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Il plagio rappresenta una minaccia costante nel dinamico mondo della moda, in particolare per i grandi marchi che spesso vedono le loro creazioni originali copiate senza autorizzazione. Questo articolo esplora le strategie legali e pratiche per affrontare efficacemente il plagio e la violazione della proprietà intellettuale.
Il plagio nel settore della moda è un pericolo costante, in particolare per i grandi marchi, che si concretizza nella copia non autorizzata di design, stampe e modelli. Questo fenomeno non solo viola i diritti di proprietà intellettuale, ma può anche danneggiare l’immagine e il valore del marchio originale.
Con la globalizzazione e la diffusione digitale, i casi di plagio sono in aumento, colpendo sia i grandi nomi che i designer emergenti. Si stima che la vendita globale di prodotti contraffatti raggiunga circa 1,77 trilioni di dollari all’anno (fonte: unadonna.it). In Italia, secondo uno studio della Fondazione Censis del 2022, dopo un calo dei sequestri nel 2020 dovuto alla pandemia, il 2021 ha registrato un incremento dell’80,9% per quanto riguarda i sequestri di abbigliamento e accessori contraffatti, superando i 3 milioni di pezzi di abbigliamento e 1 milione di accessori sequestrati.
Questo aumento sottolinea la resilienza del fenomeno della contraffazione, che si adatta alle nuove condizioni di mercato sfruttando canali online e tattiche di distribuzione più elusive. Nonostante gli sforzi costanti profusi dalle Forze dell’Ordine nel decennio 2011-2021, il volume dei pezzi contraffatti in circolazione non accenna a diminuire, riflettendo un cambiamento nelle strategie dei contraffattori (fonte: Ministero dello Sviluppo economico – fondazione Censis).
La contraffazione nel settore tessile-moda in Italia è geograficamente concentrata nelle regioni chiave per la logistica e la domanda di prodotti falsi. Il 64,1% dei sequestri nel 2021 è avvenuto in Lombardia, Lazio, Puglia, Campania e Sicilia, con la Toscana che emerge per il numero di pezzi sequestrati (47,4% del totale nazionale). A livello provinciale, Milano, Roma e Napoli sono stati i principali centri di sequestro e distribuzione. Riguardo all’origine dei prodotti contraffatti, la maggior parte proviene dalla Cina (62,3%), seguita da Italia e altri paesi come Bulgaria, Grecia, Turchia, Bangladesh e India. Questi dati evidenziano la necessità di una lotta continua ed evolutiva contro il plagio nel settore della moda. Ma quali sono le strategie messe in atto in concreto dai contraffattori?
I contraffattori nel settore tessile-moda dimostrano una notevole capacità di adattarsi rapidamente alle tendenze del mercato, diversificando i loro prodotti in una vasta gamma che spazia dal lusso all’easy wear, dallo sportivo alla pelletteria, borse in particolare; sfruttano le opportunità offerte dalla globalizzazione e dalla digitalizzazione, integrando i canali di vendita tradizionali con quelli online.
I contraffattori si avvalgono di strategie logistiche sofisticate, con Milano che emerge tristemente come hub cruciale per il transito e la commercializzazione di merce contraffatta. Inoltre, i contraffattori non si limitano alla sola vendita, ma si dedicano anche all’assemblaggio, confezionamento e produzione interna. Questo include l’allestimento di laboratori clandestini e la gestione di reti produttive, sia in Italia che all’estero, in particolare nei paesi dove la produzione di falsi è più radicata, come la Cina, la Turchia e i paesi del sud-est asiatico.
L’industria del falso si avvale in misura crescente delle tecnologie digitali, in particolare dell’e-commerce e dei social media, per promuovere e vendere i propri prodotti. Tecniche come il dropshipping permettono ai contraffattori di vendere prodotti online senza detenerli fisicamente, rendendo difficile il tracciamento e la repressione delle loro attività. Attraverso l’utilizzo di piattaforme online e la creazione di reti di intermediari, riescono a raggiungere un pubblico ampio e diversificato, mascherando spesso la vera natura dei prodotti contraffatti. Vediamo esattamente cos’è il dropshipping.
Il dropshipping è un modello di business nel quale il venditore, pur non avendo un magazzino fisico, funge da intermediario tra il fornitore e il cliente. Questo modello si adatta perfettamente anche al settore della moda, dove i venditori offrono prodotti falsificati attraverso piattaforme online senza averli a disposizione direttamente.
Nel contesto della contraffazione, il venditore pubblicizza e vende prodotti che imitano marchi moda famosi attraverso un sito di e-commerce e/o sui social media. Una volta ricevuto un ordine, inoltra la richiesta a un fornitore, spesso situato in paesi dove la produzione di merce contraffatta è diffusa (come la Cina, la Turchia o taluni paesi del sud-est asiatico), che poi spedisce direttamente il prodotto contraffatto al cliente finale.
Questo approccio consente ai contraffattori di ridurre i rischi associati alla gestione e all’immagazzinamento di grandi quantità di prodotti falsi, allo stesso tempo aumentando la difficoltà delle autorità nel tracciare e reprimere queste attività illecite. Inoltre, il dropshipping permette ai venditori di merce contraffatta di offrire un’ampia varietà di prodotti, adattandosi rapidamente alle tendenze del mercato e alle richieste dei consumatori, senza l’onere di gestire un inventario fisico.
In questo modello, l’anonimato e la flessibilità offerti dall’e-commerce e dai social media giocano un ruolo chiave, rendendo il dropshipping una condotta particolarmente nociva per il settore della moda. Esistono tuttavia metodi efficaci per contrastare la contraffazione anche quando viene utilizzato il dropshipping. Vediamo quali.
Nel settore tessile-moda, il contrasto alla contraffazione implica una consapevolezza sempre maggiore da parte dei produttori riguardo la necessità di tutelare la proprietà intellettuale e industriale. A differenza dei grandi marchi di lusso, dotati di risorse e strategie specifiche per la protezione del brand, le piccole e medie imprese spesso non dispongono degli stessi strumenti interni.
Tuttavia, con la progressiva digitalizzazione, diventa essenziale per tutte le aziende adottare misure adeguate per la tutela dei propri marchi e design. Servizi come la registrazione dei marchi, la registrazione dei design e la sorveglianza doganale sono vitali in un mercato digitale sempre più complesso.
La nostra esperienza nel campo legale ci ha insegnato che la scelta di cosa registrare è strategica: non solo i marchi, ma anche il design di prodotti ed elementi “long lasting” come borse, pattern, decori ricorrenti. È fondamentale bilanciare l’investimento nella registrazione con quello nella sorveglianza e nel budget riservato alle azioni legali.
Un eccesso di registrazioni potrebbe limitare le risorse disponibili per reagire efficacemente in caso di contraffazione, mentre tralasciare del tutto la registrazione, che è un passo cruciale, potrebbe precludere la possibilità di azioni legali incisive.
In questo contesto, il nostro studio legale offre un approccio personalizzato e proattivo:
Offriamo consulenza strategica su quali elementi registrare e come allocare il budget per garantire la massima efficacia nella difesa dei vostri diritti. Questo approccio integrato è essenziale per muoversi nel competitivo mondo della moda e proteggere efficacemente la vostra proprietà intellettuale, anche alla luce di cosa sta cambiando in ambito europeo con l’introduzione del DSA e del DMA.
Nell’ambito dell’e-commerce, il crescente fenomeno della contraffazione ha portato – tra l’altro – all’emanazione del Digital Services Act (DSA), regolamento europeo del 19 ottobre 2022. Questo regolamento punta a rafforzare la responsabilità e la trasparenza delle piattaforme digitali, come Amazon, Alibaba, Meta e Google, nel prevenire e contrastare la diffusione di contenuti illegali, tra cui quelli che violano la proprietà intellettuale e industriale. Il DSA costituisce un passo avanti nella tutela dei consumatori e nella lotta contro la contraffazione online, imponendo agli operatori digitali un maggiore impegno nella sorveglianza sui contenuti e nel rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e industriale.
Parallelamente, il Digital Markets Act (DMA) si concentra sulle “Big Tech” o “gatekeeper”, regolamentando il loro potere di mercato per prevenire comportamenti anticoncorrenziali e garantire mercati digitali equi. Anche se il DMA non si occupa direttamente della contraffazione, le sue norme possono indirettamente influenzare questo settore, promuovendo pratiche più eque e trasparenti tra le grandi piattaforme, il che può aiutare a contrastare la vendita di prodotti contraffatti. Inoltre, la cooperazione tra brand owner, associazioni di categoria e piattaforme di e-commerce, che ha portato allo sviluppo di sistemi avanzati di “seller vetting” (controllo del venditore) e all’istituzione di alleanze, rappresenta un importante tassello nella lotta alla contraffazione.
Nonostante il DSA e il DMA rappresentino progressi significativi, ci sono ancora sfide impegnative da affrontare. La natura in continua evoluzione dell’e-commerce e la presenza di piccoli siti che vendono prodotti contraffatti richiedono controlli più efficaci e capillari, e una normativa che affronti aspetti delicati come la giurisdizione in caso di contraffazione online e il blocco dei pagamenti indirizzati ai contraffattori. L’approccio collaborativo tra i diversi attori del settore digitale è cruciale per combattere efficacemente la contraffazione, specialmente nel comparto tessile-moda, dove la protezione dei diritti di proprietà intellettuale e industriale è fondamentale.
Avvocato Arlo Canella