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Come difendersi da una contestazione disciplinare?

Pubblicato in: Diritto del Lavoro
di Debora Teruggia
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Quando non si risponde adeguatamente ad una contestazione disciplinare oppure quando si risulta essere “recidivi”, il datore di lavoro è senza dubbio agevolato nella procedura di licenziamento. In questo articolo risponderemo alle seguenti domande:

Come rispondere a una contestazione disciplinare?

Che si tratti di assenze ingiustificate, ritardi, insubordinazione... occorre rispondere adeguatamente alla contestazione altrimenti si rischia il licenziamento o altre sanzioni. La contestazione, infatti, è l’atto formale con cui il datore di lavoro, precisando il comportamento scorretto del lavoratore, segnala l’inadempimento di uno o più obblighi discendenti dal contratto di lavoro. La contestazione disciplinare coincide infatti con l’avvio del c.d. procedimento disciplinare.

Tuttavia, prima di irrogare qualsiasi sanzione (dal semplice richiamo scritto sino al licenziamento) il datore di lavoro deve prima aver contestato specificatamente la condotta lesiva al lavoratore.

Per risultare valida ed efficace, la contestazione disciplinare deve rispettare i seguenti criteri:

  • deve essere trasmessa per iscritto (consegnata a mani, a mezzo raccomandata, a mezzo mail, a mezzo pec);
  • deve essere tempestiva, ovvero inviata al lavoratore in prossimità del comportamento contestato;
  • deve essere chiara e precisa ovvero il lavoratore deve essere messo nelle condizioni di potersi difendere rispetto all’addebito di fatti specifici.

Pertanto, farsi supportare da un avvocato nella fase di riscontro alla contestazione consente di evidenziare il mancato rispetto di detti requisiti formali, contenendo il rischio di sanzioni e/o di licenziamento.

Si noti oltretutto che, sulla base del c.d. principio di immutabilità della contestazione, il datore di lavoro:

non può licenziare il dipendente per fatti diversi da quelli circostanziati nella contestazione e
non può ampliarli dopo le giustificazioni del lavoratore.

Veniamo ora ai profili temporali.

Qual è il termine per riscontrare la contestazione?

Una volta ricevuta la contestazione, il lavoratore ha soltanto 5 giorni di tempo per rispondere all’addebito contestato.

È importante giustificarsi fin da subito in modo preciso ma sintetico, per non pregiudicare la propria (eventuale) futura difesa.

Contestare un provvedimento disciplinare non è così semplice come può sembrare. Affidarsi ad un avvocato e confrontarsi preliminarmente sulla strategia difensiva, potrebbe fin da subito migliorare la situazione generale e influenzare l’esito del procedimento disciplinare avviato dal datore di lavoro.

Si noti infatti che il lavoratore può anche domandare di essere sentito sui fatti contestati e, qualora il datore non ne conceda l’audizione, la legittimità del procedimento potrebbe risultarne irrimediabilmente compromessa (a tutto vantaggio del lavoratore).

Vediamo quindi cosa accade di solito dopo il riscontro alla contestazione disciplinare.

Cosa accade dopo il riscontro alla contestazione disciplinare?

Soltanto dopo aver ricevuto e valutato le giustificazioni del dipendente, il datore di lavoro potrà decidere se “assolverlo” oppure se sanzionare il lavoratore per l’infrazione commessa.

In genere le sanzioni, pur essendo diverse a seconda del CCNL, sono le seguenti:

  • Il rimprovero scritto, in caso di recidiva (violazione ripetuta) del lavoratore;
  • La multa (sino ad un importo massimo corrispondente a 4 ore di normale retribuzione);
  • La sospensione temporanea dal servizio e la relativa retribuzione, la cui durata non può eccedere i 10 giorni.
  • Il licenziamento, che tra le sanzioni è la sanzione più grave.

Il datore è tenuto ad inviare al lavoratore una comunicazione – entro 10 o 20 giorni, dipende dal CCNL – comunicando la tipologia della sanzione irrogata.

Il lavoratore qualora ritenesse che la sanzione ricevuta sia sproporzionata e/o difforme dai requisiti previsti per legge, può impugnare il provvedimento irrogato (vedi paragrafo successivo, Come impugnare la sanzione o il licenziamento?).

Cosa accade in ipotesi di contestazione con "recidiva"?

Quando il lavoratore reitera un comportamento lesivo – ovvero quando il comportamento ha già dato luogo, nel biennio precedente, ad un provvedimento disciplinare –  può incorrere in una sanzione più grave, come ad esempio il licenziamento “in tronco” per giusta causa.

In termini pratici, sul fronte del lavoratore, occorre prestare molta attenzione alla fase di prima contestazione poiché il mancato riscontro o la mancata impugnazione del provvedimento potrebbe avere conseguenze gravi.

D’altro canto, il datore di lavoro potrebbe imboccare la strada del licenziamento cominciando a contestare ripetutamente i comportamenti lesivi al lavoratore e, in caso di mancato riscontro, la via del licenziamento risulterebbe più agevole. Anche per queste ragioni, nella gestione del licenziamento, il supporto di un avvocato esperto di diritto del lavoro risulta essere determinante.

Veniamo ora alla fase di impugnazione, anche perché, qualora i termini non vengano rispettati, le sanzioni diventeranno definitive e inoppugnabili.

Come impugnare la sanzione o il licenziamento?

Il lavoratore può impugnare la sanzione disciplinare entro venti giorni successivi alla sua irrogazione innanzi all’Ispettorato del lavoro.

Detta procedura – che consigliamo di attivare con l’assistenza di un avvocato esperto – è decisamente più rapida e più conveniente per il lavoratore per vari motivi:

  • prima di tutto per la rapidità del procedimento;
  • inoltre,  in caso di conciliazione innanzi all’Ispettorato del Lavoro, il datore di lavoro non avrà alcun vantaggio anche in ipotesi di recidiva;
  • ricordiamo infine che l’Ispettore non può aumentare la sanzione (mentre il Giudice si), ma solo confermarla, revocarla o diminuirla.

Per ultimo, segnaliamo che la sanzione disciplinare rimane sospesa fino alla pronuncia da parte dell’Ispettorato. Attenzione! Le sanzioni che si possono impugnare dinanzi all’ispettorato  sono solo le sanzioni conservative – ovvero il rimprovero verbale, il richiamo scritto, la multa e la sospensione dal lavoro o dalla retribuzione.

L’impugnazione del licenziamento, invece, necessita obbligatoriamente di un ricorso dinanzi al Giudice del lavoro entro sessanta giorni dalla sua comunicazione al lavoratore. Se tali termini non vengono rispettati, viene meno la possibilità di impugnare legittimamente il licenziamento  e di far valere le proprie ragioni.

La prima cosa da fare sul fronte del lavoratore è, quindi, recarsi dall’avvocato per far approntare la migliore difesa possibile.

In questo caso, a differenza dell’impugnazione presso l’Ispettorato del lavoro, non è prevista la sospensione della sanzione e, pertanto, il lavoratore dovrà scontare la sanzione fino ad un eventuale ribaltamento della situazione all’esito del procedimento giudiziale.

Per un approfondimento sul tema del licenziamento vi invitiamo alla lettura dei nostri articoli:

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 2 Dicembre 2021
Ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2023

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Debora Teruggia

Laureata presso l'Università degli Studi di Milano, praticante avvocato appassionato di Diritto del Lavoro e Diritto di Famiglia.
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