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Il marchio IGP ora anche per i prodotti artigianali e industriali

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Gabriele Rossi
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Le Indicazioni Geografiche Protette (IGP), tra gli istituti di Proprietà Intellettuale, rappresentano una garanzia di qualità, autenticità e legame con il territorio, da anni riconosciute come uno strumento chiave per valorizzare i prodotti agroalimentari e vitivinicoli europei (si v. “DOP e IGP, la proprietà intellettuale del territorio!” – Canella Camaiora). Con l’introduzione del Regolamento (UE) 2023/2411, questa protezione viene finalmente estesa anche ai prodotti artigianali e industriali.

Una grande opportunità per i produttori di articoli simbolici di cui il nostro Paese è pieno. Si pensi, ad esempio, a prodotti quali il vetro di Murano, il marmo di Carrara e la porcellana di Capodimonte, che ora potranno beneficiare di una tutela armonizzata a livello europeo. Il nuovo regolamento si propone di promuovere lo sviluppo economico locale, proteggere il know-how artigianale e garantire ai consumatori l’affidabilità dei prodotti certificati.

In questo articolo si tratterà di come il nuovo regolamento funziona, quali benefici può offrire e quali strumenti sono messi a disposizione per i produttori.

Il nuovo regolamento sulle indicazioni geografiche

Il Regolamento (UE) 2023/2411, entrato in vigore il 16 novembre 2023, disciplina registrazione, protezione e controllo delle indicazioni geografiche per prodotti artigianali e industriali (la normativa entrerà pienamente in vigore solo dal primo dicembre 2025).

Finalmente si colma una lacuna storica, poiché, finora, solo i prodotti agroalimentari e vitivinicoli potevano beneficiare di una tutela del marchio di origine armonizzata a livello europeo. L’obiettivo del regolamento è quello di valorizzare i prodotti artigianali e industriali legati al territorio, incentivare la concorrenza leale e semplificare le procedure di registrazione. Sinora, infatti, si è fatto ricorso ad altri strumenti, meno forti e più complessi da azionare come quello offerto dall’art. 2598 co. 2 cc che disciplina l’illecita appropriazione di pregi altrui (per approfondire si v. “Quando cavalcare la reputazione altrui è un atto illecito” dell’Avv. Arlo Canella).

Possono accedere a questa tutela dell’IG i prodotti che rispettino tre requisiti fondamentali:

  • devono provenire da una specifica area geografica;
  • avere una qualità, reputazione o caratteristica distintiva legata a quella zona; e
  • almeno una fase della loro produzione deve essere svolta nella zona delimitata, zona che non può essere privata.

Tra i prodotti rientrano articoli iconici come pietre naturali, oggetti in legno, gioielli, tessuti, pizzi, posate, vetro, porcellana, cuoio e pelli. Sono esclusi dall’applicazione di questa normativa, invece, i prodotti già regolamentati, come alimenti e bevande spiritose.

La materia, nel nostro ordinamento, ha un precedente recentissimo. La Legge sul Made in Italy (L. 206/2023), entrata in vigore nel gennaio 2024, non rappresenta un’attuazione diretta del regolamento, ma introduce misure per promuovere e facilitare la registrazione delle IGP artigianali. La legge mira a creare sinergie tra Stato ed enti regionali per supportare i produttori italiani nella valorizzazione del loro patrimonio culturale.

Detta legge, all’art. 46, specificatamente disciplina: “La Repubblica riconosce il valore delle produzioni artigianali e industriali tipiche tradizionalmente legate a metodi di produzione locali radicali in una specifica zona geografica, e ne promuove la tutela in quanto elementi significativi del complessivo patrimonio culturale nazionale”. Prosegue poi l’articolo demandando alle Regioni il compito di individuare i prodotti da tutelare in ragione, anche, della normativa europea, al fine di segnalarlo al competente Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

È, invece, attualmente in approvazione una legge delega per il decreto legislativo di attuazione del regolamento, che dovrà confermare il ruolo dell’UIBM come autorità nazionale, definire il regime sanzionatorio e istituire una procedura amministrativa digitalizzata.

Vediamo nel prossimo capitolo perché l’innovazione normativa è da accogliere con entusiasmo.

Perchè conviene al mercato?

L’articolo 40 del Regolamento (UE) 2023/2411 stabilisce le tutele garantite alle indicazioni geografiche (IG) iscritte nel registro europeo. Le IG godono di una protezione ampia, volta a impedire l’uso improprio e la contraffazione dei nomi registrati. In particolare, le IG sono protette contro:

  • usi commerciali del marchio per prodotti non registrati, anche se paragonabili a quelli registrati o qualora l’uso del marchio ne sfrutti, indebolisca, svigorisca o danneggi la reputazione;
  • usurpazione, imitazione o evocazione del marchio, anche se il prodotto non viene effettivamente presentato come proveniente dalla zona geografica protetta;
  • indicazioni false o ingannevoli sull’origine, sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto, sia sull’etichettatura che sulla presentazione, la pubblicità o il confezionamento;
  • qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore.

Inoltre, le IG saranno protette a livello europeo da tutti quegli usi del nome registrato in relazione a prodotti non registrati, anche quando questi riportino espressioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione”, “gusto”, “fragranza”, “come” o espressioni simili (si v. sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea n. 154/2021 in cui la Corte descrive il concetto di evocazione del nome registrato).

Ma oltre al piano delle tutele, la possibilità di contraddistinguere i prodotti con un marchio IGP rappresenta un vantaggio per il mercato. I produttori possono valorizzare il proprio prodotto sui mercati nazionali e internazionali, aumentando la competitività e proteggendolo da imitazioni o usi impropri. Uno studio condotto dalla Luiss Business School dimostrano che una fetta dei consumatori sono disposti a pagare fino al 15% in più per prodotti IGP, associandoli a qualità, autenticità e legame con il territorio (cfr. “Il valore dei marchi DOP e IGP: opportunità per la crescita del Made in Italy”). Questo effetto positivo si traduce in maggiori margini di profitto per i produttori e in uno sviluppo economico locale sostenibile.

Allo stesso modo, i consumatori possono acquistare i prodotti a marchio IGP facendo affidamento su un sistema che controlla e certifica le qualità dichiarate dal produttore.

Visto il grande potere che la IG ha sul mercato, il procedimento per poter ottenere questo tipo di protezione è complesso e richiede il soddisfacimento di requisiti soggettivi ed oggettivi.

La procedura di registrazione e il disciplinare di produzione

Per ottenere la registrazione è necessario soddisfare precisi requisiti soggettivi e presentare una documentazione dettagliata. In primo luogo, la domanda deve essere avanzata generalmente da un’associazione di produttori che rappresenti gli interessi della categoria.

Tra i documenti essenziali da includere vi sono: il disciplinare di produzione (che vedremo sotto), il documento unico, redatto secondo il modulo standard, e una documentazione di accompagnamento che includa dati sull’associazione proponente, sull’autorità competente e su eventuali limitazioni o misure transitorie richieste.

La procedura di registrazione di una IGP inizia nel paese membro interessato, dove il richiedente deve presentare la domanda all’autorità designata. Alla domanda devono essere allegati tutti i documenti richiesti. L’autorità nazionale effettua un primo vaglio per verificare la conformità della richiesta ai requisiti normativi. Se la domanda è ritenuta conforme, viene avviata una procedura nazionale di opposizione, durante la quale tutti i soggetti residenti nello Stato membro possono presentare opposizioni entro tre mesi, (prorogabile per ulteriori tre mesi).

Se l’autorità non rileva ulteriori obiezioni, pubblica la propria decisione, aprendo la strada alla fase europea: la domanda viene trasmessa all’EUIPO (Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale), che avvia l’esame a livello dell’Unione. L’Ufficio verifica l’assenza di errori evidenti, la completezza delle informazioni fornite e la conformità tecnica del documento unico. Questo esame tiene conto degli esiti della fase nazionale e deve concludersi entro sei mesi.

Se non emergono obiezioni dell’Ufficio, si avvia una seconda fase di opposizione, questa volta a livello europeo, aperta a Stati membri, paesi terzi e soggetti fisici o giuridici aventi un legittimo interesse, ad esclusione degli opponenti già intervenuti a livello nazionale. Al termine di questa fase l’Ufficio giunge a una decisione definitiva sulla registrazione.

In tutta questa trafila burocratica, assume centralità il disciplinare di produzione, il cuore della registrazione di un marchio IGP, definendo con precisione le caratteristiche del prodotto, il metodo di produzione e il legame con il territorio.

Si tratta del documento che dimostra la conformità del prodotto ai requisiti previsti. Il disciplinare deve essere oggettivo, non discriminatorio e deve descrivere le fasi di produzione svolte nella zona geografica delimitata.

Esso deve riportare:

  • il nome da proteggere (sulla scelta di questo si v. il commento alla sentenza della CdA di Milano fatto dall’Avv. Margherita Manca – “Il marchio IGP e l’estensione della sua tutela”),
  • il tipo di prodotto,
  • la descrizione del prodotto e delle materie prime,
  • la delimitazione precisa della zona geografica, e
  • il legame tra questa e le caratteristiche distintive del prodotto.ù

Inoltre, deve riportare le modalità di produzione, eventuali regole sull’imballaggio, le norme per l’etichettatura e disposizioni specifiche per la verifica della conformità. Tutti questi aspetti devono essere descritti in modo dettagliato, trasparente e verificabile, per assicurare l’autenticità del marchio.

E’ evidente che questo documento – importantissimo – rischia di essere un tasto dolente per i produttori. Le richieste informative imposte, infatti, aprono ad una divulgazione della conoscenza tecnica acquisita dai produttori in anni e generazioni di esperienza. Per questo il Regolamento, nei considerando, si fa anche carico di ribadire una questione di particolare interesse: la tutela del know how deve prevalere sulle necessità di trasparenza del disciplinare (su cosa sia il know how, si v. “Know-how commerciale: come tutelarlo e reagire in caso di “furto” – Canella Camaiora”).

Bandi di finanziamento e supporto operativo

Già nel 2024, l’Italia ha stanziato contributi pubblici per la predisposizione del disciplinare di produzione dei prodotti industriali e artigianali tipici. Il bando, chiuso il 31 ottobre 2024, ha riscosso grande successo, e si sta valutando il rinnovo per il 2025. Per essere pronti, è molto importante agire con anticipo.

Il primo passaggio è quello di costituire un’associazione di produttori, che può anche includere enti territoriali, come i Comuni della IG, e deve garantire apertura e rappresentanza di tutti i produttori idonei. Per massimizzare le possibilità di successo, sarà necessario prestare attenzione dalle primissime fasi operative, facendosi assistere da professionisti già dalla redazione dell’atto costitutivo e dello statuto associativo. Una preparazione accurata e una solida documentazione rappresentano la chiave per accedere ai contributi e, successivamente, ottenere la registrazione del marchio IGP.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 27 Dicembre 2024

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Gabriele Rossi

Laureato in giurisprudenza, con esperienza nella consulenza legale a imprese, enti e pubbliche amministrazioni.
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