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Dov’è finito il Metaverso?

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Arlo Canella
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Il Metaverso, nato come visione futuristica e simbolo di innovazione digitale, si è trasformato in una delle operazioni commerciali più ambiziose del nostro tempo. Questo articolo esplora le sue origini, il suo sviluppo e il suo impatto sulla società, analizzando le piattaforme più iconiche, come Second Life, Fortnite e le nuove realtà basate sulla blockchain come Decentraland. Approfondisce le dinamiche economiche legate agli NFT e alle criptovalute, evidenziando come queste tecnologie abbiano generato opportunità, ma anche speculazioni e controversie. Infine, si affrontano le sfide normative e giuridiche che accompagnano questa nuova dimensione digitale, chiedendosi: dov’è finito il Metaverso e quali regole ne guideranno il futuro?

Il Metaverso: fantasia, innovazione o speculazione commerciale?

Quando Neal Stephenson immaginò il Metaverso nel suo romanzo Snow crash  nel 1992, forse non avrebbe mai pensato che quella visione fantascientifica sarebbe diventata una delle più grandi operazioni commerciali del XXI secolo. Il termine, combinazione di “meta” (oltre) e “universo”, evocava un futuro in cui l’umanità avrebbe trovato rifugio in un mondo digitale alternativo, lontano dalle imperfezioni della vita reale.

Alimentato da visioni cinematografiche come Tron (1982) e Tron Legacy (2010), il Metaverso è passato dall’essere un’idea futuristica a una piattaforma “concreta”, capace di attirare miliardi di dollari di investimenti.

Fotogramma di Tron, due robot si baciano nel metaverso

Fotogramma di Tron (1982), diretto da S. Lisberger, Walt Disney Productions ©

Ma il Metaverso di oggi non è solo una rivoluzione tecnologica, bensì un’operazione commerciale guidata da Meta, ex Facebook. Il rebranding di ottobre 2021 è arrivato in un momento critico per l’azienda: Facebook era reduce dallo scandalo Cambridge Analytica e da un calo della reputazione senza precedenti. Le rivelazioni del 2018, che dimostrarono come i dati personali di milioni di utenti fossero stati utilizzati senza autorizzazione per manipolare elezioni politiche, avevano associato il nome “Facebook” a disinformazione e violazioni della privacy. Nel 2019 la FTC ha multato Facebook per 5 milardi di dollari (ho trattato il caso Cambridge Analytica anche in questo articolo: “Dal plagio al rischio di manipolazione del pubblico: i deepfake“).

Negli anni successivi, Meta ha dovuto affrontare la rapida ascesa di TikTok, un fenomeno iniziato già nel 2018 con l’acquisizione di Musical.ly da parte di ByteDance. TikTok ha rapidamente conquistato il pubblico più giovane con contenuti brevi, virali e altamente personalizzati, rubando quote di mercato a Facebook e Instagram. Nel 2020, TikTok è diventata l’app più scaricata al mondo, forzando Meta a introdurre nuove funzionalità come i Reels per tentare di recuperare terreno. Tuttavia, questa rincorsa non è riuscita a replicare il successo esplosivo del concorrente, mettendo ulteriore pressione sull’azienda.

Il rebranding in Meta si colloca qui, nell’ottobre del 2021, oltre a rappresentare un investimento nel futuro digitale, era un tentativo di riscrivere l’identità aziendale, distanziandosi dai problemi correnti e passati e spostando l’attenzione su una nuova missione centrata sul Metaverso.

Parallelamente, Meta ha puntato su tecnologie innovative come gli occhiali per la realtà aumentata Meta Orion, presentati come strumenti fondamentali per portare il Metaverso nelle case degli utenti. Tuttavia, nonostante il lancio, anche i visori hanno dovuto fare i conti con le stesse difficoltà che hanno caratterizzato questo settore: Microsoft, ad esempio, ha annunciato l’addio al suo HoloLens, evidenziando le difficoltà nel sostenere modelli di business sostenibili per dispositivi così costosi e tecnologicamente avanzati. Questi limiti, uniti alle perdite miliardarie registrate dalla divisione Reality Labs nel 2022, hanno alimentato il crescente scetticismo degli investitori sulla visione di Meta.

Nonostante queste difficoltà, il Metaverso ha lasciato un’impronta indelebile. Ha trasformato il modo in cui concepiamo il digitale, aprendo mercati per beni virtuali, avatar personalizzati e mondi persistenti. La promessa di una vita “meta-reale” ha acceso entusiasmi, ma ha anche sollevato dubbi sulla sua reale sostenibilità. Si tratta davvero del futuro dell’interazione tecnologica, o di una bolla alimentata dall’hype?

Metaverso: dov'è la porta del "nuovo mondo"?

Dov’è, dunque, la porta del Metaverso? Questa è la domanda che molti si pongono, soprattutto chi non ha dimestichezza con le tecnologie più avanzate. Contrariamente alle aspettative alimentate dalla narrativa futuristica, non esiste un unico portale magico per accedere a questo “nuovo Internet”. Il Metaverso non è un luogo, ma un insieme di esperienze, piattaforme e tecnologie che convergono per creare un universo digitale interattivo e immersivo.

Per comprendere il Metaverso attuale, è utile guardare al passato.
Nel 2003, Second Life ha rappresentato uno dei primi esperimenti concreti di mondo virtuale. Creato da Linden Lab, Second Life permetteva agli utenti di creare avatar, interagire socialmente e acquistare beni digitali con una moneta virtuale, il Linden Dollar L$. (Per un’analisi accurata, ma risalente, si veda F. Eugeni, V. Giunco e L. Manuppella, “Mondi virtuali: second life e la sua economia”, in Ratio Mathematica, Pescara Vol. 18, 2008: 9-50). Nonostante il calo di popolarità negli anni successivi, Second Life è stato un precursore chiave del Metaverso moderno. Infatti, la piattaforma è ancora attiva e continua a essere utilizzata. Nel 2013 contava circa 1,1 milioni di utenti attivi, mentre negli anni successivi il numero si è stabilizzato tra 800.000 e 900.000. Durante la pandemia del 2020, si è registrato un aumento degli utenti, fino a raggiungere circa 900.000. Attualmente, Second Life mantiene una base di utenti attivi compresa tra 500.000 e 600.000 (si v. Second Life, il ‘metaverso’ del 2003 arriverà su smartphone – Hi-tech – ANSA, 2023).

Tuttavia, è con l’evoluzione tecnologica e l’arrivo di piattaforme di gaming sempre più sofisticate che il concetto di Metaverso ha continuato a prendere forma.
Nel 2017, Fortnite di Epic Games, un videogioco nato come survival-shooter, ha introdotto la modalità Battle Royale, trasformandosi rapidamente in un fenomeno globale. Più che un semplice gioco, Fortnite è diventato una piattaforma sociale e culturale, ospitando concerti virtuali, eventi interattivi e collaborazioni con marchi globali. Dal suo lancio, Fortnite ha registrato una crescita straordinaria: dai 45 milioni di utenti nel 2018 a oltre 350 milioni nel 2020, fino a raggiungere il mezzo miliardo di giocatori registrati nel 2023. Parallelamente, Epic Games ha visto una valutazione aziendale crescente, superando i 28,7 miliardi di dollari nel 2021 e avvicinandosi ai 29 miliardi nel 2024, grazie a continui investimenti e innovazioni che hanno consolidato la sua posizione nell’industria videoludica e nel nascente “Metaverso”.

Attenzione, però! Non è del tutto corretto parlare di Metaverso in riferimento a Second Life e Fortnite. Sebbene abbiano anticipato molte delle dinamiche oggi associate al Metaverso, non soddisfano pienamente i criteri fondamentali per definirsi tali. Per essere considerato un vero Metaverso, un ambiente virtuale deve rispettare alcune caratteristiche imprescindibili:

  • Interoperabilità: beni digitali, avatar e identità devono poter essere trasferiti tra piattaforme diverse. Né Second Life né Fortnite offrono questa possibilità.
  • Decentralizzazione: la gestione deve essere distribuita, ad esempio tramite blockchain, garantendo maggiore trasparenza e controllo da parte degli utenti.
  • Immersività e persistenza: l’esperienza deve essere profondamente coinvolgente e persistente, ossia continuare a esistere ed evolversi indipendentemente dalla presenza degli utenti. Fortnite si avvicina a queste caratteristiche ma non le realizza appieno.
  • Proprietà digitale autentica: un Metaverso deve garantire la proprietà dei beni digitali, verificabile e trasferibile tramite blockchain, cosa assente in entrambe le piattaforme.

Un passo avanti è stato compiuto da piattaforme come Decentraland (lanciata nel 2020) e Sandbox (2021), che utilizzano la blockchain per creare mondi persistenti e decentralizzati, dove gli utenti possono acquistare terreni virtuali, costruire edifici e commerciare beni digitali con criptovalute. Horizon Worlds, sviluppato da Meta nel 2021, adotta un approccio differente, puntando sull’accessibilità tramite dispositivi come Oculus Quest, ma rimane un ecosistema centralizzato.

A differenza dei social network o dei videogiochi tradizionali, il Metaverso si distingue per la capacità di offrire un mondo digitale da abitare. Ma quanto l’idea sia radicata nell’immaginario collettivo lo dimostra persino una serie di AppleTV come Mythic Quest. La sua satira sul mondo dello sviluppo videoludico, con tanto di riferimenti a mondi persistenti e avatar immersi in dinamiche surreali, conferma che l’industria del gaming è ormai protagonista di questa trasformazione culturale e tecnologica.

Tuttavia, l’immersività ha anche un lato oscuro. Studi recenti evidenziano come l’eccesso di tempo nei mondi virtuali possa generare dipendenza, alienazione sociale e impatti psicologici negativi. Fortnite, ad esempio, è stato oggetto di critiche per il coinvolgimento prolungato di giovani utenti, che in alcuni casi ha portato a problemi di isolamento, disturbi del sonno e conflitti familiari (come evidenziato da cause legali in Canada: “Tre genitori canadesi contro Fortnite: “Crea dipendenza, è come la cocaina”). Anche Second Life, negli anni 2000, è stato accusato di favorire la disconnessione dalla realtà per utenti che cercavano una fuga virtuale dalla loro vita quotidiana (C. Koutra, S. Papalakis, E. Diaz Sanchez, “Is ‘Second Life’ Taking Over ‘Real Life’? Sociability and Social Interaction within the ‘Second Life’ Environment: an Electronic Ethnographic Study“, Bournemouth University Business School, 2007).

Oltre agli aspetti sociali, il Metaverso include profili finanziari oggetto di grande speculazione. Proprio come nella conquista del Far West, le persone si sono contese parcelle di terreno virtuale su Decentraland e Sandbox, vendute per milioni di dollari (Si v. Terreno immobiliare virtuale vende per la cifra record di 2,4 milioni di dollari – MarketScreener). Vivendo in questi mondi, non si può fare a meno di acquistare beni digitali preziosi e unici: abiti virtuali, opere d’arte e accessori digitali stanno alimentando un mercato parallelo sempre più competitivo. Monete digitali e NFT garantiscono transazioni sicure e verificabili, costituendo le fondamenta dell’economia del Metaverso.

Dopo essere entrati, forse, nel Metaverso, non ci resta che constatare che oggi la sua vera essenza è proprio la sua economia, fondata su NFT e criptovalute.

Proprietà digitale vs. proprietà intellettuale: gli NFT e l’economia dell’ignoranza.

Prima dell’avvento degli NFT, piattaforme come Second Life avevano già dato origine a una vivace economia virtuale. I designer creavano abiti e oggetti digitali che potevano essere replicati all’infinito e venduti agli altri residenti, ricevendo spesso un compenso per la loro creatività. I Linden Dollar (L$), utilizzati per queste transazioni, erano convertibili in dollari reali, conferendo un valore tangibile alle attività virtuali. In questo contesto, la proprietà intellettuale regolava già la titolarità e la licenza delle creazioni, senza la necessità di blockchain o NFT.

Gli NFT hanno però introdotto una trasformazione significativa: hanno reso sostanzialmente unici i beni digitali, trasformandoli in oggetti inimitabili grazie alla tecnologia blockchain. Tuttavia, l’unicità tecnica da sola non basta per rendere un NFT desiderabile. Associare un NFT a una creazione intellettuale — come un’opera d’arte o un marchio — è ciò che ne aumenta il valore percepito. Questo legame ha generato enormi opportunità, ma anche speculazioni e fraintendimenti.

Un NFT è essenzialmente un certificato digitale che attesta la titolarità di un bene digitale, ma non equivale al bene stesso. Chi acquista un NFT non acquisisce automaticamente i diritti d’autore, di riproduzione o di sfruttamento economico dell’opera associata, a meno che non sia esplicitamente previsto da un contratto. Questa distinzione, spesso ignorata, ha alimentato controversie e falsi miti sul possesso digitale.

L’idea di unicità digitale ha reso gli NFT un terreno fertile per la speculazione. Un esempio iconico è la collezione MetaBirkin di Mason Rothschild: borse digitali ispirate al celebre marchio Hermès sono state trasformate in NFT e vendute per oltre un milione di dollari. Hermès ha intentato una causa, vincendo nel 2023, sostenendo che l’operazione violava i diritti di marchio e creava confusione nei consumatori (si v. La Collezione di NFT Metabirkin Viola il Marchio Birkin di Hermés. La Vicenda Giudiziaria).

Allo stesso modo, in Italia, il Tribunale di Milano ha stabilito che l’uso non autorizzato di marchi registrati in NFT rappresenta una violazione dei diritti di proprietà intellettuale. Questo caso, legato a un noto football club, conferma che le regole tradizionali continuano a governare anche l’innovazione digitale  (si v. NFT, marchi e football club: la prima ordinanza italiana in materia di M. Manca).

Il paradosso degli NFT consiste nel fatto che, da un lato, sono strumenti per garantire autenticità e certificazione; dall’altro, possono essere utilizzati in modo improprio per sfruttare opere altrui, generando confusione. Non sostituiscono il bene stesso, né trasferiscono automaticamente i diritti d’autore o di sfruttamento commerciale (si v. il mio precedente articolo: Demistificazione degli NFT: tecnologia, mercato e proprietà intellettuale).

Siamo dunque di fronte a una tecnologia che ha attratto artisti, istituzioni e investitori, ma che continua a essere soggetta alle antiche regole della proprietà intellettuale. Sebbene gli NFT abbiano influenzato il modo in cui pensiamo ai beni digitali, la proprietà intellettuale resta il fulcro dell’economia creativa.

Perché gli NFT possano realizzare il loro potenziale, è necessario un mercato più trasparente, informato e consapevole. Solo così questa innovazione potrà diventare uno strumento stabile e affidabile per l’economia digitale.

Chi scrive le regole del Metaverso?

Il Metaverso non è un universo giuridico separato. Le piattaforme virtuali e le attività che vi si svolgono sono soggette alle stesse regole che governano il mondo reale. Tutte le normative che regolano la vita reale si applicano potenzialmente anche al Metaverso, dal diritto penale alle norme sulla protezione dei consumatori, dalle regole sul commercio elettronico fino a quelle sulla sicurezza informatica. Tuttavia, alcune normative europee si sono dimostrate particolarmente rilevanti per affrontare le sfide di questa nuova realtà digitale.

La protezione dei dati personali è una delle questioni centrali. Il GDPR (Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati) disciplina come i dati personali degli utenti vengano raccolti, utilizzati e protetti. Questo include dati sensibili generati nel Metaverso, come quelli biometrici raccolti da visori VR o da sistemi di tracciamento dei movimenti oculari e corporei. Il GDPR impone obblighi rigorosi di trasparenza e consenso, costringendo le piattaforme a garantire che i dati siano trattati in modo sicuro e conforme.

Un altro pilastro della regolamentazione europea è il Digital Services Act (DSA). Questo regolamento impone alle piattaforme digitali di garantire che i contenuti pubblicati dagli utenti non siano illegali o dannosi, istituendo obblighi di moderazione e trasparenza algoritmica. Nel contesto del Metaverso, il DSA diventa essenziale per evitare che questi mondi virtuali diventino terreno fertile per abusi, disinformazione o comportamenti illeciti.

Anche l’aspetto economico è fortemente regolato. Il MiCA (Markets in Crypto-Assets Regulation) introduce regole chiare per la gestione di criptovalute e cripto-attività, come gli NFT, che sono spesso al centro delle transazioni nel Metaverso. Sebbene il MiCA non disciplini direttamente gli NFT come categoria autonoma, offre un quadro generale per proteggere gli utenti e garantire trasparenza nelle transazioni digitali (si v. “Il MiCA e la regolamentazione delle cryptoattività in UE”).

La disciplina sul Copyright gioca un ruolo importante nella tutela delle opere creative che vengono create, condivise o vendute nel Metaverso. Protegge artisti, designer e creatori da violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, stabilendo regole per il riconoscimento e l’utilizzo delle loro opere. Tuttavia, il panorama si sta evolvendo rapidamente con l’aumento dell’utilizzo di dataset raccolti dalle piattaforme e strumenti di intelligenza artificiale, sollevando nuove domande etiche e giuridiche.

In questo contesto, la sicurezza informatica è un aspetto fondamentale per garantire la sostenibilità del Metaverso. La Direttiva NIS2, pur rivolta principalmente alle infrastrutture critiche, ha un impatto diretto sulle piattaforme virtuali, imponendo elevati standard di sicurezza per prevenire attacchi hacker e proteggere i dati sensibili degli utenti.

Chi dovrà scrivere le regole del Metaverso? Per ora, il diritto tradizionale cerca di adattarsi, ma il tempo dirà se sarà sufficiente o se servirà un vero e proprio ordinamento giuridico dedicato a questa nuova dimensione digitale. Ciò che è certo è che, per crescere in modo sostenibile, il Metaverso avrà bisogno di regole chiare, condivise e capaci di bilanciare innovazione e protezione.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 14 Novembre 2024
Ultimo aggiornamento: 18 Novembre 2024

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Avv. Arlo Cannela

Avvocato Arlo Canella

Managing Partner dello studio legale Canella Camaiora, iscritto all’Ordine degli Avvocati di Milano, appassionato di Branding, Comunicazione e Design.
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