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Il design dei gioielli, con le sue forme evocative, non è solo un’espressione artistica, ma anche un asset strategico da proteggere attraverso la proprietà intellettuale. Le tendenze cambiano a ritmo serrato, ma le imitazioni proliferano altrettanto velocemente. Prima di esplorare come proteggere i gioielli oggi, è utile guardare al passato per capire come abbiano acquisito un significato così profondo per l’umanità.
Sin dai primi giorni della civiltà umana, i gioielli hanno assunto un ruolo ben più profondo di quello associato alla vanità o alla bellezza. In Mesopotamia, circa 4.500 anni fa, il diadema d’oro della regina sumera Puabi non era solo un segno di potere regale, ma anche una vera e propria dichiarazione spirituale. Questo copricapo, proveniente dalla Tomba Reale di Ur, rappresenta una delle prime testimonianze di come le élite utilizzassero i gioielli per comunicare la loro connessione con il divino.
Closeup of Queen Puabi’s gold headdress and gold jewelry, Mary Harrsch CC BY 2.0
Parallelamente, nell’antico Egitto, i faraoni indossavano braccialetti di lapislazzuli e accessori intarsiati di gemme non solo per la loro bellezza, ma come talismani, capaci di proteggere e di garantire la rinascita nell’aldilà. Anche per questo motivo veniva utilizzato il simbolo dello scarabeo. Gli Egizi, osservando lo scarabeo stercorario, credevano effettivamente che questi insetti nascessero spontaneamente dalla sabbia. Questa credenza deriva dal fatto che gli scarabei sembravano emergere direttamente dal terreno, specialmente dopo che avevano deposto le loro uova all’interno delle palline di sterco che facevano rotolare, che spingevano e che seppellivano nella sabbia.
I monili del Faraone Tutankhamon, venuti alla luce per la prima volta nell’estate del 1922 per mano dell’archeologo Howard Carter, ci raccontano non solo delle fenomenali capacità in materia di arte orafa ma anche della cosmologia egizia, in cui la vita e la morte erano legate in un ciclo eterno. Come ci spiega l’archeologo Zahi Hawass, i gioielli egiziani erano legami con il divino: ogni pietra aveva un significato sacro, ogni forma era un simbolo di protezione (si v. “The Golden Age of Tutankhamun” di Z. Hawass).
Pendente di Tutankhamon con scarabeo alato (XVIII dinastia) – Fonte: Wikepedia, Egyptarchive.co.uk
Avanzando di qualche secolo, nell’Impero Persiano del periodo Achemenide (550-330 a.C.), l’uso dei gioielli come simboli di potere offre un’espressione altrettanto ricca e affascinante. I bracciali achemenidi, spesso raffiguranti teste di leone o di sfinge, non erano semplici accessori, ma simboli di forza e dominio. Indossati dai nobili e guerrieri, questi gioielli raccontavano storie di divinità e, soprattutto, di conquista.
Bracciale a cerchio aperto con terminazioni a teste leonine, dal museo di Teheran alla mostra di Aquileia del 2016 – Fonte: Archeologiavocidalpassato.com
Nel raccontare queste storie, ciò che emerge è un filo conduttore: i gioielli non sono solo ornamenti, ma potenti strumenti di comunicazione culturale. Attraverso di essi, le antiche civiltà raccontavano storie identitarie. Ancora oggi, visitando musei o leggendo di queste scoperte, possiamo comprendere come queste creazioni continuino a parlarci, non solo del passato, ma anche del nostro bisogno di bellezza e, soprattutto, di significato.
Mentre nell’antichità i gioielli erano spesso strumenti di connessione divina e status spirituale, durante il Rinascimento in Europa questi oggetti si trasformarono in strumenti di manipolazione politica e simboli di intrighi di corte.
Nel corso del Rinascimento e nei secoli successivi, i gioielli non furono semplicemente lussuosi ornamenti, ma sottili strumenti di manipolazione, influenza e persino di inganno. Ma procediamo con ordine.
Nella mitologia greca, l’esempio archetipico di queste “danze di potere” è il collare d’oro di Armonia. Anche se non è realmente esistito, il collare di Armonia, donato dalla dea Afrodite ad Armonia per il suo matrimonio con Cadmo, è spesso citato come un simbolo di bellezza che cela al suo interno una maledizione.
La collana magica permetteva a qualsiasi donna la indossasse di rimanere sempre giovane e bella, rendendo il collare di Armonia molto ambito. Però, si dice che la collana portasse sfortuna e tragedia a chiunque la possedesse. Infatti, Armonia e Cadmo furono entrambi trasformati in serpenti e, quando la collana cambiò proprietario, diede vita a ulteriori miti e leggende.
Polinice da la collana di Armonia ad Erifile, Oinochoe a figure rosse, ca. 450–440 a.C., Louvre Museum – Fonte: Wikepedia
Dai miti greci, passiamo al Rinascimento italiano, dove i gioielli divennero strumenti di potere nelle corti. I Medici di Firenze utilizzavano gioielli per esibire ricchezza e consolidare legami politici. Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I de’ Medici, spesso ritratta con una collana di smeraldi e diamanti, simbolizzava non solo il suo status, ma anche l’autorità della famiglia Medici. Gli anelli con sigillo dei Medici, utilizzati per firmare documenti, erano altri simboli di potere.
I Borgia, noti per le loro trame politiche, sfruttavano i gioielli come doni strategici per costruire alleanze. Lucrezia Borgia possedeva numerosi gioielli, tra cui collane e bracciali con rubini e zaffiri, spesso usati per sedurre o negoziare. I Gonzaga di Mantova, rappresentati da Isabella d’Este, celebre per la sua collezione di diademi e gemme, usavano i gioielli per esaltare la loro posizione.
Dettaglio del “Ritratto di Isabella d’Este” di Tiziano Vecellio (1536) – Fonte: Wikipedia
Questi gioielli erano spesso commissionati ai migliori orafi dell’epoca e servivano non solo come simbolo di buon gusto, ma soprattutto per testimoniare la propria levatura. I medaglioni e cammei, con simboli eruditi e allegorici, venivano spesso scambiati tra nobili per simboleggiare amicizia o per consolidare alleanze.
Anche nelle corti europee del XVIII secolo, i gioielli continuarono a essere potenti simboli, capaci di consolidare o distruggere intere dinastie di regnanti.
Maria Antonietta, regina di Francia, è uno degli esempi più iconici di come i gioielli possano innescare scandali con conseguenze politiche devastanti. La vicenda in questione è nota come l’affare della collana di diamanti: un gioiello dal valore straordinario, originariamente progettato da due gioiellieri parigini per Madame Du Barry.
The Diamond Necklace – Reconstitution – Fonte: Worldinparis
La collana, composta da 647 diamanti, era stata originariamente commissionata dal re Luigi XV per la sua amante, Madame du Barry. Tuttavia, alla morte del re nel 1774, la collana non era ancora stata completata. Il prezzo della collana era astronomico e i gioiellieri, Charles Böhmer e Paul Bassenge, rimasero con il prezioso gioiello invenduto. I gioiellieri cercarono di vendere la collana alla nuova regina, Maria Antonietta, che rifiutò l’acquisto considerandola troppo costosa e non in linea con il clima economico del periodo.
Ma Jeanne de La Motte, una nobildonna decaduta e truffatrice abile, entrò in gioco fingendo di essere un’amica intima della regina. Jeanne orchestrò un complesso piano per ingannare il Cardinale de Rohan, un influente membro della corte che desiderava riabilitarsi agli occhi della regina dopo essere caduto in disgrazia. Jeanne convinse il cardinale che Maria Antonietta desiderava segretamente la collana e che, se l’avesse acquistata per lei, avrebbe riguadagnato il suo favore. Ingannato da Jeanne, il cardinale de Rohan contattò i gioiellieri e si offrì di acquistare la collana in nome della regina. Venne organizzato un incontro notturno in cui una donna che somigliava a Maria Antonietta (in realtà, una prostituta di nome Nicole Le Guay) incontrò il cardinale e gli consegnò una lettera falsa che confermava l’acquisto della collana. Dopo aver ricevuto la collana, Jeanne de La Motte e i suoi complici smontarono il gioiello e vendettero i diamanti separatamente a diversi gioiellieri per ricavare denaro. Quando i gioiellieri Böhmer e Bassenge non ricevettero il pagamento, si rivolsero alla regina, che negò di aver mai ordinato la collana. Questo portò allo scandalo. La vicenda sfociò in un processo pubblico nel 1785. Il cardinale de Rohan, ignaro del raggiro, venne arrestato. Anche Jeanne de La Motte fu arrestata, processata e condannata per truffa, ma la reputazione di Maria Antonietta subì un colpo devastante. Molti francesi, già inclini a credere a voci di lusso sfrenato e corruzione della monarchia, videro questo scandalo come una conferma della decadenza morale della corte, contribuendo ad aumentare il malcontento che portò alla Rivoluzione francese del 5 maggio 1789.
Corone, tiare e collane adornavano le teste – e i colli – dei regnanti, caricandoli di ovvio significato politico. Re e regine utilizzavano i gioielli come doni diplomatici o come pegni di alleanza, conferendo loro il potere di forgiare o spezzare legami tra le nazioni.
In Inghilterra, la corona di Elisabetta I (1533-1603) era non solo un simbolo di sovranità ma anche un mezzo per comunicare il suo status di “Regina Vergine”, che non era soggetta al potere di nessun uomo. Ogni gemma e ogni perla incastonata nella sua corona portava con sé un messaggio: la purezza, la divinità e la capacità di governare.
Painting of Elizabeth I of England, also known as the Ermine Portrait – Fonte: Wikipedia
La sua immagine, immortalata in ritratti con gioielli sontuosi, divenne un manifesto visivo del suo regno. La collana di perle donatale dal papa, ad esempio, rappresentava non solo la sua purezza, ma anche una sfida alle potenze cattoliche dell’epoca. In un’epoca in cui le guerre di religione e le alleanze politiche erano all’ordine del giorno, ogni gioiello di Elisabetta I era un simbolo calcolato del suo potere, della sua indipendenza e della sua capacità di governare senza l’influenza di un consorte maschio.
Nelle corti europee, quindi, i gioielli divennero strumenti essenziali per proiettare potere e consolidare legami politici. Dai Medici ai Borgia, dai Gonzaga a Elisabetta I, i gioielli non erano solo manifestazioni di lusso, ma vere e proprie dichiarazioni di intenti politici. Attraverso l’uso strategico di corone, collane, anelli e spille, le case nobiliari comunicavano messaggi complessi di autorità, alleanza e dominio.
Questi esempi ci ricordano che i gioielli erano molto più che semplici ornamenti di bellezza. Erano strumenti di comunicazione politica, capaci di raccontare storie di ambizione, passione e intrighi. Indossati dalle donne e dagli uomini più potenti del loro tempo, i gioielli divennero veicoli di potere – a volte benedetti e altre volte maledetti, ma sempre centrali nella narrativa delle dinastie reali. Le pietre preziose e i metalli non solo riflettevano la luce, ma anche le ambizioni oscure e i giochi di potere che definirono il destino di molte corti europee.
Oggi, contemplando questi gioielli nei musei, possiamo solo avvertire l’eco delle decisioni, delle alleanze e delle trame di cui furono testimoni e, a volte, addirittura protagonisti. Con l’avvento dell’era moderna, il significato dei gioielli si è spostato dal regno della politica reale a quello dell’immaginario collettivo, diventando simboli potenti di storie cinematografiche e letterarie.
I gioielli — meglio se rarissimi, unici o perduti — hanno sempre catturato l’immaginazione umana, diventando simboli di amore, potere e mistero. Non sorprende che, dalla letteratura al cinema, questi oggetti siano diventati protagonisti di storie leggendarie che trascendono il loro valore materiale, trasformandosi in vere e proprie icone pop.
Uno dei gioielli più iconici della fantasia è l’Auryn de La Storia Infinita di Michael Ende. Questo amuleto, con i suoi due serpenti intrecciati che si mordono la coda, rappresenta l’infinito e il potere assoluto. Nell’universo di Ende, l’Auryn non è solo un oggetto di grande valore, ma un talismano che protegge il suo portatore e simboleggia l’autorità dell’Infanta Imperatrice. Nel film del 1984 diretto da Wolfgang Petersen, l’Auryn cattura l’attenzione del pubblico, incarnando l’avventura e il coraggio che guidano i protagonisti, Atreyu e Bastian, nel loro viaggio fantastico, in cui sono l’uno lo specchio dell’altro.
Fotogramma di La Storia Infinita (1984) – regia di Wolfgang Petersen
Un altro esempio che ha rapito il pubblico è l’Unico Anello de Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien. Questo semplice anello, forgiato da Sauron per dominare tutti gli altri Anelli del Potere, è in realtà il fulcro di una delle lotte più epiche tra il bene e il male. Rappresenta la brama di potere e la corruzione: chiunque lo indossi ne è inevitabilmente soggiogato. Nei film di Peter Jackson, l’Anello è reso con una brillante semplicità: un cerchio dorato, apparentemente innocuo, ma capace di trasmettere un’aura di potere oscuro che permea ogni scena in cui appare. La sua semplicità e le sue sfuggenti incisioni amplificano il suo significato, rendendolo uno dei simboli più potenti della narrativa contemporanea: «Un Anello per domarli, un Anello per trovarli, un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli».
L’Unico Anello, nel film La Compagnia dell’Anello diretto da Peter Jackson – Fonte: Wikipedia
Nel mondo del cinema, poi, il “Cuore dell’Oceano” di Titanic rappresenta un altro gioiello difficile da dimenticare. Questo leggendario diamante blu, ispirato al famoso Hope Diamond, è al centro del film del 1997 diretto da James Cameron. Simbolo del legame proibito tra Jack e Rose, il “Cuore dell’Oceano” diventa simbolo di amore romantico e della tragedia che colpisce il Titanic e i suoi viaggiatori. Quando Rose getta il gioiello nell’oceano, alla fine del film, l’atto rappresenta sia una liberazione dai rimpianti che un gesto di eterna devozione. Il “Cuore dell’Oceano”, con il suo blu profondo e scintillante, è rimasto impresso nella cultura pop come simbolo di un amore che sfida le convenzioni, che sopravvive alla tragedia e diventa inestimabile.
Hope Diamond – Smithsonian museum of natural history – Fonte: Wikipedia
Questi gioielli, dalla letteratura al cinema, rappresentano temi universali — dal potere alla corruzione, dall’amore al sacrificio. È attraverso le loro storie che questi oggetti si trasformano in icone culturali, capaci di evocare emozioni profonde e di catturare l’immaginazione di tutti. Il fascino di questi gioielli risiede nella loro capacità di intrecciarsi con le emozioni umane e di essere continuamente reinventati attraverso media visivi e narrazioni fantastiche. È questa capacità di trascendere il loro valore materiale che li rende eternamente affascinanti e parte integrante dell’immaginario collettivo.
Proprio come i gioielli nel cinema sono diventati simboli di potere e mistero, nel mondo reale i gioielli di lusso hanno un significato ancora più tangibile: sono asset strategici che richiedono protezione legale per preservare il loro valore e unicità.
I gioielli, ieri come oggi, raccontano storie potenti di bellezza, status e identità. Ogni pezzo è più di un semplice ornamento: è un’opera d’arte che può diventare iconica, in parte grazie al design unico e a chi lo indossa. Nel contesto di un mercato globale e fortemente competitivo, la protezione della proprietà intellettuale è indispensabile per difendere l’unicità delle proprie creazioni. Alcuni gioielli, più di altri, grazie alla loro storia recente, sottolineano l’importanza di proteggere il design.
Grace Kelly, la Principessa di Monaco, non indossò alcuna tiara al suo matrimonio nel 1956, bensì un delicato copricapo floreale ricamato con perle e pizzi. Tuttavia, dopo le nozze, Grace indossò spesso splendidi gioielli, tra cui la Bains de Mer Tiara, un elegante pezzo disegnato da Cartier, che poteva essere trasformato in una collana o una spilla. Questa tiara incarna la raffinatezza e lo stile della principessa, contribuendo alla sua immagine di icona di eleganza (si v. Preziosissima Cartier, la storia della tiara Bains de Mer di Grace Kelly su Harper’s Bazaar).
La Tiara Halo di Cartier, invece, è stata resa celebre dalla duchessa di Cambridge, Kate Middleton, che l’ha indossata al suo matrimonio nel 2011. Questa tiara, commissionata da re Giorgio VI per la regina Elisabetta (la Regina Madre), incarna eleganza e raffinatezza ed è divenuta un’icona di design (per approfondire: “L’affascinante storia della Cartier Halo, la tiara tramandata dalle donne della royal family” su Harper’s Bazaar).
Un altro pezzo iconico della famiglia reale britannica è la Lover’s Knot Tiara, che fu indossata sia dalla principessa Diana che da Kate Middleton in varie occasioni. Questo capolavoro con nodi d’amore e perle pendenti fu originariamente commissionato dalla regina Mary nel 1913.
Allo stesso modo, la Collana Serpenti di Bulgari, resa celebre da Elizabeth Taylor negli anni ’60, si è trasformata da design classico in un’icona contemporanea, riproposta anche da star come Rihanna e Zendaya(si v. “From Elizabeth Taylor To Zendaya, Bulgari’s Serpenti Has Been Seducing The Stars For 75 Years” su Vogue). La registrazione del marchio e del design, in questi casi, è fondamentale per preservare l’esclusività e il prestigio del brand.
Anche Pandora ha dovuto spesso affrontare imitatori seriali dei suoi charm. La difesa dei diritti di design attraverso la registrazione, per Pandora, è quindi diventata una priorità.
Come ho avuto modo di evidenziare in un mio precedente articolo, l’importanza di proteggere un gioiello, registrandone il design, è inversamente proporzionale rispetto al valore intrinseco dell’oggetto stesso (per approfondire: “Cosa dovrebbe sapere chi crea gioieloi sul diritto del design” di A. Canella). Affidarsi al diritto d’autore non è sempre sufficiente per proteggere i gioielli. La registrazione dei modelli è essenziale per prevenire il plagio e garantire il controllo creativo sul proprio lavoro. Questo approccio permette ai designer di difendere il valore e la storia dietro ogni gioiello, mantenendo l’integrità artistica del loro lavoro.
Alcuni gioielli, grazie alla loro forma originale e al brand a cui sono associati, possono catalizzare l’attenzione del pubblico e dar vita a veri e propri trend di mercato. Per questo motivo, occorre prestare attenzione alla registrazione e tutela delle proprie collezioni originali.
Gli esempi contemporanei, come l’anello di fidanzamento di Meghan Markle, che riunisce in uno stile caratteristico i diamanti della collezione di Diana con altre pietre, mostrando come i preziosi possano reinventarsi in design che coniugano nel gusto tradizione e modernità (si v. “Beatrice di York, Kate Middleton, Meghan Markle: gli anelli di fidanzamento dei Reali più belli”). La Tiara Halo di Cartier, indossata anche da Kate Middleton, rappresenta un’altra storia in cui il design diventa simbolo di eleganza e continuità storica (si v. “Kate Middleton, Grace Kelly: sono i loro gli abiti da sposa più copiati” su Vogue).
La protezione legale dei gioielli e degli accessori nel mondo contemporaneo è sostanzialmente affidata alla proprietà intellettuale mediante la registrazione del design e dei marchi. Bisogna garantire che le creazioni innovative, trasformandosi in tendenze, compensino i designer e i brand che le hanno ideate, consentendo loro di continuare a raccontare storie uniche e memorabili.
Dall’antichità ai giorni nostri, insomma, il design dei gioielli e degli accessori continua ad affascinare l’umanità. Dai diademi antichi ai capolavori contemporanei, la gioielleria rappresenta un ponte tra passato e futuro che continua a incantare, suscitare emozioni ed ispirare nuove creazioni originali, che meritano di essere protette anche legalmente.
Avvocato Arlo Canella