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Know-how commerciale: come tutelarlo e reagire in caso di “furto”

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Gabriele Rossi
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Il know-how commerciale rappresenta un patrimonio strategico per ogni impresa, spesso minacciato da sottrazioni indebite o atti di concorrenza sleale. La sua protezione richiede una combinazione di strumenti normativi, contrattuali e operativi. Questo articolo esplora l’evoluzione della disciplina giuridica in Italia ed Europa, analizzando come i segreti commerciali siano tutelati dal Codice della Proprietà Industriale e dall’ordinamento europeo. Vengono inoltre illustrati i casi più comuni di sottrazione del know-how – come le azioni di dipendenti infedeli o partner sleali – e le strategie legali per ottenere risarcimenti e inibire la diffusione illecita delle informazioni riservate. Infine, vengono forniti consigli pratici su come prevenire tali rischi attraverso policy aziendali, strumenti contrattuali e misure di sicurezza. Una guida completa per difendere il know-how come vantaggio competitivo duraturo.

Know-how e segreti commerciali: la normativa italiana

Il concetto di know-how è stato introdotto formalmente nell’ordinamento italiano con la Legge n. 129/2004 sul franchising, che lo definisce come un insieme di conoscenze riservate caratterizzate da segretezza, sostanzialità e individuazione. Sebbene nato in un contesto specifico, quello del franchising, il know-how ha assunto rapidamente un ruolo centrale, contribuendo al riconoscimento di questo patrimonio come un asset intangibile dell’impresa.

Prima del 2004, il nostro ordinamento si riferiva genericamente al concetto di segreto aziendale, introdotto con il recepimento dell’Accordo TRIPS nel 1994 e inizialmente tutelato attraverso strumenti giuridici frammentati. Sul piano civile, la protezione era garantita indirettamente dall’articolo 2598 c.c., che vieta atti di concorrenza sleale, includendo il ricorso a mezzi non conformi alla correttezza professionale, come l’appropriazione indebita di informazioni riservate. Sul piano penale, l’articolo 623 c.p. puniva la rivelazione illecita di segreti professionali o aziendali, limitando però la tutela a casi specifici e subordinandola alla prova di un danno concreto.

Con l’entrata in vigore del Codice della Proprietà Industriale (CPI) nel 2005, il termine “segreto aziendale” è stato formalizzato nella disciplina giuridica, rappresentando inizialmente l’insieme di informazioni riservate oggetto di tutela. Tuttavia, con il Decreto Legislativo n. 63/2018, che ha recepito la Direttiva (UE) 2016/943, il termine è stato sostituito da segreto commerciale, per allinearsi agli standard internazionali e precisare meglio la portata della tutela.

Gli articoli 98 e 99 del CPI regolano i segreti commerciali, tutelandoli a condizione che:

  • siano segreti,
  • abbiano un valore economico derivante dalla loro riservatezza e
  • siano protetti attraverso misure adeguate.

Questa regolamentazione conferisce al titolare un diritto erga omnes, che consente di vietare a chiunque l’uso o la divulgazione illecita delle informazioni riservate, come confermato dalla giurisprudenza (Tribunale di Bologna, Sez. spec. propr. industr. ed intell., Ord., 28/09/2010).

La dottrina parla oggi di una “quasi privativa”, poiché, pur essendo generale, questo diritto non si applica a informazioni sviluppate autonomamente o ottenute tramite il reverse engineering (Cass. Penale, Sez. 5, 26 gennaio 2024, n. 3211). La normativa, completata dal Decreto Legislativo n. 63/2018, rappresenta un passo importante per rafforzare la protezione del know-how come strumento di competitività aziendale e innovazione.

La tutela del know-how in UE

Il concetto di know-how è stato formalmente riconosciuto in ambito europeo con il Regolamento CE 772/2004 sugli accordi di trasferimento di tecnologia, che lo definisce come un patrimonio di conoscenze pratiche derivanti da esperienze e prove, caratterizzato da segretezza, sostanzialità e individuazione. Questa definizione, già presente nei precedenti Regolamenti CE 85/556 e CE 88/4087 (ora abrogati), ha rappresentato un punto di riferimento per lo sviluppo della tutela del know-how nel contesto europeo. Il concetto è stato successivamente richiamato in numerose normative, fino a diventare centrale nella Direttiva UE 2016/943, che ha armonizzato la protezione contro l’acquisizione, l’utilizzo e la divulgazione illeciti di segreti commerciali tra gli Stati membri.

I trade secrets – termine che include anche il know-how – non costituiscono un diritto di proprietà intellettuale, ma sono protetti da una tutela specifica contro comportamenti illeciti, come l’appropriazione indebita. La Commissione considera inoltre lecito il reverse engineering, salvo che non sia espressamente vietato da accordi contrattuali.

Questo approccio europeo mira a bilanciare la tutela dei segreti commerciali con il principio della concorrenza, evitando restrizioni che possano limitare l’innovazione. La Commissione individua due principali scenari in cui il know-how gioca un ruolo centrale:

  1. Quando le informazioni non sono tutelabili tramite altre privative industriali, come nel caso di prassi operative, modelli di gestione, liste e dataset, ricette o formule segrete.
  2. Quando costituiscono una fase preliminare per ottenere altre forme di tutela, ad esempio per preservare le informazioni e la ricerca necessaria alla codifica di software, all’attuazione di un brevetto o di un’invenzione.

Sebbene la Commissione non limiti il valore del know-how a un ruolo preliminare, questa visione ha suscitato alcune critiche in rapporto alla prassi aziendale. Nella realtà, molte imprese considerano il segreto commerciale una strategia di tutela autonoma e duratura, spesso preferibile rispetto ad altre forme di protezione industriale, grazie alla sua durata potenzialmente illimitata e alla riservatezza intrinseca.

Definiti i fondamenti della normativa europea, è ora importante capire come le imprese possano applicare efficacemente questi principi per proteggere il proprio know-how.

Come reagire concretamente in caso di sottrazione del know-how

Le situazioni più frequenti di sottrazione del know-how sono spesso causate da dipendenti infedeli o partner commerciali sleali. Quando un collaboratore utilizza informazioni riservate per favorire un concorrente o avviare un’attività in proprio, i danni per l’azienda possono essere significativi. In questi casi è fondamentale una reazione rapida e decisa, come descritto nell’articolo “Quando gli ex dipendenti sottraggono il know-how: il caso “DeLorean” – Canella Camaiora“.

In caso di violazione, gli strumenti legali a disposizione permettono di ottenere inibitorie, risarcimenti e il blocco della diffusione illecita delle informazioni riservate. Tuttavia, per ridurre il rischio di queste situazioni, è fondamentale adottare policy aziendali preventive, come il rispetto dei doveri di riservatezza da parte dei dipendenti, approfonditi nell’articolo “Riservatezza aziendale: doveri dei dipendenti e sanzioni legali“.

Per una protezione efficace del know-how, si possono seguire i seguenti passaggi:

Infine, il know-how non rappresenta solo un asset strategico, ma può essere valorizzato anche dal punto di vista economico, classificandolo tra le immobilizzazioni immateriali del bilancio aziendale, se ne ricorrono i presupposti. Questo processo consente di trasformare un patrimonio intangibile in un elemento chiave per la crescita dell’impresa. Per maggiori dettagli sulla valutazione e la valorizzazione del know-how, è possibile consultare la sezione: Valutazione Know-How – Canella Camaiora – Proprietà Intellettuale).

La protezione del know-how richiede una strategia articolata e l’adozione di misure preventive mirate, ma consente di difendere l’impresa con forza in caso di violazioni. Prevenzione e reazione tempestiva sono i pilastri per garantire che il know-how continui a rappresentare un vantaggio competitivo duraturo.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 23 Dicembre 2024

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Gabriele Rossi

Laureato in giurisprudenza, con esperienza nella consulenza legale a imprese, enti e pubbliche amministrazioni.
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