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Paladini degli autori o “bullismo” digitale: il business delle diffide per la riscossione del Copyright

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Arlo Canella
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In un web sempre più affollato di contenuti, diverse startup, società specializzate e “agenzie di riscossione” stanno trasformando le controversie sul Copyright in un business redditizio. Questo mio approfondimento si sforza di comprendere meglio e approfondire questo fenomeno in ascesa.

L’ascesa delle delle “agenzie di riscossione” del Copyright

Hai già ricevuto una diffida per l’uso non autorizzato di immagini o altri materiali protetti dal copyright? Se la risposta è no, sei tra i pochi rimasti. Questo fenomeno, infatti, sta crescendo rapidamente: sempre più titolari di siti web, dai piccoli blog alle grandi aziende, ricevono richieste di risarcimento per presunte violazioni di copyright su fotografie e illustrazioni. E lo sappiamo bene, essendo avvocati attivi nel settore dell’IP, grazie a quanto ci riferiscono i nostri clienti.

A capo di questa nuova ondata di rivendicazioni ci sono agenzie di riscossione come, ad esempio, Copytrack, Pixsy e ImageRights, che operano per conto di creatori di contenuti e fotografi. Queste startup hanno sviluppato un business scalabile basato su algoritmi avanzati di riconoscimento delle immagini, che setacciano il web per rilevare utilizzi non autorizzati delle opere dei loro clienti. Quando trovano una violazione, inviano automaticamente diffide e richieste di pagamento per una “licenza retroattiva”, spesso chiedendo somme significative.

Queste agenzie si presentano come paladini dei diritti d’autore in un mondo in cui il web 2.0 ha democratizzato l’accesso ai contenuti ma ha anche facilitato l’uso senza permesso di immagini e opere creative. Tuttavia, c’è chi critica queste pratiche come una forma di “bullismo digitale”, un’accusa alimentata dalle richieste di risarcimento standardizzate e dalle minacce legali che possono sembrare sproporzionate rispetto al danno effettivo.

Il business delle diffide per la protezione del copyright online sta crescendo: si stima che il mercato globale supererà i 4 miliardi di dollari entro il 2027, con un tasso di crescita del 12,6% annuo (si v. “Digital rights management market, application, deployment mode, vertical, organization size and region – Global forecast to 2027” su marketsandmarkets.com ma anche “Copyright licensing market outlook (2024 to 2034)” su Factmr.com e, infine, “Global Copyright Licensing Market Size” su Globalmarketestimates.com). Questo boom è spinto sia dalla diffusione dei contenuti digitali che dalla maggiore consapevolezza dei creator riguardo alla necessità di proteggere le proprie opere. Ma come funziona esattamente questo modello di business? Scopriamolo insieme.

Copyright, algoritmi e diffide: il modello di business delle agenzie di riscossione

Come trasformano le violazioni del copyright in un business redditizio? Tutto parte da algoritmi di riconoscimento delle immagini (non necessariamente avanzati) che scandagliano il web alla ricerca di contenuti protetti dai loro clienti: fotografi, illustratori e creator. Gli algoritmi individuano automaticamente l’uso non autorizzato e, una volta rilevata una possibile violazione, parte il processo:

  1. Diffida standardizzata: l’utilizzatore riceve una richiesta di risarcimento per una “licenza retroattiva”, che può variare da poche centinaia a migliaia di euro.
  2. Minacce legali: se il destinatario non paga, si alza la pressione con minacce di cause legali, spesso in tribunali esteri, sfruttando la paura di costi, complicazioni e maggiori oneri.

In sostanza, le agenzie agiscono come “sceriffi digitali” che pattugliano il Web in cerca di trasgressori, ma spesso è il profitto a condurre il gioco. Queste agenzie trattengono una percentuale di ogni risarcimento ottenuto, quindi più grande è l’importo, maggiore è il loro guadagno. Ecco perché puntano sempre al massimo risarcimento possibile, anche in casi di illeciti minori o addirittura dubbi.

Il loro modello di business è simile a quello della maggior parte delle agenzie di recupero crediti. Questo approccio, però, funziona meglio perché spesso si avvantaggia di un gap culturale o economico tra chi invia la diffida e chi la riceve.

Mentre alcuni le considerano paladine dei diritti d’autore, altri le accusano di essere semplicemente “bulli digitali” con un approccio sistematico e aggressivo. Recentemente, una di queste agenzie, Copytrack, è stata oggetto di indagine dell’AGCM italiana. Vediamo esattamente cosa è accaduto.

Perché è scorretto parlare di "bullismo legale"?

Le pratiche di Copytrack sono sotto la lente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) italiana, che sta verificando la correttezza delle modalità operative delle agenzie di riscossione del Copyright, come indicato nel bollettino n.  48 del 18 dicembre 2023. Un caso simile ha coinvolto Photoclaim sp.zo.o., accusata di pratiche commerciali scorrette, come l’invio di richieste di risarcimento intimidatorie a micro-imprese, minacciando azioni legali presso tribunali esteri.

Questi casi sollevano la domanda: cosa rende sospetta una richiesta di risarcimento? Ci sono alcuni elementi chiave:

  • Richieste sproporzionate rispetto al danno effettivo, senza giustificazioni e dettagli (si v. “Il calcolo del risarcimento per l’utilizzo di fotografie ‘semplici’ altrui”).
  • Minacce di azioni legali presso tribunali esteri, i costi e le complicazioni legali.
  • Mancanza di chiarezza sulla titolarità dei diritti d’autore e sul mandato delle agenzie.
  • Omissione di informazioni sulle eccezioni legali che potrebbero legittimare l’uso contestato.

Secondo l’AGCM, le pratiche di alcune agenzie di riscossione potrebbero risultare aggressive e ingannevoli, violando potenzialmente gli articoli 20, 24 e 25 del Codice del Consumo italiano. Tuttavia, non risulta ancora alcun accertamento definitivo o sanzione nei confronti di Copytrack. 

L’intento di massimizzare i profitti invece di tutelare i diritti d’autore ha portato alcuni destinatari a parlare di “bullismo legale“, ma il termine è fuorviante. I diritti degli autori, anche economici, sono protetti dalla legge e dalle convenzioni internazionali, e la diffida rappresenta il modo più blando per tutelarli (per approfondire: “Quando agire per abuso di foto, riprese video o immagini?”). 

La differenza, però, la fanno le modalità di esercizio: una diffida può passare da lecita a intimidatoria o aggressiva a seconda del tono e della chiarezza con cui viene formulata (si v. anche  “The future of criminal enforcement of Copyright: the promise of civil enforcement” di M. Marcowitz-Bitton, O. Fischman-Afori e H. Billauer su George Mason Law Review).

Anche se alcune richieste possono sembrare ingiuste, quando la violazione del copyright è comprovata, queste sono legittime. Altrimenti, si rischia di indebolire la protezione dei diritti degli autori, già messa a dura prova dalla diffusione delle tecnologie di Intelligenza Artificiale (per approfondire: “Intelligenza Artificiale: il silenzioso sfruttamento delle opere degli autori”). 

È essenziale distinguere tra pratiche abusive e il giusto esercizio dei diritti d’autore, evitando di considerare ogni richiesta come esorbitante, soprattutto quando rivolta a soggetti professionali (si v. anche: “Rendiconto semestrale, adeguamento dei compensi e tutela degli autori ‘la delibera AGCOM 95/2024’”). Questo equilibrio è determinante per proteggere il copyright e incentivare la creazione di nuove opere.

Nel prossimo paragrafo, analizzeremo le eccezioni al diritto d’autore che possono proteggere chi utilizza in buona fede e in modo legittimo opere coperte da copyright.

Quando è giusto rifiutarsi di pagare: le eccezioni al diritto d’autore

Ricevere una richiesta di risarcimento per violazione del copyright può generare un dilemma: pagare subito per evitare complicazioni o contestare la legittimità e l’importo della richiesta. La decisione dipende da vari fattori, come la natura dell’immagine, l’uso che se ne fa, le prove disponibili, la natura dell’utilizzatore (profit o non profit) e la legittimità della richiesta.

Un primo passo fondamentale è verificare se l’uso dell’immagine rientra nelle eccezioni previste dalla legge italiana sul diritto d’autore. L’articolo 70 della legge n. 633 del 1941, ad esempio, consente l’uso gratuito di immagini a bassa risoluzione per fini didattici o scientifici, purché non a scopo di lucro. Se l’immagine è usata in contesti come articoli di divulgazione o progetti educativi, potrebbe esserci una base solida per contestare la richiesta. Anche l’uso a fini di citazione, critica, recensione, e parodia è consentito. La Direttiva Copyright ha chiarito la legittimità di questi usi, includendo i “meme” sotto l’eccezione dell’art. 102-nonies (si v. “Cosa possiamo aspettarci dall’attuazione italiana della direttiva Copyright”). Per un’analisi dettagliata delle eccezioni al copyright, si veda l’articolo di Pablo Lo Monaco per Canella Camaiora,  “Violazione del copyright ed eccezioni: guida breve per gli autori”.

Attribuire correttamente il credito all’autore dell’opera è fondamentale: indicare chiaramente la fonte e la licenza dimostra la buona fede dell’utilizzatore. In alcuni casi, l’uso di fotografie “semplici” senza attribuzione può essere considerato legittimo (per approfondire:  “Posso utilizzare una fotografia trovata sul Web?”).

Un altro punto essenziale è la congruità della richiesta di risarcimento. Come discusso in un mio precedente articolo, è essenziale stimare il danno reale subito dal titolare dei diritti (si v. “Il calcolo del risarcimento per l’utilizzo di fotografie ‘semplici’ altrui”). Se la cifra richiesta è sproporzionata rispetto al valore di mercato, alle tabelle SIAE o ai precedenti giudiziari, contestare la richiesta potrebbe essere giustificato.

È altrettanto importante verificare la legittimità dell’agenzia o dell’avvocato che ha trasmesso la diffida. È necessario che il richiedente abbia un mandato effettivo per agire in nome del titolare dei diritti d’autore. In mancanza di questa prova, la richiesta potrebbe essere infondata. Tuttavia, se la violazione esiste, è fondamentale trovare un accordo ragionevole, poiché ignorare la richiesta potrebbe portare a un giudizio con condanna al risarcimento dei danni, inclusi i danni morali, oltre alle spese legali.

Come detto, decidere se pagare o difendersi dipende dalle specificità del caso, dalla congruità della richiesta e dalla legittimità del richiedente. Non tutti gli utilizzi non autorizzati sono necessariamente abusivi. Una valutazione attenta di questi elementi consente di prendere decisioni informate, evitando richieste esorbitanti e tutelando i propri diritti.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 9 Settembre 2024

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Avv. Arlo Cannela

Avvocato Arlo Canella

Managing Partner dello studio legale Canella Camaiora, iscritto all’Ordine degli Avvocati di Milano, appassionato di Branding, Comunicazione e Design.
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