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Le immagini generate con l’intelligenza artificiale offrono un potenziale creativo immenso, ma l’uso commerciale di questi contenuti solleva numerosi interrogativi. Chi detiene i diritti sulle immagini create dall’IA? È possibile tutelarle con il copyright o con altre forme di protezione come marchi e design? Questo articolo esplora i rischi e le opportunità legati alla creatività AI-assisted, analizzando le implicazioni legali, le policy delle piattaforme e le strategie per sfruttare in sicurezza il potenziale di queste tecnologie innovative.
L’intelligenza artificiale (AI), che fino a qualche anno fa rappresentava una scelta, è ormai diventata una necessità. Per restare competitivi, aziende e professionisti devono accelerare, integrando questi strumenti nei loro processi produttivi. Ma qual è il prezzo di questa accelerazione? E come siamo arrivati a questo punto?
Il successo delle tecnologie di AI generativa si basa, almeno in parte, su un “debito creativo” nei confronti degli autori. Come discusso nel mio articolo dell’11 ottobre 2022 (“Intelligenza Artificiale: il silenzioso sfruttamento delle opere degli autori”), l’addestramento dei modelli AI avviene utilizzando opere protette da copyright, quasi sempre senza il consenso dei loro creatori.
Le immagini coperte da copyright vengono integrate nei dataset utilizzati per addestrare gli algoritmi. Successivamente, gli output di questi processi – le immagini artificiali – finiscono per competere direttamente con quelle degli autori.
Paradossalmente, è stata proprio la Direttiva Copyright (Direttiva 2019/790/UE), che avrebbe dovuto tutelare i creatori, a introdurre il meccanismo di opt-out. La direttiva ha chiesto agli autori umani di dichiarare espressamente, attraverso credits leggibili dalle macchine, che le loro opere erano protette e riservate, e che pertanto non intendevano concedere l’autorizzazione all’addestramento dell’AI. In caso contrario, il materiale sarebbe stato automaticamente considerato utilizzabile. Questo sistema, tuttavia, ha imposto un onere sproporzionato agli autori umani (per un’analisi più dettagliata degli articoli 3 e 4 della direttiva, rimando al mio commento nell’articolo citato sopra).
Per quanto riguarda le finalità di ricerca, la direttiva prevede un’eccezione piena al copyright (art. 3). Un esempio clamoroso di questa eccezione è rappresentato dalla sentenza del Tribunale di Amburgo del 27 settembre 2024. In quel caso, è stato dichiarato conforme alla normativa vigente l’utilizzo delle foto del fotografo Robert Kneschke, chiaramente protette da copyright, per addestrare il modello Laion.
La corte ha classificato questa attività come “ricerca”, nonostante il modello fosse poi sfruttato da terzi (ad esempio, Stable Diffusion e Stability AI) per scopi commerciali. Questo caso solleva tardivamente interrogativi importanti: dove finisce la ricerca scientifica e inizia lo sviluppo speculativo? Sono domande complesse, che superano lo scopo di questo articolo, ma che meritano una riflessione più ampia (ne ho parlato anche su LinkedIn).
La realtà è che l’opt-out si scontra con limiti pratici insormontabili. Chi controlla il rispetto di questo diritto? Attualmente, non esiste un sistema centralizzato di sorveglianza, né sanzioni adeguate per scoraggiare gli abusi.
L’onere di individuare e dimostrare eventuali violazioni ricade interamente sugli autori. Inoltre, quanto costa opporsi? Intraprendere un’azione legale contro grandi aziende tecnologiche è economicamente e logisticamente proibitivo per un singolo autore. Il risultato? Questa situazione ha consolidato il potere delle aziende tecnologiche, che possono sfruttare opere creative su larga scala senza temere conseguenze significative (vedi anche: Tecnomachia: dal mito della libertà digitale alla sovranità tecnologica – Canella Camaiora).
Solo successivamente, il Regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale (AI Act) ha cercato di introdurre obblighi di trasparenza per chi sviluppa e utilizza sistemi AI, tentando di bilanciare queste disparità.
Tuttavia, come ho già illustrato nell’articolo “L’AI Act ha ucciso il Copyright? Riflessioni sul plagio nell’era dell’AI”, principi come accountability e trasparenza non possono essere considerati la panacea di tutti i mali. La formulazione dell’art. 53 – che impone di “rendere pubblicamente disponibile una sintesi sufficientemente dettagliata dei contenuti usati per l’addestramento del modello AI generativa” – sfiora i limiti del parossismo: cosa significa, infatti, “sufficientemente dettagliata”?
L’AI Act si concentra sugli aspetti tecnici e rinvia alle normative sul copyright e al sistema dell’opt-out, dimenticando che gli autori, per restare competitivi, sono stati costretti a integrare l’AI nei loro processi creativi (una sentenza del Tribunale di Pechino ha utilizzato una metafora che ha fatto discutere: l’AI è come un pennello. Gli autori umani restano al centro, ma devono padroneggiarla come uno strumento). Questo li ha costretti non solo a fronteggiare una concorrenza senza precedenti, ma anche a investire nell’acquisto e nell’apprendimento di tecnologie innovative.
Alla fine, però, oggi ci troviamo ancora di fronte a una paradossale incertezza normativa: quali tutele spettano agli autori che utilizzano strumenti di AI per creare opere? Se un autore umano sfrutta l’intelligenza artificiale per realizzare un’immagine, ha diritto di rivendicare la paternità dell’opera e ottenere le relative tutele? Oppure il suo contributo creativo viene annullato dalla natura stessa dello strumento, che non garantisce originalità?
Questo nodo rimane irrisolto e assume particolare rilevanza per l’uso commerciale delle immagini generate da AI. È possibile utilizzare queste immagini senza rischi legali, o c’è ancora un vuoto normativo che espone autori e utilizzatori a possibili controversie?
Nel prossimo paragrafo, cercheremo di chiarire chi, tra le piattaforme e gli utenti, può detenere i diritti sulle immagini AI e come affrontare con maggiore sicurezza le implicazioni legali di questo nuovo panorama creativo.
Chi è il titolare di un’immagine generata dall’AI? Appartiene all’utente oppure il merito va riconosciuto a chi ha progettato l’algoritmo o possiede i dataset utilizzati?
Senza una disciplina normativa chiara, queste domande restano senza risposte univoche, trasformandosi in terreno fertile per dubbi e incertezze. Le principali piattaforme AI, però, hanno definito regole proprie attraverso i loro termini di servizio, stabilendo anche modelli economici che condizionano i diritti di sfruttamento commerciale delle immagini e, come conseguenza, il loro valore economico.
Ecco una panoramica delle principali piattaforme e delle loro politiche:
Le piattaforme AI non possono però conferire il diritto d’autore, perché solo il legislatore può stabilire le condizioni per cui un’opera possa essere tutelata tramite il c.d. Copyright.
Quello che fanno – abbastanza univocamente – le piattaforme è stabilire nei loro termini di servizio che qualora ci siano diritti d’autore applicabili agli output generati, questi spettano all’utente. Tuttavia, ottenere e mantenere questi diritti richiede il rispetto di alcune condizioni:
È importante ricordare che, in molti casi, gli output generati potrebbero somigliare ad altre opere o a immagini create da altri utenti. Di conseguenza, anche agendo in buona fede, esiste il rischio di controversie. Insomma, conoscere e rispettare le policy delle piattaforme è solo la base ma non è sufficiente: è necessario anche considerare le implicazioni del diritto d’autore, del diritto dei marchi, del diritto d’immagine e del rischio di concorrenza sleale.
Questo perché, nonostante le piattaforme trasferiscano i diritti d’autore all’utente (laddove esso nasca), esse scaricano su di lui ogni responsabilità relativa all’uso commerciale degli output generati.
Ad esempio, come ho recentemente sottolineato in mio post su LinkedIn, ChatGPT ha cominciato ad adottare una content policy molto più rigorosa, che impedisce la riproduzione diretta dello stile di artisti viventi o di opere protette da copyright. Quando ho chiesto di generare un’immagine nello stile di Tim Burton, la risposta della macchina è stata:
“Non sono in grado di generare un’immagine nello stile di Tim Burton a causa della nostra content policy, che non consente di replicare direttamente lo stile di artisti viventi o di coloro il cui lavoro è ancora protetto da copyright. Se desideri, posso creare un’illustrazione ispirata a un’estetica gotica o fantastica con dettagli unici che richiamino un’atmosfera simile.”
La macchina, quindi, non si è limitata a negare la possibilità di replicare lo stile, ma ha proposto un’alternativa creativa, rispettando i limiti legali ma aggirando in modo strategico l’ostacolo (per approfondire: Quando riprodurre lo stile altrui è plagio? – Canella Camaiora e “Aesthetic”: la tutela dello stile sui social, tra copyright, design e concorrenza sleale – Canella Camaiora).
Secondo quanto riportato da Alberto Puliafito in un articolo su Internazionale del 9 dicembre 2024, gli autori, semplicemente esercitando il proprio diritto di opposizione ai sensi del GDPR, possono impedire che il loro nome venga utilizzato nei prompt delle IA. A ben vedere, questa possibilità ha aperto un nuovo fronte per proteggere i propri diritti IP nella generazione di contenuti AI (cfr. La lista dei nomi proibiti dall’intelligenza artificiale – Alberto Puliafito – Internazionale – 9 dicembre 2024).
Al contrario, piattaforme come Aurora di X (ex Twitter), descritte nell’articolo di HDblog, adottano un approccio molto più permissivo, per non dire spregiudicato, permettendo la generazione di immagini fotorealistiche di personaggi protetti da copyright o altre figure pubbliche, senza filtri stringenti (cfr. X lancia Aurora: il nuovo generatore di immagini AI che sfida i limiti etici – HDblog.it). Tuttavia, in Europa, un approccio così permissivo potrebbe esporre tanto gli utenti quanto la piattaforma a responsabilità in caso di violazioni.
Detto questo, la domanda centrale resta aperta: le immagini generate con l’ausilio di strumenti AI possono sono tutelate con il Copyright? E, soprattutto, quali sono le condizioni per ottenere l’esclusiva commerciale sulle immagini?
Checché se ne dica, la generazione di (belle) immagini tramite intelligenza artificiale segue un processo articolato che coinvolge l’uso di descrizioni testuali (prompt) o la rielaborazione di immagini preesistenti. Non si tratta di un’operazione sempre banale o meccanica: il percorso creativo può essere paragonato a quello tradizionale, fatto di studi preliminari, bozze e modifiche successive.
Questo percorso creativo, in effetti, diventa fondamentale per dimostrare l’apporto umano necessario a ottenere un riconoscimento giuridico. Ma la domanda resta la stessa: esiste davvero il copyright su queste immagini AI-generated?
Il prompt, o insieme di comandi testuali, è il cuore del processo di creazione con IA. Non si limita a un singolo “comando”, ma si sviluppa in un percorso iterativo, durante il quale l’utente esplora diverse possibilità creative. L’originalità e la complessità di questo iter rappresentano il contributo umano che potrebbe rendere un’opera idonea alla tutela del diritto d’autore.
Ad esempio:
Questo è il ragionamento, ad esempio, seguito dalla già citata sentenza di Pechino, che paragona l’IA a un pennello, ossia a uno strumento nelle mani dell’artista, così come quello seguito dalla nostra Suprema Corte con riferimento alla Digital Art. La Cassazione non ha escluso la tutelabilità di un’opera solo perché realizzata avvalendosi di un software (il caso era quello di Sanremo 2014 e della sua scenografia, rivelatasi un plagio, ne parlo qui: Software e creatività: la Suprema Corte sulla tutelabilità della digital art – Canella Camaiora).
Di questi tempi, tuttavia, stiamo assistendo a una sostanziale spaccatura tra UE e US.
Da noi, in Europa, lo sforzo creativo umano non esclude la tutelabilità del Copyright. Lo chiarisce anche la bozza del DDL sull’intelligenza artificiale che prevede la modifica dell’art. 1 della Legge sul diritto d’autore parlando della tutela di opere… anche laddove create con l’ausilio di strumenti di intelligenza artificiale, purché il contributo umano sia creativo, rilevante e dimostrabile (approfondisci: Il DDL italiano sull’IA e la tutelabilità della “creatività artificiale” – Canella Camaiora, 10 maggio 2024, bisogna anche sottolineare che questo DDL è attualmente in stallo, ne parla Wired Che fine ha fatto il DDL sull’intelligenza artificiale, 6 gennaio 2025).
Negli Stati Uniti, invece, il Copyright Office ha un approccio totalmente inverso. Le opere generate dall’IA non sono tutelate, poiché mancherebbe il requisito della rielaborazione umana. Ma quali sono i casi più significativi che tracciano questo orientamento in US?
Immagine tratta dalla lettera ufficiale del US Copyright Office sul caso ‘Zarya of the Dawn’ di Kristina Kashtanova.
“Théâtre D’opéra Spatial” l’opera controversa creata da Jason Allen con MidJourney
Allen paragona l’IA a uno strumento, in linea con il ragionamento della sentenza di Pechino, secondo cui l’IA è solo il mezzo con cui l’artista realizza la propria visione: il processo creativo non differisce da quello di un pittore che utilizza un pennello o di uno scultore che impiega strumenti di modellazione. L’intelligenza artificiale, in questo contesto, è semplicemente uno strumento esecutivo che permette all’artista di tradurre in realtà l’immagine che ha in mente. Senza la guida, le scelte e le correzioni costanti dell’autore, l’opera non esisterebbe nel mondo reale come è stata immaginata e concepita dall’autore.
Anche il Copyright Office americano, comunque, non dimostra certezze assolute e si sta interrogando su questi temi come attesta il rapporto “Copyright and Artificial Intelligence, Part 1: Digital Replicas“, pubblicato il 31 luglio 2024.
Lo U.S. Copyright Office, infatti, con una lettera del 16 dicembre 2024 aggiorna il Congresso sullo stato del rapporto dedicato alle questioni di copyright sollevate dall’intelligenza artificiale (IA). La Parte 2 del rapporto, sulla proteggibilità mediante copyright degli output generati da IA, era prevista subito dopo le festività di Capodanno, mentre la Parte 3, dedicata all’analisi delle questioni legali legate all’uso di opere protette da Copyright per addestrare i modelli di IA (incluse le considerazioni sulle licenze e sulle responsabilità correlate), dovrebbe essere pubblicata entro il primo trimestre del 2025.
Questi rapporti potrebbero indirizzare un quadro più chiaro per il futuro della tutela legale delle opere AI-generated, partendo proprio dagli Stati Uniti.
In Europa, come abbiamo visto e in linea con la visione di Allen, pare comunque esserci maggiore apertura verso la tutela di opere ibride, purché l’apporto umano sia documentato e significativo.
Strano, comunque, porsi questa domanda nel 2025, visto che siamo ormai circondati da immagini artificiali. Imprese e professionisti stanno investendo molto in questa direzione. Vediamo quindi come comportarsi e come tutelare il frutto della creatività AI-Assisted.
Le immagini generate dall’intelligenza artificiale rappresentano un’opportunità straordinaria per imprese e professionisti, ma il loro utilizzo a fini commerciali è tutt’altro che privo di rischi. Per evitare quelli più eclatanti e massimizzare la tutela, gli operatori devono agire con prudenza e adottare strategie precise. Tiriamo le somme di questo lungo articolo con alcune pratiche linee guida:
1. Tenere traccia dell’intero iter creativo. Annotare ogni fase del processo, dai prompt iniziali alle modifiche successive, è fondamentale. Oltre a dimostrare l’apporto umano, può risultare cruciale per provare l’originalità dell’opera in caso di contestazioni, sia per violazioni del diritto d’autore che per accuse di concorrenza sleale.
2. Verificare eventuali somiglianze con opere preesistenti. Prima di immettere un’immagine AI-generated sul mercato, è indispensabile controllare che non somigli a opere già protette da copyright o marchi registrati. Come ricordato nel mio articolo “Quando riprodurre lo stile altrui è plagio?”, anche una somiglianza non intenzionale può portare a controversie legali, soprattutto in ambito commerciale.
3. Essere chiari nei contratti professionali. Per le agenzie e i creatori che utilizzano l’intelligenza artificiale, è essenziale informare i committenti sull’impiego di questi strumenti. Questo evita malintesi e protegge entrambe le parti da eventuali conseguenze lesive. Come studio, abbiamo già introdotto questa accortezza nei contratti professionali, prevedendo clausole specifiche per tutelare sia chi commissiona il lavoro, sia chi lo esegue.
4. Prestare attenzione al rischio di concorrenza sleale e parassitismo. L’immissione sul mercato di immagini AI-generated simili a quelle di altri professionisti e/o imprese potrebbe comportare accuse di concorrenza sleale. È essenziale valutare con attenzione l’impatto delle proprie creazioni, soprattutto in settori altamente competitivi.
5. Considerare la registrazione di immagini come marchi o design. Se le immagini AI-generated vengono utilizzate per scopi commerciali, come loghi, motivi decorativi per prodotti tessili, interfacce grafiche o elementi di packaging, la loro registrazione come marchio o design può offrire un livello di tutela più elevato.
La registrazione non solo protegge l’opera, ma crea valore economico aggiunto, rendendola trasferibile o licenziabile a terzi e garantendo una difesa robusta contro eventuali contraffazioni.
6. Rimanere aggiornati sugli sviluppi normativi. Il quadro normativo è in continua evoluzione, con divergenze significative tra Europa e Stati Uniti. Non essere aggiornati potrebbe portare alla non conformità con le regole emergenti, mettendo a rischio l’intero processo creativo, generando un pericoloso effetto domino.
Il futuro della regolamentazione, come dimostrato dal rapporto del Copyright Office americano e dal DDL italiano sull’intelligenza artificiale, è ancora incerto, ma è evidente che si stanno delineando nuove regole che potrebbero trasformare il panorama legale.
L’intelligenza artificiale è uno strumento potente, capace di ampliare i confini della creatività, ma richiede un uso consapevole. Le opportunità offerte dalla creatività assistita dall’IA devono essere bilanciate da una gestione responsabile, che tenga conto dei rischi legali e delle implicazioni pratiche.
Imprese e professionisti che vogliono utilizzare immagini AI-generated per fini commerciali devono adottare un approccio coraggioso, ma prudente, che includa: la documentazione dell’intero iter creativo, la verifica delle potenziali somiglianze con opere preesistenti e i confini con altri diritti d’immagine e ip, come marchi e design. I contratti, soprattutto, con clienti e fornitori, vanno aggiornati. Solo così sarà possibile sfruttare il potenziale dell’intelligenza artificiale senza incorrere in rischi o controversie legali.
Avvocato Arlo Canella