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Il contratto di licenza o licensing consente di sfruttare economicamente un titolo di proprietà intellettuale (ad esempio marchi, brevetti, modelli, know-how etc.).
In questo contributo:
Nello specifico, il licenziante (licensor) concede al licenziatario (licensee) il diritto di sfruttare una “proprietà intellettuale” sotto certe condizioni e a fronte del pagamento di un corrispettivo (nella maggior parte dei casi si parla di una royalty percentuale). Il nostro ordinamento non disciplina specificatamente il contratto di licenza, che è quindi un contratto atipico. Tuttavia, l’autonomia contrattuale ex art. 1322 cc consente a due o più soggetti di determinare liberamente il contenuto di un contratto. L’unico limite? Il contratto deve realizzare interessi meritevoli di tutela!
Come abbiamo visto sopra, il contratto di licenza è un contratto atipico il cui contenuto è determinato liberamente dalle parti. Tuttavia, alcune caratteristiche e alcune clausole ricorrono nella maggior parte dei contratti di licenza. Innanzitutto, la licenza può essere:
*In assenza di specificazioni, la licenza si intende non esclusiva.
Il contratto può riguardare tutti i diritti di sfruttamento economico o solo alcuni di essi. Ad esempio, il licenziante può concedere il diritto di distribuzione, ma non quello di fabbricazione.
È poi fondamentale stabilire la durata del contratto. Solitamente, la licenza è concessa per un periodo di tempo che va dai 2 anni ai 5 anni (ovviamente le parti possono decidere altrimenti). Le parti possono inoltre prevedere (o escludere) il tacito rinnovo, nonché la possibilità di concedere sub-licenze. Le sub-licenze consistono nella facoltà per il licenziatario di concedere, a sua volta, il titolo a terzi. Le sub-licenze possono, in ogni caso, essere sottoposte all’autorizzazione del licenziante.
Infine, le parti devono stabilire gli obblighi del licenziante e del licenziatario, nonché il territorio di riferimento. Nello specifico, la licenza può essere concessa limitatamente a una determinata nazione o regione, impedendo al licenziatario di sfruttare il titolo al di fuori della zona stabilita.
Il contratto di licenza (o, ricordiamo, licensing) è un contratto oneroso. Il licenziante concede al licenziatario il diritto di sfruttare il titolo in cambio del pagamento di una determinata somma.
L’ammontare del corrispettivo è di prassi definito dalle parti, mediante negoziazione. Esso dipende da una serie di fattori come, ad esempio, l’importanza della privativa, il grado di protezione della proprietà industriale, l’eventuale fornitura di servizi ulteriori da parte del licenziante, i dati di mercato… In alcuni casi si può ricorrere a una valutazione peritale di stima della privativa, ovvero una stima economico-giuridica del titolo. Grazie a questo strumento è possibile conoscere il valore economico di un marchio o il valore economico di un brevetto in modo tale da orientare il valore del corrispettivo.
Il corrispettivo può essere concordato mediante:
Le principali tipologie di licensing sono 3 (tre). Vediamole brevemente.
Il licensing-out, ovvero il caso in cui un’impresa conceda in licenza a terzi una propria privativa al fine di garantire all’impresa un’entrata aggiuntiva.
All’opposto, si parla di licensing-in quando un’azienda acquisisce, sempre mediante un contratto di licenza, un titolo di proprietà intellettuale, al fine di ottenere vantaggi derivanti dallo sfruttamento della privativa.
Infine, l’ultima e più peculiare tipologia è il cosiddetto cross-licensing, ovvero il caso in cui due o più aziende si concedano reciprocamente licenze sulle proprie privative. Un esempio permetterà di meglio comprendere la fattispecie. L’impresa A concede in licenza il proprio brevetto X all’impresa B, che, invece di pagare un corrispettivo in denaro, concederà in licenza all’impresa A il proprio brevetto Y.
Questo contratto è spesso definito un contratto win-win, poiché garantisce benefici sia al licenziante che al licenziatario.
Grazie al licensing il titolare può “sfruttare” economicamente la propria privativa. In questo modo, il licenziante guadagnerà dal titolo senza perdere la titolarità dello stesso e senza sostenere ulteriori investimenti.
Inoltre, licenziare un titolo consente di ampliare lo sfruttamento anche in territori in cui il licenziante non è attivo. Da questo può derivare una maggior notorietà del titolo e, quindi, un aumento di valore dello stesso.
Il licenziatario, invece, potrà godere dell’avviamento ottenuto dal licenziante nel corso degli anni, ampliando così il proprio volume d’affari. Inoltre, non dovrà sostenere alcun investimento per la ricerca, lo sviluppo e/o la realizzazione dell’oggetto della privativa (sia esso un marchio, un brevetto o un disegno).
Gli operatori economici si trovano costantemente di fronte da un trade-off: innovare da zero o “sfruttare” quanto già creato da altri? La scelta dipende da diversi fattori, che possono essere sia di natura soggettiva che oggettiva.
Ad esempio, in alcuni settori può risultare complesso avere delle idee che siano realmente innovative. Non solo, l’innovazione richiede ingenti investimenti che non tutti possono sostenere. E ancora, talvolta un’impresa detiene già alcune conoscenze al proprio interno, ma non può utilizzarle perché l’uso è impedito dall’esistenza di un titolo di terzi. E così via.
Insomma, per alcuni potrebbe essere maggiormente vantaggioso sfruttare quanto già inventato da altri. In questi casi, come abbiamo visto, lo strumento migliore è il contratto di licenza o licensing!
Gloria Gelosa