approfondimento
-
Tempo medio di lettura 6'

NFT, marchi e football club: la prima ordinanza italiana in materia

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Margherita Manca
Home > NFT, marchi e football club: la prima ordinanza italiana in materia

Per la prima volta in territorio europeo, un Tribunale italiano ha inibito la commercializzazione di NFT raffiguranti il marchio registrato (di un football club). Vediamo esattamente cos’è accaduto:

Il caso della “figurina-NFT” non autorizzata (dalla Juve)

Come tutti sanno, la società calcistica Juventus Football Club Spa è titolare dei marchi registrati  “Juventus” e “Juve”. Anche la maglia a strisce verticali bianconere, con due stelle sul petto, è un suo marchio registrato.

Ebbene, la Juve aveva scoperto che una società terza aveva deciso di creare e vendere online NFT costituiti da “figurine digitali” raffiguranti uno dei suoi ex giocatori più conosciuti.

In effetti, il giocatore aveva prestato il consenso allo sfruttamento della sua immagine ma il consenso che non era stato richiesto… era quello per lo sfruttamento dei marchi registrati della Juventus. 

A causa di tali azioni, per fermare l’illecito, il noto club di football aveva deciso di citare in giudizio, in via di urgenza, la società responsabile della commercializzazione delle “figurine-NFT”.

Prima di esaminare l’ordinanza del Tribunale di Roma vediamo cosa dice la Legge.

I limiti di tutela del marchio: le classi merceologiche

Di solito, le squadre di calcio registrano i loro marchi nelle classi merceologiche di loro principale interesse (ad es. abbigliamento, eventi sportivi, etc.) proprio al fine di vietare ai competitor di sfruttarli nei medesimi settori commerciali. 

Del resto, “la registrazione esplica l’effetto limitatamente ai prodotti o servizi indicati nella registrazione stessa ed ai prodotti o servizi affini” (cfr. art. 15 comma 2 CPI). Per questo motivo, le società – e non solo quelle calcistiche – tendono a depositare i marchi in molte classi merceologiche per avere sin dal principio una protezione più ampia. 

La società che aveva creato le “figurine-NFT” si era così difesa sostenendo che la Juventus, in verità, non avesse il diritto esclusivo, derivante dai suoi marchi registrati, anche in merito alla commercializzazione di prodotti informatici come le figurine digitali.

La protezione “ultramerceologica” dei marchi rinomati

Si noti, comunque, che i marchi rinomati, anche a prescindere dal numero di classi-settori rivendicati in sede di deposito, possono contare sulla c.d. protezione legale ultramerceologica. 

Ci pare di poter dire, pur senza conoscere esattamente gli elementi di prova prodotti in causa, che la Juventus sia a tutti gli effetti una società calcistica molto nota, pertanto i suoi segni di riconoscimento potrebbero essere considerati rinomati.

Il nostro Codice di Proprietà Industriale prevede che il titolare di un marchio rinomato “…ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare […] un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini […] se l’uso del segno, senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi” (cfr. art. 20, comma 1, lett. c) del CPI).

Vediamo però a quali conclusioni è giunto esattamente il Tribunale di Roma all’esito dell’istruttoria cautelare.

L’ordinanza del Tribunale sugli NFT (con il marchio Juventus)

Il Tribunale di Roma (con ordinanza del 20 luglio 2022) ha accertato, sia pur sommariamente, che la Juventus ha realizzato “una diffusa attività di merchandising in vari settori (vestiario, accessori, giochi) effettuata sia tramite web che tramite store dedicati siti in varie parti d’Italia con l’utilizzo dei marchi in questione; la presenza della società sui principali network; la promozione di numerosi fan club”. Il Tribunale ha ritenuto addirittura essere “un dato notorio che detti marchi riguardano la squadra di calcio italiana più titolata e con maggiori tifosi in Italia ed all’estero”. 

Come abbiamo visto il Codice di Proprietà Industriale, all’art. 20, comma 1, lett. c), prevede che il titolare di un marchio rinomato possa vietare a terzi l’utilizzo di un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini (c.d. “protezione ultramerceologica”). 

Oltretutto, il Tribunale ha constatato che i marchi della Juventus sono stati registrati rivendicando esplicitamente anche la classe 9 (della classificazione internazionale di Nizza), riferendosi specificamente alle pubblicazioni elettroniche scaricabili.

In altre parole, anche se il marchio non fosse stato notorio, il Giudice avrebbe comunque dato ragione alla Juventus poiché aveva prudentemente registrato il marchio anche in classe 9 (quella dei software e degli NFT).  Il Giudice ha rilevato inoltre che, poiché la Juventus è attiva anche nel settore dei videogiochi online (e non solo), l’utilizzo dei segni distintivi avrebbe comportato un elevato rischio di confusione per i consumatori e un vantaggio ingiusto per i competitor. 

Alla luce delle considerazioni effettuate il Tribunale di Roma ha infine disposto l’inibitoria “dell’ulteriore produzione e commercializzazione, promozione e offerta in vendita, diretta e/o indiretta, in qualsiasi modo o forma, degli NFT (non-fungible token) e dei contenuti digitali in narrativa, nonché di ogni altro NFT (non-fungible token), contenuto digitale  prodotto in genere recante la fotografia di cui in narrativa, anche modificata, e/o i marchi di Juventus di cui in narrativa, nonché l’uso di detti marchi in qualsiasi forma e modalità”. 

L’impatto degli NFT sulla scelta delle classi nella registrazione dei marchi

Quando si deposita un marchio occorre sempre fare molta attenzione alla c.d. scelta delle classi per ottenere la protezione più calzante possibile con il proprio settore di attività. Con la trasformazione digitale e l’avvento di tecnologie come blockchain ed NFT, le imprese dovrebbero fare ancora più attenzione a ponderare l’eventuale rivendicazione, a titolo difensivo, anche nella classe tipica dei software e di altre tecnologie informatiche (Classe 9).

Infatti, sono davvero pochi i marchi notori e, conseguentemente, le imprese che possono contare sulla c.d. protezione ultramerceologica. 

Attenzione però. Le ultime linee guida dell’EUIPO sottolineano che, essendo che gli NFT sono potenzialmente associabili a qualsiasi prodotto o servizio, la descrizione della classe dovrà essere particolarmente specifica ed accurata. Ci pare che il tema cominci a somigliare a quello già rilevante in materia di vendita (classe 35) e della manutenzione (classe 37).

Lo studio, quotidianamente attivo nell’attività di registrazione dei marchi, è in grado di consigliare al meglio circa le classi, i prodotti e i servizi da rivendicare in sede di deposito.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 30 Novembre 2022
Ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2023

È consentita la riproduzione testuale dell’articolo, anche a fini commerciali, nei limiti del 15% della sua totalità a condizione che venga indicata chiaramente la fonte. In caso di riproduzione online, deve essere inserito un link all’articolo originale. La riproduzione o la parafrasi non autorizzata e senza indicazione della fonte sarà perseguita legalmente.

Margherita Manca

Avvocato presso lo Studio Legale Canella Camaiora, iscritta all’Ordine degli Avvocati di Milano, si occupa di diritto industriale
Leggi la bio
error: Content is protected !!