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La concorrenza sleale per storno dei dipendenti (art. 2598, n. 3 Codice Civile) si verifica quando un’azienda recluta in blocco i dipendenti di un concorrente, danneggiando l’attività economica di quest’ultimo.
Per dimostrare la concorrenza sleale mediante storno dei dipendenti è necessario verificare una serie di presupposti fondamentali:
Questi tre elementi costituiscono la base su cui si fonda la prova dell’illecito di concorrenza sleale mediante storno dei dipendenti. La presenza contemporanea di questi presupposti è indispensabile per sostenere l’accusa in sede legale. Un esempio piuttosto risalente che illustra questi presupposti è la sentenza della Cassazione Civile, Sezione I, n. 13424 del 23 maggio 2008. In questo caso, il Sig. Rossi era stato accusato di concorrenza sleale per aver costituito una nuova società, la Alfa srl, mentre era ancora socio della Beta srl, con l’intento di sottrarre sia il personale specializzato sia il principale cliente della Beta.
Era stato dimostrato che il Sig. Rossi aveva intenzione di danneggiare deliberatamente la Beta, come emerso dalle testimonianze raccolte. Il teste Bianchi aveva testimoniato che il Sig. Rossi, poco prima di lasciare la Beta, gli aveva offerto di seguirlo nella nuova società, assicurandogli che la Beta avrebbe perso il lavoro commissionato dalla Gamma e insinuando che, se non avesse accettato subito, non lo avrebbe più preso in un secondo momento. Queste dichiarazioni sono state corroborate da altre testimonianze che, pur non ammettendo pressioni dirette, hanno implicitamente confermato l’intenzione del Sig. Rossi di creare instabilità nella Beta e portare via il personale.
La sequenza degli eventi – la costituzione della nuova società, la cessione delle quote della Beta da parte del Sig. Rossi, le dimissioni di cinque dipendenti su undici, incluso uno molto importante, e il travaso delle commesse della Gamma dalla Beta alla Alfa – aveva dimostrato che l’azione del Sig. Rossi era idonea a causare un danno significativo alla Beta, anche senza la necessità di provare un danno effettivo immediato. La Corte aveva ritenuto che la perdita del personale chiave e, conseguentemente, del principale cliente Gamma fosse sufficiente a configurare il danno potenziale richiesto per l’illecito.
Tuttavia, questo esempio concreto evidenzia come la combinazione di prove testimoniali, la dimostrazione dell’intenzione dannosa e l’idoneità dell’atto a causare un danno siano indispensabili per far accertare un illecito di concorrenza sleale mediante storno dei dipendenti, rendendolo invero molto difficile da provare. Vediamo meglio quali sono le ragioni di tali difficoltà.
Dimostrare la concorrenza sleale per storno dei dipendenti è complesso perché:
Come abbiamo visto, quindi, è complicato dimostrare l’intenzione malevola dell’azienda che ha effettuato lo storno. Questo richiede di fornire prove concrete che l’atto di storno sia stato eseguito con l’intento specifico di danneggiare il concorrente.
Uno degli aspetti più delicati e complessi del fenomeno dello storno dei dipendenti riguarda il know-how. Questo termine si riferisce alle competenze, alle conoscenze e alle esperienze che i dipendenti portano con sé quando cambiano datore di lavoro. Il know-how può essere di due tipi:
Questi fattori rendono la prova dell’animus nocendi e del danno potenziale ancora più particolari, poiché è necessario dimostrare non solo l’intenzione malevola ma anche che il know-how sottratto era effettivamente una risorsa esclusiva e riservata dell’azienda danneggiata, oltre le modalità con cui sarebbe stata sottratta e trasferita in blocco tale documentazione. La presenza di accordi di riservatezza, la natura delle informazioni trasferite giocano un ruolo rilevante in questa valutazione.
La giurisprudenza ha progressivamente oggettivizzato il requisito dell’animus nocendi, riconoscendo l’illecito in presenza di circostanze oggettive che indicano un comportamento contrario ai principi di correttezza professionale, come ad esempio:
Un esempio di questa evoluzione è rappresentato da una recente sentenza del Tribunale delle Imprese di Roma, depositata il 29 settembre 2023. In questo caso, una società aveva agito nei confronti di un’altra , accusandola di concorrenza sleale per storno di dipendenti.
La sentenza ha evidenziato che, nonostante l’accusa di storno di dipendenti, non vi era prova sufficiente di animus nocendi, considerando che solo tre dipendenti erano stati assunti dalla convenuta e che non vi era un impatto significativo sulla struttura della società attrice. Inoltre, la corte ha riconosciuto la legittimità della libera circolazione dei lavoratori e della libera iniziativa economica, in linea con gli articoli 4 e 41 della Costituzione Italiana, in linea con l’orientamento della suprema corte: “il requisito dell’animus nocendi va ‘considerato sussistente in linea puramente oggettiva ogni volta che lo storno sia stato posto in essere con modalità tali da non potersi giustificare, in rapporto ai principi di correttezza professionale, se non supponendo nell’autore l’intento di recare pregiudizio all’organizzazione e alla struttura produttiva del concorrente (Sez. 1, 29/12/2017, n. 31203; Sez. 1, 04/09/2013, n. 20228; Sez. 1, 23/05/2008, n. 13424)’.
Per valutare la concorrenza sleale mediante storno dei dipendenti, ovvero l’intento di nuocere al concorrente, si considerano diversi criteri oggettivi:
Un esempio significativo che illustra quanto sia complesso sostenere la concorrenza sleale è la sentenza della Cassazione Civile, Sezione I, Ord., n. 22625 del 19 luglio 2022. In questo caso, una società operante nel settore della formazione professionale aveva accusato un’altra azienda concorrente di concorrenza sleale per storno di dipendenti. La Corte di Cassazione aveva stabilito che lo storno dei dipendenti potesse configurare concorrenza sleale quando l’attività distrattiva delle risorse di personale dell’imprenditore fossero state poste in essere dal concorrente con modalità tali da non potersi giustificare, in rapporto ai principi di correttezza professionale, se non supponendo nell’autore l’intento di recare pregiudizio all’organizzazione ed alla struttura produttiva del concorrente.
Nel caso concreto, la Corte d’appello aveva escluso lo storno argomentando che non era corretto comprendere tra gli stornati i liberi professionisti che prestavano la loro collaborazione nei corsi, posizione che non impediva loro di svolgere analoghe attività per società operanti nel medesimo settore. Inoltre, aveva rilevato che non si era verificato l’effetto di svuotamento e di pregiudizio per l’operatività aziendale, e che mancava la prova della consapevolezza del soggetto agente dell’idoneità dell’atto a danneggiare, poiché le conoscenze e la professionalità dei lavoratori trasmigrati, pur se di pregio, non presentavano carattere di esclusività tali da rendere detti dipendenti assolutamente essenziali.
La Corte ha quindi rigettato il ricorso, ribadendo che la concorrenza sleale per storno di dipendenti deve essere valutata alla luce di criteri oggettivi e circostanze specifiche, senza presumere automaticamente l’animus nocendi senza adeguate prove.
Questo esempio dimostra come la configurabilità dell’illecito di concorrenza sleale per storno di dipendenti dipenda fortemente dalle circostanze oggettive del caso concreto e dalle conseguenze che esso ha determinato per l’azienda danneggiata. Tutti aspetti che vanno ragionati con cura, comprovati e comunicati al giudicante con il supporto di un avvocato esperto.
Avvocato Arlo Canella