenute nella relazione giurata.
L’articolo 2343, secondo comma, c.c. dispone:
«L’esperto risponde dei danni causati alla società, ai soci e ai terzi».
L’articolo 2343, terzo comma, c.c., invece, stabilisce:
«Entro centottanta giorni dalla iscrizione della società nel registro delle imprese, gli amministratori devono controllare le valutazioni contenute nella relazione di cui al primo comma. Se ritengono che esse siano manifestamente inattendibili, devono procedere alla revisione della valutazione stessa».
È proprio questa mancanza di richiamo espresso che ha costituito uno dei nodi interpretativi centrali affrontati dal Tribunale, il quale è stato chiamato a decidere se e in che misura tale obbligo possa ritenersi operante anche nelle S.r.l.
Il Tribunale di Venezia ha respinto la difesa degli amministratori, che invocavano un legittimo affidamento nella perizia di stima. Secondo il giudice, non basta che la relazione provenga da un professionista abilitato: è necessario che essa sia tecnicamente solida e metodologicamente rigorosa, pena la responsabilità degli stessi amministratori.
La sentenza afferma testualmente che «gli amministratori, nell’esercizio della diligenza loro propria, sono tenuti alla lettura della relazione e al rilievo di eventuali errori che loro siano, in relazione alle loro competenze, evidenti». È un passaggio chiave. Il Tribunale adotta qui un’interpretazione sistematica degli artt. 2465 e 2392 c.c., valorizzando il principio generale di diligenza qualificata che grava sugli amministratori, anche in assenza di un obbligo espresso come quello previsto per le S.p.A.
Ne deriva un principio importante: la qualità della perizia può attenuare la responsabilità degli amministratori, ma non sostituirsi al loro dovere di controllo minimo. Solo una perizia redatta con criteri valutativi oggettivi, completa nelle analisi, coerente nella metodologia e supportata da riscontri documentali verificabili, può costituire un vero scudo protettivo per chi amministra.
In sintesi, l’accuratezza della perizia non esonera dal controllo, ma ne rafforza il valore difensivo. Più la perizia è scrupolosa, minore sarà l’esposizione degli amministratori a responsabilità personali in caso di successiva svalutazione o contestazione del conferimento.
Uno degli aspetti più significativi della sentenza riguarda l’analisi svolta dal Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), incaricato dal Tribunale. La relazione del CTU ha messo in luce gravi criticità metodologiche nella valutazione del ramo d’azienda conferito. Si tratta di problematiche che non sono semplici imperfezioni tecniche, ma veri e propri vizi concettuali che hanno inciso in modo determinante sul valore attribuito al conferimento.
Tre le carenze principali riscontrate:
Il Tribunale ha fatto proprie queste considerazioni, sottolineando che la scelta della metodologia valutativa non è mai una questione neutra. In particolare, quando si tratta di stimare l’avviamento, è necessario considerare il criterio del minor valore, cioè il confronto tra:
Una perizia che ignori questi parametri, o che li applichi in modo distorto, mina la validità dell’intero conferimento. Il rispetto dei principi di valutazione aziendale diventa allora un requisito sostanziale, a presidio dell’integrità del capitale sociale.
La sentenza ribadisce che gli errori metodologici non sono mai neutri sotto il profilo della responsabilità. Gli articoli 2343, comma 2, e 2392 c.c. impongono a amministratori e periti valutatori obblighi di comportamento stringenti.
In particolare, l’art. 2392 c.c. stabilisce che:
«Gli amministratori devono adempiere ai doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze.»
Ciò significa che l’amministratore non può semplicemente recepire il contenuto della perizia: deve valutarne la logicità interna, la congruità metodologica, l’aderenza alle condizioni concrete dell’operazione. In mancanza, risponde verso la società in caso di danno.
Giuseppe Ben Messaoud