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L’introduzione del regolamento MiCA (Markets in Crypto-Assets Regulation) segna una svolta per il business delle cripto-attività in Europa e in Italia. Questo articolo analizza le principali innovazioni normative, dalla classificazione delle cripto-attività agli obblighi per emittenti e fornitori di servizi. Con un focus su trasparenza, antiriciclaggio e armonizzazione fiscale, esploriamo le implicazioni pratiche per imprese e investitori, offrendo una panoramica sul riassetto normativo necessario per garantire un mercato più sicuro e competitivo. Infine, confrontiamo l’approccio dell’UE con le normative di Regno Unito e Svizzera.
Una città senza semafori né segnaletica: un caos totale. Così appariva, fino a poco tempo fa, il mercato europeo delle cripto-attività. L’introduzione del regolamento MiCA (Markets in Crypto-Assets Regulation) da parte dell’Unione Europea mira a portare ordine in questo scenario complesso. Approvato dal Parlamento Europeo nell’aprile 2023 e pubblicato a giugno dello stesso anno, il MiCA sarà pienamente operativo dal 30 dicembre 2024, con alcune disposizioni già attive a partire da giugno 2024. Il regolamento intende fornire un quadro giuridico chiaro e armonizzato per un settore che, finora, ha sofferto di approcci normativi frammentari e disomogenei.
Il MiCA è il primo regolamento europeo che classifica le cripto-attività in tre categorie principali:
Ogni categoria comporta obblighi specifici sia per l’emissione che per la negoziazione. Ad esempio, gli emittenti sono tenuti a pubblicare un white paper, un documento che descriva dettagliatamente le informazioni sull’emittente, le caratteristiche tecniche e funzionali dell’attività crittografica e i rischi associati. Questo white paper dovrà essere approvato dalle autorità competenti, come la CONSOB in Italia, migliorando la trasparenza del mercato e riducendo i rischi di frode.
Anche i fornitori di servizi di cripto-attività (CASPs) sono sottoposti a nuovi requisiti. Tra questi vi sono l’obbligo di ottenere una licenza, il rispetto degli standard operativi definiti dal regolamento e l’adozione di pratiche solide in materia di governance e capitale. La protezione degli investitori e una gestione del rischio rigorosa diventano condizioni fondamentali per operare nel settore.
Un aspetto innovativo del MiCA è l’integrazione delle normative antiriciclaggio (AML). Gli operatori dovranno implementare misure di due diligence, in conformità con la Direttiva (UE) 2018/843 (AMLD5), recepita in Italia dal D.Lgs. 231/2007. Questo contribuirà a costruire un mercato più sicuro e trasparente, promuovendo fiducia e crescita.
L’implementazione del MiCA in Italia richiederà un riassetto normativo significativo, soprattutto per evitare sovrapposizioni con le normative esistenti, come quelle fiscali o relative al monitoraggio delle attività finanziarie. Ma quali saranno le conseguenze concrete per imprese e investitori? La risposta a questa domanda sarà centrale per comprendere l’effettiva portata del regolamento.
Nel vasto e complesso regno delle criptovalute, comprendere il regime fiscale applicabile in Italia è una vera sfida. Le cripto-attività, infatti, non sono considerate valute, ma vengono trattate come “beni” ai fini fiscali. Questa definizione incide direttamente sulla tassazione delle plusvalenze generate dalle transazioni.
Secondo l’articolo 67 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), le plusvalenze derivanti dalla vendita di cripto-attività sono classificate come “redditi diversi di natura finanziaria”. Questi redditi sono soggetti a un’aliquota del 26%, ma solo nel caso in cui le giacenze di portafoglio superino i 51.645,69 euro per almeno sette giorni consecutivi. Questo implica che trader e investitori devono monitorare attentamente le proprie giacenze per evitare sanzioni.
Tuttavia, la fiscalità non si limita alla compravendita con valuta fiat. Anche lo scambio tra criptovalute diverse è considerato una cessione a titolo oneroso e, in caso di guadagno, è soggetto a tassazione. Ad esempio, lo scambio di Bitcoin con Ether potrebbe generare una plusvalenza tassabile, rendendo il calcolo fiscale delle transazioni particolarmente complesso.
Dal punto di vista dell’IVA, il trattamento è più definito. In base alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Hedqvist, C-264/14), le operazioni di cambio tra valute tradizionali e criptovalute sono esenti da IVA. L’Agenzia delle Entrate italiana ha recepito questa posizione, esentando tali operazioni da ulteriori imposizioni. Tuttavia, se un’azienda offre servizi accessori o consulenze legate alle criptovalute, questi possono essere soggetti a IVA, a seconda della loro natura.
Per quanto riguarda il mining e lo staking, il quadro fiscale diventa ancora più articolato. Secondo la Risoluzione n. 72/E del 2016 dell’Agenzia delle Entrate, i proventi derivanti dal mining, se svolto in modo professionale e continuativo, sono tassabili come redditi d’impresa e soggetti a IVA. Invece, le attività di stalking, che comportano la ricezione di ricompense in cripto-attività, sono trattate come redditi diversi, tassati in base al valore di mercato al momento dell’acquisizione.
Le obbligazioni di monitoraggio fiscale prevedono che i residenti italiani debbano dichiarare le cripto-attività detenute nel quadro RW della dichiarazione dei redditi, a prescindere che siano custodite presso exchange esteri o wallet privati. La mancata dichiarazione può comportare sanzioni elevate, che vanno dal 3% al 15% dell’importo non dichiarato (fino al 30% per beni detenuti in paesi della c.d. black-list).
Nonostante il regolamento MiCA possa favorire una maggiore armonizzazione fiscale a livello europeo, il panorama attuale richiede grande attenzione e un’attenta gestione degli obblighi tributari.
Con queste complessità fiscali, è naturale chiedersi: come varia la regolamentazione delle cripto-attività al di fuori dell’UE?
Nel mercato globale delle cripto-attività, il Regno Unito e la Svizzera rappresentano due approcci normativi distinti rispetto all’Unione Europea. Se il regolamento MiCA punta a uniformare il mercato delle cripto-attività in tutti i paesi membri dell’UE, il Regno Unito e la Svizzera preferiscono modelli personalizzati, adattati alle loro esigenze economiche e legislative. Ma quali implicazioni ha tutto questo per operatori e investitori?
Nel Regno Unito, la situazione normativa si è evoluta ulteriormente dopo la Brexit. La Financial Conduct Authority (FCA) richiede che tutte le imprese di cripto-attività si registrino e rispettino rigide norme in materia di antiriciclaggio (AML) e di contrasto al finanziamento del terrorismo (CTF), in conformità con il “Money Laundering, Terrorist Financing and Transfer of Funds (Information on the Payer) Regulations 2017”, modificato nel 2019 per recepire le disposizioni della Quinta Direttiva Antiriciclaggio (AMLD5). Questa normativa impone procedure di due diligence sui clienti, monitoraggio continuo delle transazioni e segnalazione di attività sospette, con l’obiettivo di prevenire il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo.
Nonostante queste misure puntino a proteggere i consumatori, il Regno Unito, non avendo un quadro organico paragonabile al MiCA, mantiene una maggiore flessibilità normativa. Questa situazione può offrire opportunità per le imprese, ma genera anche incertezza per gli operatori.
Un possibile cambiamento potrebbe arrivare con il Financial Services and Markets Bill, attualmente in discussione. Questo disegno di legge mira a introdurre una regolamentazione più strutturata per settori come le stablecoin e i fornitori di servizi di cripto-attività, avvicinando il Regno Unito a un sistema normativo simile a quello del MiCA. Tuttavia, il governo britannico sembra voler preservare un equilibrio tra la promozione dell’innovazione e la protezione del mercato, garantendo al tempo stesso competitività globale.
La Svizzera, invece, si distingue per il suo approccio pionieristico. Il Blockchain Act, entrato in vigore nel 2021, ha introdotto un quadro normativo dettagliato e chiaro, comprensivo di una licenza specifica per le infrastrutture basate su tecnologia DLT (Distributed Ledger Technology). La FINMA (Autorità Federale di Vigilanza sui Mercati Finanziari) è riconosciuta come una delle autorità più proattive nella regolamentazione delle cripto-attività.
La Svizzera ha classificato in modo preciso i token in tre categorie principali:
Grazie a regole chiare per ogni categoria, la Svizzera ha creato un ambiente normativo stabile e prevedibile, che ha favorito l’emergere della Crypto Valley nella regione di Zugo. Questa zona è diventata un punto di riferimento per aziende fintech e start-up legate alle cripto-attività.
Dal punto di vista fiscale, la Svizzera offre un ulteriore vantaggio competitivo. Le plusvalenze derivanti da cripto-attività detenute come beni privati sono generalmente esenti da imposte, a meno che l’attività di trading non sia considerata “professionale”. Questo rende la Svizzera particolarmente attraente per gli investitori a lungo termine.
Mentre l’Unione Europea si sforza di costruire un mercato unico e armonizzato con il MiCA, il Regno Unito e la Svizzera offrono modelli alternativi, ognuno con i propri punti di forza e rischi. Ma come possono le imprese italiane e gli investitori sfruttare queste differenze per massimizzare i benefici?
L’introduzione del regolamento MiCA e la diversità delle normative globali impongono alle imprese e agli investitori italiani un rapido adattamento. In un contesto normativo in continua evoluzione, anticipare i cambiamenti rappresenta un’opportunità concreta per chi è in grado di interpretare e sfruttare le nuove dinamiche.
Con l’entrata in vigore del MiCA, le imprese operanti nel settore delle cripto-attività devono rivedere i propri processi per allinearsi ai nuovi requisiti. Ogni emittente sarà obbligato a redigere un white paper conforme agli standard MiCA, dettagliando informazioni sull’emittente, sulle caratteristiche dell’attività e sui rischi associati. I fornitori di servizi dovranno inoltre rispettare norme stringenti su licenze, governance e gestione del rischio. Collaborare con consulenti legali e fiscali qualificati diventa essenziale per garantire il rispetto delle regole e identificare eventuali vantaggi competitivi derivanti dall’adeguamento normativo. La conformità normativa non è solo un obbligo: è un’opportunità per rafforzare la fiducia dei clienti e consolidare la propria posizione di mercato.
La fiscalità italiana, con un’aliquota del 26% sulle plusvalenze oltre i 2.000 euro e l’obbligo di monitoraggio fiscale, richiede una pianificazione attenta. Imprese e investitori devono implementare strumenti per tracciare le operazioni e garantire una dichiarazione accurata. L’integrazione di tecnologie di blockchain analytics può facilitare la compliance fiscale, riducendo il rischio di errori e migliorando la gestione dei dati. Una pianificazione fiscale strategica consente inoltre di ottimizzare i costi, soprattutto in un settore in cui le transazioni possono essere complesse e soggette a tassazioni multiple.
Le normative del Regno Unito e della Svizzera offrono alternative interessanti per le imprese, grazie a un maggiore margine di flessibilità o a regimi fiscali più favorevoli. Conformità normativa, pianificazione fiscale e strategia internazionale sono i tre pilastri per muoversi in un contesto regolamentare complesso e altamente competitivo.
Avvocato Arlo Canella