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«Il Circo», commedia romantica muta di Charlie Chaplin, «Niente di nuovo sul fronte occidentale» di Erich Maria Remarque, «Il mistero del Treno Azzurro» di Agatha Christie, «Il cameraman» di Buster Keaton, «L’amante di Lady Chatterley» di D.H. Lawrence, «Orlando» di Virginia Woolf e le opere d’arte di Raoul Dufy sono solo alcuni esempi di autori le cui opere sono cadute in pubblico dominio nel 2023.
Pubblico dominio significa alla lettera che appartiene a tutti.
Sebbene l’ordinamento italiano non fornisca una definizione di “pubblico dominio”, tuttavia, generalmente si intende lo status di quei beni, informazioni o contenuti che sono o diventano per chiunque disponibili, sotto il profilo dell’accesso e del loro riutilizzo, senza obbligo di indennità o autorizzazione preventiva, a partire – o meno – da un certa data.
Quindi, l’entrata nel pubblico dominio fa riferimento allo status delle opere creative quando i loro diritti di proprietà intellettuale, come ad esempio il diritto d’autore, sono “scaduti” o il titolare vi ha rinunciato.
In ogni caso, la durata della protezione del diritto d’autore varia considerevolmente in tutto il mondo: nell’Unione europea dura generalmente per tutta la vita dell’autore e fino a 70 anni dalla sua morte; negli Stati Uniti la protezione del diritto d’autore dipende da vari fattori, tra cui la data della prima pubblicazione.
Le opere di dominio pubblico possono essere utilizzate gratuitamente per varie finalità, tra cui la riproduzione, la distribuzione, l’adattamento e lo sfruttamento commerciale. Dunque, le “materie prime” di opere d’arte quali immagini, testi o composizioni musicali possono essere utilizzate senza temere di violare il diritto d’autore, tali opere possono ora essere lecitamente condivise, eseguite, riutilizzate, riadattate o campionate (con alcune limitazioni legate ai diritti morali sulle opere per quanto riguarda l’ordinamento europeo continentale. Per approfondire: “Le opere in ‘pubblico dominio’: guida breve per lo sfruttamento commerciale” di A. Canella)
Si possono identificare tre principali categorie di opere in pubblico dominio:
In linea di principio, un’opera caduta in pubblico dominio può essere utilizzata liberamente senza necessità di autorizzazione preventiva e senza dover corrispondere compensi legati al diritto d’autore.
Tuttavia, se l’opera è considerata un “bene culturale” italiano, cioè è stata realizzata da più di 50 anni nel caso di opere d’arte, da più di 70 anni nel caso di beni architettonici, è stata realizzata da un autore non più vivente, è di interesse culturale e si trova custodita nei musei o in altri luoghi della cultura appartenenti a Stato, Regioni e altri enti pubblici territoriali, anche se è entrata in pubblico dominio, la sua riproduzione non è sempre libera (per approfondire: “E’ lecito utilizzare l’immagine di celebri opere d’arte italiane a fini commerciali?”)
Il diritto di riproduzione di un bene culturale è attribuito all’ente responsabile della tutela del bene stesso, come stabilito dal Codice dei Beni Culturali (Decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42). Gli enti che gestiscono i beni culturali possono, non devono, consentirne la riproduzione e l’uso strumentale a titolo oneroso, secondo i propri regolamenti. Tuttavia, nessun canone è dovuto per le riproduzioni richieste da privati per uso personale o per motivi di studio.
Per completezza, citiamo anche il Decreto Art Bonus (D.l. n. 83/2014) che ha introdotto nuove misure in materia di tutela del patrimonio culturale, sviluppo della cultura e rilancio del turismo. Questo decreto ha parzialmente liberalizzato il regime di autorizzazione per la riproduzione e divulgazione delle immagini di beni culturali (anche non in pubblico dominio) per finalità senza scopo di lucro, quali studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero, espressione creativa e promozione della conoscenza del patrimonio culturale.
Il tema dell’utilizzo commerciale di opere d’arte di pubblico dominio è stato al centro di una recente controversia legale tra le Gallerie dell’Accademia di Venezia e le aziende tedesche Ravensburger AG, Ravensburger Verlag GMBH, e la loro sede italiana, Ravensburger S.r.l.
La questione riguardava l’utilizzo dell’immagine dell’Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci, un’opera di pubblico dominio conservata presso le Gallerie dell’Accademia di Venezia, per produrre e vendere puzzle senza autorizzazione o pagamento di un corrispettivo.
Il Tribunale di primo grado di Venezia, nel 2022, ha emanato un’ordinanza vietando ai convenuti di utilizzare l’immagine dell’opera a fini commerciali e imponendo una penale di 1.500 euro al giorno in caso di ritardo nell’esecuzione dell’ordinanza cautelare. Questa decisione ha suscitato molte perplessità sull’applicazione del concetto di pubblico dominio e sulla compatibilità delle leggi italiane con quelle europee in materia di diritto d’autore.
L’art. 14 della Direttiva (UE) 2019/790 dispone che “Gli Stati membri provvedono a che, alla scadenza della durata di protezione di un’opera delle arte visive, il materiale derivante da un atto di riproduzione di tale opera non sia soggetto al diritto d’autore od a diritti connessi, a meno che il materiale risultante da tale atto di riproduzione sia originale nel senso che costituisce una creazione intellettuale propria dell’autore.”
In altre parole, le opere di pubblico dominio, una volta scaduta la protezione del diritto d’autore, possono essere utilizzate liberamente da chiunque senza necessità di autorizzazioni o pagamenti. Tuttavia, il Codice dei Beni Culturali Italiano prevede che le riproduzioni digitali fedeli di opere del patrimonio culturale, comprese quelle di pubblico dominio, possono essere utilizzate a fini commerciali solo dietro autorizzazione e pagamento di un corrispettivo. Questo pone le istituzioni culturali italiane in una posizione di controllo sull’utilizzo commerciale delle immagini delle opere che conservano.
Di recente, però, sulla questione è intervenuto il Tribunale di Stoccarda che ha fornito un’ulteriore complicazione, ribaltando la decisione del Tribunale italiano per quanto attiene lo sfruttamento all’estero dell’opera in ottemperanza al principio di territorialità Per approfondire: “L’Uomo Vitruviano e la “faida” tra Ravensburger e il Ministero della Cultura sui diritti di riproduzione” di A. Canella).
Questa pronuncia mette in evidenza le difficoltà di armonizzare le leggi nazionali con le direttive europee e la necessità di un approccio più uniforme.