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Cosa succede se non hai registrato il tuo marchio?

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Arlo Canella
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Cosa rischi se non registri il tuo marchio? Questo articolo esplora i limiti e i rischi connessi all’utilizzo di un marchio di fatto, una forma di tutela limitata prevista per i marchi non registrati. Analizziamo i vantaggi della registrazione del marchio, inclusa la protezione esclusiva su scala nazionale, e le difficoltà che il preutente può incontrare nel dimostrare il preuso e la notorietà del proprio segno distintivo. Viene approfondita la protezione residua offerta dall’art. 2598 n. 1 del Codice Civile, che consente di agire contro gli atti di concorrenza sleale per confusione, come l’adozione di segni distintivi altrui e l’imitazione servile. Tuttavia, emerge chiaramente che la registrazione del marchio rappresenta l’unico strumento realmente efficace per garantire una tutela certa e strategica a lungo termine.

Cosa rischi se non registri il tuo marchio?

Quando un marchio non viene registrato, si parla comunemente di “marchio di fatto”. Tuttavia, i marchi di fatto godono di una tutela giuridica limitata, lasciando il titolare esposto a rischi significativi (approfondisci: Il fenomeno dei marchi non registrati nel settore delle PMI – Canella Camaiora) .

Secondo la legge, il modo più efficace per assicurarsi il diritto esclusivo all’uso di un marchio è la sua registrazione. Lo stabilisce chiaramente l’art. 2569 del Codice Civile: “Chi ha registrato nelle forme stabilite dalla legge un nuovo marchio idoneo a distinguere prodotti o servizi ha diritto di valersene in modo esclusivo per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato”.

Il rischio maggiore per chi non registra il proprio marchio è che un altro soggetto possa depositare lo stesso marchio o uno confondibile prima di lui, acquisendone così i diritti esclusivi. In questo scenario, il primo utilizzatore del marchio, non essendo protetto da una registrazione valida, potrebbe vedersi impossibilitato a ottenere una registrazione successiva.

Inoltre, chi registra il marchio per primo gode di una presunzione di titolarità del diritto, estendendo la protezione sull’intero territorio nazionale.

La protezione del “marchio di fatto”: una tutela relativa

Sebbene il marchio di fatto sia tutelato, la sua protezione è limitata e relativa. L’art. 2571 del Codice Civile prevede infatti che “chi ha fatto uso di un marchio non registrato ha la facoltà di continuare ad usarne, nonostante la registrazione da altri ottenuta, nei limiti in cui anteriormente se ne è valso”. Questa norma sancisce un diritto di uso continuativo per chi abbia già utilizzato un marchio di fatto, ma solo entro i confini della notorietà e dell’uso territoriale preesistente.

Analogamente, l’art. 12 del Codice di Proprietà Industriale (CPI) vieta la registrazione di un segno come marchio qualora esso risulti identico o simile a un marchio non registrato ma già sufficientemente noto (art. 12, c. 1 CPI). Questo principio è volto a proteggere i diritti del preutente, ma solo se si riesce a dimostrare la notorietà del marchio non registrato.

La giurisprudenza conferma questi limiti: la Suprema Corte ha chiarito che “la tutela del marchio non registrato trova fondamento nella funzione distintiva che esso assolve in concreto, per effetto della sua notorietà presso il pubblico” (Cass. civ. Sez. I Sent., 13/05/2016, n. 9889 rv. 639807). Tuttavia, dimostrare l’ambito territoriale dell’utilizzo e la notorietà di un marchio di fatto in giudizio è un compito oneroso e complesso.

Per marchi di fatto poco noti o di rilevanza locale, la protezione si riduce ulteriormente: la legge non impedisce che altri soggetti possano utilizzare il marchio in aree diverse o ottenere una registrazione valida a livello nazionale.

La prevalenza del marchio registrato

La regola generale in tema di conflitto tra marchio di fatto e marchio registrato è chiara: chi ha utilizzato il marchio per primo ma non lo ha registrato può continuare a usarlo solo entro i limiti del preuso territoriale. Questo diritto, però, è subordinato alla capacità di dimostrare il preuso in giudizio, il che rappresenta una sfida significativa per il preutente.

Al contrario, il titolare di un marchio registrato gode di un diritto esclusivo valido su tutto il territorio nazionale, con la possibilità di sfruttare pienamente il proprio marchio senza le limitazioni territoriali che gravano sul marchio di fatto.

Questa situazione implica che il marchio di fatto sia una scelta accettabile solo per chi intende operare in un ambito puramente locale, senza espandersi oltre i confini di un mercato limitato. Tuttavia, in tutti gli altri casi – o, più realisticamente, sempre – risulta opportuno e strategico procedere con la registrazione del proprio marchio.

Un ulteriore elemento di forza del marchio registrato è costituito dalle presunzioni legali conferite dal certificato di deposito o registrazione, che attribuiscono al titolare una posizione di vantaggio. Queste presunzioni riguardano sia la validità del marchio, sia la sua proprietà in capo al registrante, rendendo la registrazione un investimento essenziale per la tutela e la crescita del proprio business.

Come difendere un nome non registrato? L’art. 2598 n. 1 e la concorrenza sleale

Non tutto è perduto per chi utilizza un nome o un marchio non registrato: l’art. 2598, n. 1, del Codice Civile offre una protezione contro gli atti di concorrenza sleale per confusione, riconoscendo tutela al marchio di fatto e ai segni distintivi atipici. Questa norma disciplina due ipotesi principali: l’adozione di nomi e segni distintivi altrui e l’imitazione servile.

La norma tutela l’attività imprenditoriale garantendo che i segni distintivi (come il marchio di fatto o la ditta irregolare) possano identificare chiaramente l’azienda come fonte dei prodotti o servizi. La legge vieta condotte che possano generare confusione circa la provenienza dei prodotti, causando uno sviamento della clientela (approfondisci: La presenza online delle imprese: dai nomi a dominio al “social commerce” – Canella Camaiora).

Questo principio vale anche per i segni atipici, come i domain name, che la giurisprudenza considera segni distintivi quando possiedono una capacità identificativa autonoma (v. anche: La scelta di un dominio Web può rivelarsi complicata: il caso “Stock” – Canella Camaiora)

La tutela, tuttavia, è subordinata alla dimostrazione della notorietà e all’accertamento del preuso del segno, che può risultare particolarmente complesso.

L’imitazione servile si configura come la pedissequa riproduzione della forma esteriore di un prodotto altrui, tale da creare confusione nel mercato. Non è sufficiente copiare un prodotto: è necessario che l’imitazione sia idonea a ingannare i consumatori e non sia giustificata da esigenze funzionali o strutturali (Quando l’imitazione di un prodotto è illecita? ll Tribunale di Milano fa il punto. – Canella Camaiora).

L’art. 2598, n. 1, del Codice Civile rappresenta una protezione residuale e preziosa per chi non abbia registrato il proprio nome o segno distintivo. Tuttavia, l’onere della prova in giudizio è elevato, richiedendo di dimostrare sia la notorietà del segno sia il rischio di confusione. Questo rende evidente che, pur essendo la concorrenza sleale uno strumento di tutela utile nelle mani di un avvocato esperto, registrare il proprio marchio rimane la scelta più sicura e strategica per garantire una protezione ampia e solida.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 31 Gennaio 2020
Ultimo aggiornamento: 3 Gennaio 2025

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Avv. Arlo Cannela

Avvocato Arlo Canella

Managing Partner dello studio legale Canella Camaiora, iscritto all’Ordine degli Avvocati di Milano, appassionato di Branding, Comunicazione e Design.
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