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Nel presente articolo illustreremo quando si può licenziare un dipendente assunto a tempo indeterminato e in particolare:
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Fino a qualche tempo fa l’assunzione a tempo indeterminato creava la certezza per il lavoratore di poter godere del posto fisso per tutta la vita. Di converso, il datore di lavoro tendeva a licenziare solo in casi estremi. Negli ultimi anni però sono cambiate le norme che regolano il rapporto di lavoro. La situazione, in particolare, è cambiata dal 2015, data in cui è stato approvato il Jobs Act che ha modificato l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
La diretta conseguenza di queste modifiche è che la dicitura “posto fisso” si è svuotata del suo significato. I motivi di tale cambiamento sono molteplici, tra cui la crisi economica e la necessità di creare un mondo del lavoro più flessibile così da rendere le aziende più competitive anche a livello internazionale. Di seguito, spiegheremo in quali casi oggi è possibile licenziare e come farlo.
Al datore di lavoro basta rispettare la disciplina legale per licenziare un dipendente senza che vi siano ripercussioni negative per l’azienda. Esistono infatti vari tipi di licenziamento che dipendono dalle ragioni del licenziamento.
Il datore di lavoro deve seguire una procedura specifica per il licenziamento. Essa prevede:
Secondo la legge si può licenziare un dipendente a tempo indeterminato in due casi:
Quando il licenziamento è basato su un fatto così grave da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro, neppure in via provvisoria, si parla di licenziamento per giusta causa..
La legge, tuttavia, non indica nello specifico i motivi concreti di licenziamento, limitandosi a dire che deve trattarsi di un comportamento di importante gravità. Spetterà perciò al datore di decidere se la condotta del lavoratore ha “disintegrato” in modo irrimediabile la fiducia che sorregge il rapporto di lavoro.
Secondo la Suprema Corte per irrogare un licenziamento per giusta causa rilevano:
Sulla base della giurisprudenza che si espressa sul punto, può essere considerata giusta causa di licenziamento:
Nei casi elencati sopra si è soliti ritenere che la violazione sia così grave da non consentire la prosecuzione del rapporto. Per questa ragione si parla di «licenziamento in tronco» ossia senza preavviso (e non è dovuta alcuna indennità di preavviso).
Secondo la Legge, un motivo di licenziamento per essere “giustificato” deve ricadere in una delle seguenti due ipotesi:
Il giustificato motivo soggettivo è legato a un comportamento del lavoratore meno grave di quelli previsti dal licenziamento per giusta causa. In tale ipotesi il licenziamento avviene concedendo un preavviso. Durante il periodo di preavviso il lavoratore può continuare a lavorare ed essere retribuito. Alternativamente, sia il datore di lavoro sia il dipendente possono rinunciare al preavviso. In caso di rinuncia, chi chiede l’immediata risoluzione del rapporto, dovrà corrispondere all’altro la cosiddetta indennità sostitutiva del preavviso.
Esempi di giustificato motivo soggettivo sono:
Il datore di lavoro, inoltre, quando licenzia per giustificato motivo soggettivo deve rispettare una specifica procedura formale. Normalmente si trasmette una contestazione circostanziata, si concede un termine per rispondere e, poi, si licenzia (per ricevere assistenza su questo argomento, contattaci cliccando qui).
Se questa procedura non fosse rispettata, la sanzione potrebbe essere dichiarata illegittima creando i presupposti per una richiesta risarcitoria o altro.
Si parla di licenziamento per giustificato motivo oggettivo quando alla sua base ci sono motivi che non riguardano il comportamento del lavoratore. In questo caso il motivo è oggettivamente legato a motivazioni aziendali. Il datore di lavoro potrebbe trovarsi a fronteggiare una crisi di mercato e, per fronteggiare la crisi, si trova a dover reagire tagliando alcuni comparti, alcune sedi o singoli ruoli. In questo caso il licenziamento è giustificato da una situazione oggettiva di difficoltà economica e/o strutturale. Questo tipo di scelte, pur essendo insindacabili dal Giudice, accade che vengano sanzionate perché il datore di lavoro nasconde dietro motivi apparentemente oggettivi, scelte di licenziamento che colpiscono lavoratori sgraditi.
Infatti, occorre porre attenzione si può licenziare un dipendente quando viene soppressa la sua funzione. Nel contempo, però, non si dovrà cadere nell’errore di assumerne un altro con lo stesso ruolo.
Una recente sentenza della Cassazione è intervenuta sul punto affermando addirittura che è lecito il licenziamento, anche se non è in atto una crisi, poiché è diritto del datore di lavoro di operare una ristrutturazione aziendale per ottimizzare i propri fattori della produzione.
Ne consegue che il licenziamento è possibile anche quando la mansione affidata al dipendente non venga ritenuta più utile (Cass. civ. Sez. lavoro, 12/04/2018, n. 9127). Il datore di lavoro sarà comunque tenuto a controllare di non poter ricollocare il lavoratore in una posizione diversa, anche di grado inferiore (cosiddetto repechage o ripescaggio).
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Antonella Marmo