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Quando “rubare” marchi diventa un business: il “trademark squatting” in Cina

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Arlo Canella
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In Cina, la registrazione dei marchi è diventata terreno fertile per chi sfrutta le lacune della legge sulla proprietà intellettuale per fare business. Mentre le aziende globali cercano di tutelarsi, le pratiche di “trademark squatting” mettono a rischio la loro reputazione e il loro accesso a uno dei mercati più grandi del mondo.

Il business del "trademark squatting" in Cina

Il trademark squatting in Cina rappresenta una delle sfide più complesse per le imprese internazionali, che devono confrontarsi con un sistema legale basato sul principio del “first-to-file”. In base a questo principio, chi registra per primo un marchio in Cina è generalmente considerato il titolare dei diritti su di esso, indipendentemente dall’uso effettivo o dalla notorietà preesistente del brand in altri Paesi. Nonostante le recenti riforme normative che mirano a limitare le registrazioni in malafede, questo approccio giuridico offre ancora molte opportunità a chi vuole fare “speculazione”.

Questo sistema ha creato un ambiente favorevole per i trademark squatters: individui o aziende cinesi che registrano in anticipo marchi famosi con l’intento di estorcere denaro o bloccare l’accesso al mercato cinese. La storia recente è costellata di casi significativi.

Nel 2006, una società cinese registrò il marchio Tesla prima della casa automobilistica americana. Il risultato? Elon Musk fu costretto a negoziare per riacquistare i diritti, pagando una cifra considerevole per riprendere possesso del marchio (si v. “Tesla resolves trademark dispute in China”).

Nel 2012, Apple si trovò di fronte a una situazione simile quando un’azienda cinese registrò “iPhone” per borse e accessori di pelletteria. Anche in questo caso, Apple dovette pagare una somma sostanziosa per riottenere il marchio in Cina (si v. “Chinese court rules Apple has to share the trademark ‘iPhone’ with a leather goods maker”).

Il brand giapponese Muji ha affrontato una battaglia simile prima del 2017, quando una società cinese registrò la traslitterazione cinese del suo nome, “无印良品”, per tessuti e rivestimenti per la casa, portando a un contenzioso lungo e costoso (si v. “The “MUJI” case shows the limitations of the current Chinese trade mark system”).

Dopo la Coppa del Mondo FIFA 2018, il nome del calciatore Kylian Mbappé fu registrato in Cina da oltre 137 soggetti diversi, costringendolo a prendere provvedimenti legali per proteggere il proprio nome e la propria immagine (si v. “Celebrity Name Trademarks Kicked Into Spotlight”).

Nel 2023, il marchio Patagonia si è trovato di fronte a sfide simili in Cina, con aziende locali che hanno registrato il marchio dell’azienda senza alcun legame legittimo con essa. La società ha dovuto avviare azioni legali per annullare queste registrazioni e riprendere il controllo del brand. Questo caso evidenzia l’importanza e l’opportunità delle recenti riforme normative cinesi, come evidenziato nell’articolo del South China Morning Post  (si v. “China tackling ‘bad faith’ trademark hoarding, squatting rules to protect IP, be more attractive to investment”).

Ma non sono solo i grandi nomi a dover affrontare i trademark squatters. La nostra esperienza ci ha permesso di rappresentare con successo molti clienti, proteggendo i loro marchi anche in Cina, grazie a un approccio strategico e a solide relazioni con corrispondenti e istituzioni locali. In un contesto dove il valore di un marchio può definire il successo o il fallimento di un’azienda, la prevenzione e una protezione tempestiva sono essenziali. Il nostro obiettivo è garantire che i diritti dei nostri clienti siano sempre tutelati al massimo livello, evitando conflitti e garantendo la sicurezza dei loro asset immateriali più preziosi.

La “corsa” alla registrazione dei marchi in Cina

I casi citati di Tesla, Apple e Patagonia dimostrano che attendere troppo a lungo per registrare un marchio in Cina può portare a battaglie legali complesse e costose. In un sistema in cui il principio del “first-to-file” garantisce i diritti sui marchi a chi registra per primo, le aziende che non si muovono per tempo rischiano di affrontare i cosiddetti “trademark squatters”. Questo rende la registrazione preventiva una mossa strategica fondamentale.

Il costo medio per registrare un marchio in una singola classe merceologica in Cina è di circa $1.000 – $1.200, comprese le tasse e gli oneri governativi. Aggiungere ulteriori classi può costare tra $300 e $500 per classe aggiuntiva (per approfondire il tema delle sottoclassi si v. “La registrazione dei marchi in Cina: procedura, sottoclassi e rischio di decadenza”). Tuttavia, se un’azienda si trova a dover recuperare un marchio registrato in malafede, il costo può facilmente decuplicarsi. In questi casi, la competenza e la specializzazione dei legali possono fare la differenza tra un recupero efficace e un contenzioso inutilmente oneroso.

Registrare un marchio in anticipo non solo protegge da questi rischi, ma offre anche strumenti legali per contrastare la contraffazione. Una volta registrato, il marchio può essere inserito nel sistema delle dogane cinesi per bloccare le esportazioni di merci contraffatte. Senza questa protezione, è quasi impossibile rimuovere prodotti contraffatti dai principali mercati online come Alibaba e JD.com.

Le aziende che non sono proattive rischiano di subire perdite significative, sia in termini finanziari che di reputazione. Registrare il marchio prima di entrare nel mercato cinese, o persino prima di iniziare la produzione, è una strategia prudente e relativamente economica. Come dimostrano molti casi, la registrazione tempestiva è una protezione indispensabile per garantire la sicurezza del marchio in territorio cinese.

Capire le diverse minacce è essenziale per preparare una strategia efficace contro i depositanti in malafede in Cina. Questi registranti abusivi si dividono in diverse categorie, ognuna con “ragioni” proprie e peculiari.

Ci sono coloro che adottano vere e proprie logiche di “estorsione“, registrando marchi di aziende straniere senza mai utilizzarli, nella speranza di rivenderli ai legittimi proprietari o a terzi, con prezzi di partenza intorno ai 10.000 USD per marchio. Sebbene si tratti di casi evidentemente in malafede, il processo di annullamento, come abbiamo visto, può essere lungo e costoso, con risultati comunque incerti.

Poi ci sono i contraffattori, che approfittano del ritardo dei brand per registrare marchi e produrre beni contraffatti, proteggendosi così da azioni legali da parte dei veri titolari. Poiché questi marchi vengono effettivamente utilizzati nel commercio, è difficile ottenerne la cancellazione, a meno che non si riesca a dimostrare che il marchio è “ben noto” in Cina, un’impresa tutt’altro che semplice.

Esistono anche i partner cinesi “prudenti”, come fornitori o distributori locali, che registrano marchi con la scusa di proteggerli a favore dei committenti, ma senza informare questi ultimi. Se il rapporto commerciale è positivo, trasferire il marchio può essere relativamente semplice; se invece il rapporto si è deteriorato, potrebbe essere necessario dimostrare la malafede del partner.

Infine, ci sono i “copioni casuali”, che registrano un marchio in modo indipendente, sostenendo di averlo sviluppato autonomamente. In questi casi, se non sono disposti a vendere, le opzioni per il vero titolare sono molto limitate, poiché il registrante ha agito legittimamente secondo il principio del “first-to-file” cinese.

Conoscere queste categorie di soggetti aiuta a valutare i rischi e a pianificare una risposta. Tuttavia, per affrontare queste situazioni, è sempre possibile ricorrere a consulenti legali esperti che conoscano le particolarità del sistema giuridico cinese. Nel prossimo capitolo, analizzeremo come sia consigliabile agire in questi casi, sfruttando le recenti modifiche alla legge e le nuove pratiche giudiziarie.

Strategia di risposta legale al "furto" del marchio

In Cina, difendersi dal trademark squatting richiede azioni rapide e una strategia ben definita. Sebbene le modifiche alla legge sui marchi abbiano reso più agevole contestare le registrazioni in malafede, il successo dipende dalla capacità di agire tempestivamente e in modo strategico.

La prima linea di difesa consiste nel presentare un’opposizione o nel richiedere l’annullamento del marchio registrato abusivamente. In seguito alle revisioni della legge sui marchi del 2019, è ora possibile contestare un marchio non solo per malafede, ma anche per mancanza di una reale intenzione di utilizzo. Questo elemento è stato introdotto per combattere le registrazioni speculative e consente di snellire le procedure legali, riducendo il carico delle prove necessarie per dimostrare la malafede. È fondamentale fornire evidenze chiare di comportamenti abusivi, come registrazioni massive e sistematiche o richieste di “riscatto” da parte del registrante.

Le azioni civili offrono un’altra strada efficace, soprattutto quando il marchio abusivo ha causato danni economici. I tribunali cinesi sono sempre più inclini a considerare queste pratiche come atti di concorrenza sleale, permettendo ai legittimi titolari di ottenere risarcimenti. In base alla Legge contro la Concorrenza Sleale, un marchio registrato in malafede che arreca danno a un concorrente può essere sanzionato in sede civile. Ciò consente ai titolari originali di recuperare i costi legali e i danni economici subiti. Un caso emblematico è quello di Emerson Electric Co. vs. Xiamen Water Angels Drinking Water Equipment Co. Ltd del 2021, in cui il tribunale ha qualificato l’atto di registrazione in malafede come concorrenza sleale. Questo ha stabilito un precedente importante per le future controversie legali in Cina, evidenziando un’evoluzione positiva nella giurisprudenza a favore dei titolari legittimi.

Le nuove norme del 2019 hanno introdotto sanzioni specifiche anche contro gli agenti locali che facilitano le registrazioni sistematiche e in malafede. Gli agenti che supportano registrazioni ripetute e palesemente abusive possono ora essere multati e sanzionati. Questo rappresenta un deterrente significativo contro la proliferazione di tali pratiche, aumentando la responsabilità degli intermediari coinvolti.

Infine, il monitoraggio costante dei registri dei marchi è essenziale. Intervenire rapidamente, entro il termine concesso per presentare un’opposizione, può prevenire battaglie legali costose e prolungate. Gli strumenti di sorveglianza sui marchi permettono alle imprese e ai loro legali di agire in modo tempestivo ed efficiente, riducendo il rischio di contenziosi e proteggendo meglio i propri asset intellettuali.

Le recenti evoluzioni mostrano segnali positivi, ma rimanere proattivi e ben informati è fondamentale. Nel prossimo paragrafo, esploreremo come sfruttare strumenti internazionali per proteggere ulteriormente i marchi contro i depositi abusivi e costruire una difesa solida e anche a livello internazionale.

Come sfruttare le convenzioni internazionali contro lo squatting

La Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale rappresenta uno strumento chiave nella strategia di protezione dei marchi a livello internazionale, inclusa la Cina. In un sistema globale dove le minacce di trademark squatting sono sempre presenti, la Convenzione offre ai titolari di marchi un vantaggio significativo: il diritto di priorità. Questo concetto giuridico è essenziale per proteggere i marchi dall’essere registrati abusivamente in nuovi mercati.

La priorità di sei mesi prevista dalla Convenzione di Parigi permette a chi registra un marchio in un paese membro di richiedere la protezione del medesimo marchio in altri paesi membri entro un periodo di sei mesi, mantenendo come data di deposito quella del primo deposito nazionale. Questo significa che un marchio registrato in Italia, ad esempio, il 1° gennaio, può essere registrato in Cina entro il 1° luglio dello stesso anno, retrodatando la protezione al 1° gennaio. Tale diritto di priorità è uno strumento potente, poiché consente ai brand di estendere la protezione del loro marchio senza rischiare che i trademark squatters intervengano nel frattempo per bloccare o sfruttare la registrazione del marchio in Cina.

I vantaggi di questa strategia sono molteplici. Innanzitutto, offre ai titolari di marchi un margine di sicurezza temporale per pianificare la loro espansione in nuovi mercati senza la fretta di dover depositare immediatamente in ogni giurisdizione. Questo può essere particolarmente utile per le piccole e medie imprese che desiderano proteggere i loro asset intellettuali a livello globale senza dover affrontare costi di registrazione simultanea in molteplici paesi.

Inoltre, la Convenzione di Parigi funge da deterrente contro i depositi abusivi. Sapendo che un marchio depositato in un paese membro gode di una protezione di sei mesi anche per i depositi successivi in altri paesi membri, i trademark squatters potrebbero essere meno inclini a registrare marchi in malafede in Cina, perché sanno che la loro registrazione potrebbe facilmente essere invalidata. Questo non solo aiuta a ridurre il rischio di perdere il marchio a causa di azioni di “squatting”, ma può anche risparmiare a un’azienda il costo e lo sforzo di dover intraprendere azioni legali per recuperare un marchio registrato abusivamente.

Un ulteriore vantaggio è la possibilità di sincronizzare le strategie di marketing e di branding a livello globale. Con la sicurezza che il proprio marchio è protetto in più giurisdizioni, le aziende possono lanciare i loro prodotti o servizi con un’identità coerente in diversi mercati, senza dover temere che la loro immagine possa essere compromessa da dispute legali locali.

La combinazione di strumenti internazionali e locali risulta quindi essenziale. Mentre le leggi cinesi sui marchi si stanno rafforzando contro le registrazioni abusive, utilizzare la Convenzione di Parigi come parte di una strategia di protezione più ampia consente alle aziende di costruire una difesa solida e integrata. Il prossimo passo potrebbe essere quello di combinare questa protezione con il Protocollo di Madrid, che consente una registrazione internazionale centralizzata e può ulteriormente facilitare la gestione dei diritti di marchio in tutto il mondo.

Casi pratici e raccomandazioni

Affrontare il trademark squatting in Cina non è mai semplice, ma diversi casi reali mostrano come le strategie giuste possano fare la differenza. In vari esempi, aziende internazionali sono riuscite a recuperare i loro marchi registrati abusivamente. Un caso emblematico è quello di un nostro cliente che ha ottenuto la “restituzione” del marchio depositato dal proprio fornitore cinese. Quest’ultimo aveva giustificato l’azione come una “protezione”, ma si trattava chiaramente di un abuso. Attraverso negoziazioni e pressioni legali, siamo riusciti a risolvere la questione senza dover entrare in una lunga battaglia giudiziaria.

In altri casi, i clienti si sono trovati a fronteggiare squatters che, notando il potenziale di brand emergenti, hanno registrato i marchi in Cina senza alcuna autorizzazione. Qui, la minaccia di azioni legali ha spesso portato a un esito positivo, con la restituzione del marchio. Tuttavia, per accelerare il processo, è stato spesso necessario pagare un corrispettivo concordato, evitando così una lunga e costosa controversia legale in oriente.

Attualmente, stiamo gestendo con l’ausilio di corrispondenti di fiducia, diversi contenziosi per concorrenza sleale contro squatter nella Repubblica Popolare Cinese, il che ci ha consentito di dimostrare che il sistema giudiziario cinese può offrire una via di risoluzione efficace per proteggere i legittimi titolari dei brand occidentali.

Tuttavia, le lezioni chiave sono chiare: una registrazione preventiva del marchio in Cina è essenziale per prevenire questi problemi. Quando il danno è già fatto, muoversi rapidamente con legali esperti, combinando azioni amministrative e civili, può essere determinante. La prevenzione resta, però, l’arma più efficace contro le registrazioni in malafede.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 4 Settembre 2024

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Avv. Arlo Cannela

Avvocato Arlo Canella

Managing Partner dello studio legale Canella Camaiora, iscritto all’Ordine degli Avvocati di Milano, appassionato di Branding, Comunicazione e Design.
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