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Il mondo dell’affiliazione commerciale (franchising) è caratterizzato da dinamiche complesse e rapporti che, talvolta, possono incrinarsi: il recente caso trattato dal Tribunale di Cuneo affronta una situazione ricorrente e fa il punto sul contratto di franchising.
All’inizio, tra l’affiliante e l’affiliato, c’è spesso reciproca fiducia e l’entusiasmo di intraprendere un’avventura imprenditoriale insieme. Con la firma del contratto di franchising, entrambi hanno grandi aspettative sulla nascente collaborazione.
Dopotutto, l’affiliante offre all’affiliato non solo il suo marchio, ma anche anni di esperienza nel settore. Dal canto suo, l’affiliato si impegna a gestire con diligenza e attenzione, acquisendo le competenze necessarie per diventare un imprenditore di successo nel suo campo e, ovviamente, a versare le dovute royalties e delle fee di ingresso (per una panoramica completa del franchising, consiglio di consultare un mio precedente approfondimento sul contratto di franchising).
Ma, come spesso avviene nei rapporti d’affari, le cose non sempre vanno lisce. A un certo punto, nel caso in esame, l’affiliato ha accumulato dei debiti con l’affiliante. In risposta, l’affiliante ha avanzato una richiesta di pagamento mediante decreto ingiuntivo.
L’affiliato, però, ha alzato un sopracciglio e si è domandato: “Ma siamo sicuri della validità di questo credito?”.
Pur in mezzo a difficoltà finanziarie, l’affiliato ha iniziato a mettere sotto la lente d’ingrandimento e contestare vari aspetti del rapporto di franchising. Ha sollevato dubbi sulla trasparenza e sull’integrità del contratto, suggerendo anche possibili comportamenti scorretti da parte dell’affiliante. E, nel tentativo di limitare ulteriormente le perdite, l’affiliato ha anche cercato di vendere il suo business a terzi.
Il Tribunale di Cuneo è stato chiamato quindi a pronunciarsi su di un caso tutt’altro che infrequente, che ci offre l’opportunità di riflettere sul franchising e sulla legge italiana che disciplina il contratto di affiliazione commerciale.
Quando un affiliato non paga le royalties, spesso c’è di mezzo ben più di un semplice inadempimento economico: è il segno tangibile che qualcosa nel meccanismo del franchising non sta funzionando come dovrebbe. Diventare imprenditori non è un processo che possa verificarsi da un giorno all’altro (abbiamo già parlato di pilotage in un precedente articolo); il franchising dovrebbe agevolare questo passaggio, fornendo all’affiliato reputazione e know-how. Ma occorre sfatare un mito: il franchising non può miracolosamente trasformare chiunque in un imprenditore di successo.
Deve già esserci una predisposizione imprenditoriale nell’affiliato; l’affiliante offre di base il marchio e la sua esperienza.
Quando le aspettative dell’affiliato non vengono soddisfatte, la colpa viene spesso imputata al franchisor. Un affiliato in difficoltà finanziaria tenta spesso di attribuire la responsabilità all’affiliante, sostenendo di non essere stato adeguatamente supportato o di essere stato vittima di scorrettezze (va sottolineato che le limitazioni commerciali non costituiscono necessariamente un abuso risarcibile all’affiliato, come discusso in dettaglio in questo articolo).
In questo senso, le pattuizioni definite nel contratto di franchising fanno spesso la differenza. Obbligazioni chiare e, soprattutto, la loro effettiva attuazione da parte del franchisor e il rispetto della legge, anche in chiave antitrust, sono ciò che di più conta (abbiamo già parlato di clausole potenzialmente abusive come prezzo di vendita imposto e acquisto minimo). Alla fine, la solidità di un contratto di franchising, la chiarezza dei servizi garantiti all’affiliato e l’adempimento reale di tali attività sono ciò che determina se un franchisor sia davvero colpevole o innocente in caso di contestazione.
Ecco perché è fondamentale esaminare in dettaglio il contratto di franchising e assicurarsi che sia in linea con la normativa vigente. Vediamo però cosa dice esattamente la legge al riguardo.
Nella sopra richiamata sentenza del Tribunale di Cuneo, viene messa in rilievo l’importanza dei dettagli nel contratto di franchising.
La legge 129/2004 stabilisce in modo inequivocabile le linee guida che devono caratterizzare tale contratto, sottolineando l’essenzialità della forma scritta e l’obbligo di includere dettagli come l’importo degli investimenti, le modalità di calcolo delle royalties, le specifiche dell’eventuale esclusiva territoriale, la descrizione del know-how fornito e le caratteristiche dei servizi offerti dall’affiliante all’affiliato.
Il franchisor ha il dovere di essere trasparente e minuzioso nella redazione del contratto, assicurandosi di rispettare sia le promesse fatte che le leggi in vigore. Se questo avviene correttamente, difficilmente l’affiliato potrà dolersi di non aver avuto il successo che si aspettava perché, parallelamente, quest’ultimo ha la responsabilità di analizzare attentamente il contratto, comprendere a fondo il business plan e verificare le reali proposte del franchisor e le potenzialità del business.
Infatti, il Tribunale di Cuneo, nella sua sentenza del 7 aprile 2023 ha precisato che: “in ordine al contratto di franchising, la L. 129/2004 detta una specifica disciplina […], prevedendo all’art. 3, la necessità della forma scritta ad substantiam, a pena di nullità (comma 1) oltre che di precisa indicazione dei seguenti elementi (comma 4):
Ed invero l’indicazione specifica dell’ammontare del compenso, attraverso l’esplicitazione delle modalità di calcolo delle royalties, dell’ammontare degli investimenti, del know-how fornito e delle caratteristiche dei servizi offerti dall’affiliante è volta a compensare lo squilibrio sostanziale delle posizioni contrattuali delle parti del franchising.”
Da un lato, il franchisor ha l’obbligo di redigere un contratto accurato, rispettando sia le proprie promesse che le normative in vigore; deve dettagliare tutte le operazioni, le condizioni e gli impegni assunti nei confronti dell’affiliato. Dall’altro, l’affiliato deve essere diligente nell’analizzare il business plan e verificare ciò che il franchisor offre realmente. Questo bilanciamento di oneri reciproci è fondamentale per evitare controversie e contenere i rischi.
Il Tribunale di Cuneo, nel caso in esame, ha deciso a favore del franchisor, sottolineando come questi avesse chiaramente dimostrato i suoi diritti di credito e avesse rispettato le obbligazioni previste dal contratto.
Le contestazioni presentate dall’affiliato sono state considerate vaghe e prive di prove solide. Si è notato che l’affiliato ha iniziato a presentare reclami solo al momento della richiesta di pagamento delle royalties arretrate.
È essenziale ricordare che il franchisor e l’affiliato sono entità imprenditoriali indipendenti, ognuna responsabile del proprio operato commerciale.
A maggior ragione per questo, è fondamentale considerare con attenzione i dettagli quando si redige un contratto di franchising, anche in relazione alla normativa antitrust (per approfondire il tema, vi invitiamo a leggere il nostro articolo: “Il caso Benetton, implicazioni pratiche sul contratto di franchising”). Il franchising rappresenta un’opportunità significativa per i franchisor, ma può diventare molto rischioso se gestito superficialmente.
In sintesi, la decisione del Tribunale di Cuneo si basa essenzialmente sul contratto, sulle promesse ivi contenute e sulle prove disponibili, il che invita a riflettere attentamente sull’importanza della redazione di un contratto adeguatamente ponderato, nonché rispettoso della disciplina antitrust. Il monito, anche se questa volta l’ha spuntata il franchisor, riguarda decisamente ambo le parti.
Mediante il contratto, ciascuna parte assume obbligazioni specifiche. Nel caso del contratto di franchising, tali obbligazioni sono – in parte – previste da una legge speciale. Se il franchisor assolve gli impegni assunti ha poco da temere. Viceversa l’affiliato moroso, come in questo caso, potrà essere condannato a pagare il prezzo concordato per l’affiliazione commerciale.
Avvocato Arlo Canella