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Capita sovente di ritrovare sul web siti un po’ troppo simili al proprio o di litigare con la Web Agency che si è occupata del suo sviluppo in merito alla proprietà intellettuale del sito stesso. In questo articolo ci occupiamo di spiegare cos’è – giuridicamente – un sito web e come tutelarsi da eventuali plagi, imitazioni o concorrenza sleale. Procediamo per gradi:
Il sito web, in buona sostanza, si compone di un insieme di documenti multimediali (le pagine), con cui è possibile interagire, collegati tra loro attraverso link e accomunati da un medesimo dominio. Trattandosi di un bene privo di corporalità rientra nella categoria dei c.d. beni immateriali o intangibles.
Insomma, si tratta di un’opera dell’ingegno di carattere creativo rientrante, quindi, all’interno della tutela del diritto d’autore. Ciononostante, la qualificazione giuridica del sito web rimane incerta, essendoci due orientamenti principali:
Resta fermo che il sito web può essere tecnicamente rappresentato da una stringa di codice e, per questo motivo, può finire per essere ascritto anche alla categoria dei software.
Comunque, alla luce della qualificazione di dettaglio sopra operata, la disciplina della proprietà intellettuale del sito web va ricercata, per quanto attiene il diritto italiano, soprattutto all’interno della L. 633/1941 ovvero nella nostra Legge sulla Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio.
Per comprendere a chi spettino i diritti conferiti dalla tutela autoriale occorre prima comprendere chi sia l’effettivo autore del sito web.
Quando si parla di progettazione di siti web, vi sono essenzialmente 4 figure primarie:
Nessuna delle figure sopra citate può essere considerata come unico autore del sito web, potendone perlopiù essere considerate coautori o semplici responsabili.
La figura dominante, in termini creativo-autoriali, pare essere soprattutto il c.d. “web designer”, vale a dire colui che prepara lo spazio, lo associa ad un nome, installa il CMS, i plugin e il template grafico controllando le licenze coinvolte, ne stabilisce le impostazioni, ne distribuisce i contenuti, ne organizza la veste grafica, ne gestisce il funzionamento e l’implementazione.
Si noti, tuttavia, che il committente del sito web potrebbe aver dato un contributo, rilevante e scindibile, in termini di istruzioni per lo sviluppo del sito web (e di tale apporto occorre tenere conto) oltre che con riferimento alla promozione, alla diffusione, alla redditività.
Si può dire, inoltre, che il sito web sviluppato ad hoc, nonostante risulti moralmente del progettista o dell’ideatore, in termini di diritto patrimoniale appartenga a “chi ha pagato per la sua realizzazione” ovvero al committente. A tal riguardo, la Suprema Corte di Cassazione ha precisato che, in caso di rapporto di committenza, il committente acquista, a titolo originario i diritti di utilizzazione economica dell’opera (Cass. Civ. Sez. I, 14/06/2016 n. 13171).
Tuttavia, il contratto potrebbe prevedere eccezioni al principio generale (più favorevoli alla Web Agency). Il diritto di committente/sviluppatore concerne solo “quanto sviluppato” poiché risulta chiaro che quanto fosse ascrivibile al CMS, senza apporto creativo, non potrà essere considerato come creazione del web designer e, quindi, di proprietà del committente.
Per quanto attiene il rapporto con i terzi, si noti che il diritto d’autore è soggetto al principio della tutela automatica nel senso che il diritto esiste dal momento in cui l’opera viene creata, passo passo con il suo sviluppo. Tale diritto, prevede che nessuno possa copiarla o modificarla senza l’autorizzazione dell’autore. In caso di violazione sarà quindi possibile agire nei confronti dei terzi sulla base di tale diritto.
Precisiamo che l’unica sentenza a trattare apertamente la tematica esposta nel presente articolo risale al 1998, quando il Tribunale di Bari stabilì che il sito web è un’opera creativa quando le modalità di accesso, il tipo di informazioni e i modi di consultazione sono originali e frutto di un’attività intellettuale di tipo creativo.
Tale decisione è stata frutto di un’interpretazione estensiva dell’art. 2 della Legge 633/1941 che si limita a fornire un elenco esemplificativo, ma non esaustivo, delle opere tutelabili dal diritto d’autore.
La sentenza di cui sopra risale, tuttavia, a un’epoca in cui i siti web venivano costruiti in maniera totalmente diversa rispetto a quella di oggi, ed erano perlopiù siti vetrina, con poche informazioni presenti. A seguito di tale sentenza, nessuna Corte si è più espressa su questa tematica, né la legislazione ha subito modifiche volte ad attribuire un ruolo al sito web all’interno del panorama del diritto d’autore.
Ci sembra tuttavia il caso di sottolineare che la maggior parte dei casi di contenzioso concernenti il sito web passi dalla concorrenza sleale.
Il sito web può essere tutelato anche ai sensi e per gli effetti della normativa sulla concorrenza sleale (art. 2598 c.c.). L’imitazione sistematica di forme particolari e originali proposte all’interno di un sito, quali layout, contenuti e prodotti pubblicizzati o venduti, potrebbe risultare idonea a ingenerare confusione presso il consumatore, ad appropriarsi dei pregi e, quindi, della reputazione positiva di un concorrente.
Infatti, l’art. 102 della Legge 633/1941 dispone che: “È vietata come atto di concorrenza sleale, la riproduzione o imitazione sopra altre opere della medesima specie, delle testate, degli emblemi, dei fregi, delle disposizioni di segni o caratteri di stampa e di ogni altra particolarità di forma o di colore nell’aspetto esterno dell’opera dell’ingegno, quando detta riproduzione o imitazione sia atta a creare confusione di opera o di autore”.
Viene inoltre definito parassitismo sincronico lo sfruttamento del lavoro altrui attraverso un comportamento globale o un insieme di atti posti in essere contemporaneamente e una sola volta. Copiare siti web di terzi configura, il più delle volte, tale illecito.
Nonostante la valutazione della concorrenza sleale, ovvero l’attraversamento improprio della linea che divide ciò che è corretto da ciò che non lo è, sia una valutazione possibile solo a posteriori, giova considerare quanto segue.
La registrazione del design di un sito web come disegno multiplo (ad esempio, delle interfacce grafiche) consente di stabilire, in modo preciso, cosa si desidera proteggere della struttura del proprio sito. L’investimento sostenuto con la registrazione, di prassi, segue la progettazione del sito web, consentendo al titolare di contestare, sulla base della registrazione, la copia pedissequa del proprio sito, richiedendo l’inibitoria all’utilizzo.
Margherita Manca