approfondimento
-
Tempo medio di lettura 13'

Criticità legali in tema di concorrenza e pubblicità online

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Arlo Canella
Home > Criticità legali in tema di concorrenza e pubblicità online

La pubblicità online, pilastro di molte strategie aziendali, presenta sfide inedite, spingendo il legislatore italiano ed europeo a inseguire algoritmi, annunci e nuovi modelli di business. In questo articolo:

Concorrenza in rete e nuovi modelli di business

La rivoluzione digitale ha trasformato non solo il modo in cui viviamo, ma anche come le imprese competono sul mercato globale. Ma cosa significa concorrenza online? Questa forma di concorrenza differisce da quella tradizionale perché tendenzialmente le barriere all’entrata sono generalmente più basse. Tuttavia, ciò comporta anche una concorrenza molto più aggressiva e la necessità di strategie sempre nuove per emergere.

I modelli di business online in uso sono molto diversi tra loro. Dal banking online ai servizi di streaming musicale come Spotify, le categorie di servizi disponibili sul Web sono ormai infinite.

  • Amazon ed eBay sono piattaforme dove venditori e acquirenti si incontrano per scambiare beni nuovi e usati (e-commerce e marketplace);
  • Google Ads e facebook Ads permettono alle aziende di raggiungere il pubblico attraverso annunci a pagamento (motori di ricerca, social network);
  • YouTube e Netflix offrono contenuti creativi mentre raccolgono economie grazie alla pubblicità o agli abbonamenti mensili (streaming video).

Alcune piattaforme online come Google, facebook e Amazon sono ormai diventate giganti nel loro settore e detengono una notevole quota di mercato.  Queste piattaforme influenzano enormemente la concorrenza perché ne “controllano l’accesso” (gatekeeper). 

Ad esempio, un cambiamento nell’algoritmo di Google può drasticamente influenzare la visibilità di un’azienda online. Pertanto, comprendere e adattarsi alle regole “non dichiarate” di queste piattaforme è determinante per ogni impresa che voglia avere visibilità. La concorrenza online ha ridefinito le regole del gioco e, tra l’altro, ha reso necessari i recenti interventi normativi UE come il DSA (Digital Services Act) e il DMA ( Digital Markets Act).

Pur offrendo immense opportunità, la concorrenza online porta anche nuove sfide che le imprese devono saper affrontare per prosperare in un ambiente caratterizzato da una profonda turbolenza tecnologica e condizionato soprattutto da pochi, ma enormi player.

Le criticità legali della pubblicità online

Da strumento complementare rispetto alla pubblicità tradizionale, la pubblicità online è ormai diventata un pilastro del marketing moderno. Nel corso del 2022, l’intero settore pubblicitario italiano (che include TV, Stampa, Internet Media, Radio e Out of Home) ha toccato un valore totale di 9,4 miliardi di euro, registrando un incremento dell’1% in confronto al 2021. In questo contesto, Internet si afferma ulteriormente come leader del settore, detenendo il 48% del mercato e mostrando un incremento del 4% rispetto all’anno precedente. La televisione occupa la seconda posizione con il 37%, nonostante una diminuzione del 5%. Stampa, Radio e Out of Home completano il quadro (ref. Pubblicità Online: il Ruolo Socioeconomico del Targeted Advertising).

Tuttavia, con l’ascesa di Internet sono emerse anche numerose problematiche legali. La pubblicità online utilizza il Web e altre risorse digitali per raggiungere potenziali clienti. Esistono diversi formati e canali:

  • PPC (Pay Per Click): gli inserzionisti pagano ogni volta che un utente fa clic sul loro annuncio, tipicamente su piattaforme come Google Ads.
  • PPM (Pay Per Mille): l’inserzionista paga per mille “impression” del proprio annuncio.
  • Native Advertising: pubblicità che si mimetizza con il contenuto organico di una piattaforma. Spesso visto su siti di notizie o social media.
  • Influencer Marketing: utilizzo di personalità popolari sui social media per promuovere prodotti o servizi.

In Italia e in Unione Europea, la pubblicità online è rigorosamente regolamentata per proteggere i consumatori da messaggi ingannevoli o fuorvianti. Le normative cercano di garantire che la pubblicità sia chiara, onesta e non invasiva. Ad esempio, qualsiasi tipo di pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale, e le affermazioni fatte negli annunci devono essere verificabili. 

Di seguito alcune delle normative italiane più rilevanti:

  • Codice Civile: il nostro Codice Civile ha diverse disposizioni che riguardano la concorrenza sleale (artt. 2598 e ss.). Queste norme proteggono le imprese da comportamenti scorretti o ingannevoli che possono falsare il gioco della concorrenza.
  • Codice del Consumo: questo codice rappresenta l’insieme di norme finalizzate a tutelare i diritti dei consumatori, in particolare in un contesto di rapporti B2C (Business-to-Consumer). Tratta temi come la protezione contro le pratiche commerciali scorrette, diritti in materia di contratti a distanza, diritti di recesso, e molte altre disposizioni relative alla protezione del consumatore.
  • D. Lgs. 145/2007: questo decreto legislativo ha l’obiettivo di tutelare le imprese dalla pubblicità comparativa ingannevole. Definisce le regole per la pubblicità comparativa, assicurando che essa non danneggi ingiustamente i concorrenti.
  • D. Lgs. 146/2007: introduce e disciplina le sanzioni in caso di pratiche commerciali scorrette nei confronti dei consumatori. Si concentra in particolare sulla protezione del consumatore da pratiche ingannevoli o aggressive.
  • Digital Chart: non è una legge formalmente riconosciuta in Italia, ma – provenendo dallo IAP – costituisce una guida autorevole per la pubblicità digitale. Pone particolare attenzione alle testimonianze e all’endorsement, assicurando che i consumatori possano distinguere tra contenuti editoriali e contenuti sponsorizzati (Regolamento Digital Chart).
  • Codice della Proprietà Industriale: si tratta di un codice che raccoglie e organizza la normativa in materia di proprietà industriale, inclusa la protezione dei marchi, brevetti, disegni e modelli. Definisce, tra le altre cose, le modalità di registrazione, protezione e difesa dei marchi contro possibili violazioni.

La distinzione tra pubblicità ingannevole e pubblicità aggressiva è fondamentale nell’ambito della protezione del consumatore nel panorama digitale.

La pubblicità ingannevole attraverso pratiche scorrette (art. 20 Codice del Consumo) si manifesta quando una campagna pubblicitaria presenta informazioni che possono fuorviare il consumatore, siano esse relative alle qualità intrinseche di un prodotto o al suo costo. Quando un consumatore è indotto in errore sulle potenziali proprietà o vantaggi di un prodotto, siamo di fronte a un caso tipico di pubblicità ingannevole.

Dall’altro lato, c’è la pubblicità aggressiva (art. 24 Codice del Consumo). Questa non s’insinua nel pensiero del consumatore con informazioni false, bensì con tecniche che creano una sorta di “assedio” psicologico. Il consumatore si ritrova, quindi, spesso senza nemmeno rendersene conto, a essere sottoposto a pressioni o manipolazioni che possono indurlo all’acquisto. 

Per quanto riguarda un esempio di pubblicità aggressiva nel contesto online, potremmo pensare ai pop-up o alle finestre di interruzione che appaiono mentre un utente sta navigando su un sito Web o sta utilizzando un’app. Questi pop-up possono presentarsi in modo persistente, richiedendo all’utente di iscriversi a un servizio, acquistare un prodotto o fornire informazioni personali. Le sanzioni vanno da 5.000 a 5.000.000 di Euro (art. 27 Codice del Consumo) e non possono che sottolineare quanto sia importante non improvvisarsi esperti in un settore così delicato.

Oggi, infine, non possiamo non parlare delle questioni legali relative alla protezione dei dati. Con l’introduzione del GDPR nell’Unione Europea, la tutela dei dati personali è salita prepotentemente alla ribalta. La pubblicità mirata, che sfrutta le informazioni degli utenti per proporre annunci personalizzati, è chiamata a rispettare a queste nuove norme sulla protezione dei dati. Questo implica che le imprese debbano assicurarsi non solo che i dati vengano raccolti e trattati nel rispetto delle regole, ma anche che vi sia piena trasparenza su come vengono utilizzati.

Pratiche anticoncorrenziali e tutela dei consumatori

Con la crescente importanza delle recensioni online nel processo decisionale dei consumatori, la manipolazione delle recensioni costituisce una problematica in aumento. Imprese e individui possono scrivere recensioni false, sia positive per aumentare la reputazione di un prodotto o servizio, sia negative per danneggiare i competitor. Allo stesso modo, alcune piattaforme possono manipolare le classifiche per favorire determinati prodotti o servizi, influenzando così le scelte dei consumatori, ingenerando confusione tra messaggi pubblicitari veritieri e decettivi.

Si noti inoltre come alcune aziende adottino la tattica di vendere prodotti online a un prezzo inferiore al costo, per guadagnare quote di mercato o eliminare i concorrenti (c.d. dumping). Sebbene ciò possa apparire come un’opportunità vantaggiosa per i consumatori, a lungo termine potrebbe ridurre la concorrenza e portare a prezzi più elevati. 

Il Trattato istitutivo della Comunità Europea, attraverso gli articoli da 85 a 94, mira a garantire che gli Stati membri non favoriscano eccessivamente le imprese nazionali, alterando la concorrenza nel mercato comune. In Italia, la Legge 287/90 (c.d. “Legge Antitrust”) tutela la concorrenza “leale”: proibisce accordi tra imprese che compromettano la concorrenza ed elenca specificamente pratiche vietate. È inoltre proibito l’abuso di una posizione dominante nel mercato nazionale e le operazioni che creino o rafforzino tali posizioni dominanti. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) è responsabile dell’applicazione della Legge Antitrust in Italia legge in Italia e riceve segnalazioni riguardo ad attività che possano danneggiare i consumatori. Ha inoltre il potere di proibire pratiche anticoncorrenziali e di imporre sanzioni a chi non rispetta le regole. Alcuni giganti del digitale – come Google, Meta e Amazon – sono spesso al centro di indagini regolamentari per possibili pratiche anticoncorrenziali, come l’acquisizione di start-up emergenti per limitare l’accesso al mercato da parte dei terzi o l’uso di algoritmi per favorire i propri servizi.

Insomma, mentre Internet ha “democratizzato” l’accesso al mercato per molte imprese, ha anche portato nuove sfide in termini di concorrenza. È imperativo che le regole evolvano per affrontare queste nuove sfide e garantire un mercato equo e competitivo per tutti gli attori coinvolti.

Contenuti creativi, parassitismo e pubblicità

In un mondo in cui i contenuti vengono facilmente condivisi e replicati, il copyright assume un’importanza fondamentale. Le piattaforme di streaming come Netflix e Spotify, pur essendo servizi a pagamento, si basano su accordi di licenza con creatori e produttori per garantire la legittimità della distribuzione dei contenuti. 

Tuttavia, Internet è anche una terra fertile per la pirateria e la violazione del copyright. Il download e la condivisione illegale di contenuti protetti da copyright possono portare a gravi sanzioni legali, in particolare per chi li condivide, ma anche per chi ne fruisce.

Inoltre, in un’era in cui il content marketing è diventato uno strumento chiave per le imprese per attrarre e coinvolgere i clienti, la creazione di contenuti originali è sempre più importante. La tentazione di copiare o “prendere in prestito” contenuti da altri siti Web senza autorizzazione può portare a problemi legali come il plagio, la contraffazione, l’agganciamento illegittimo e, in ultima analisi, la perdita di fiducia da parte dei consumatori.

Il fenomeno del “parassitismo” si riferisce all’adozione da parte di un’entità di una parte significativa dell’immagine o della reputazione di un marchio o prodotto famoso altrui, sfruttando la sua notorietà senza offrire al pubblico un reale valore aggiunto o un prodotto genuino. Questa pratica danneggia non solo il brand originale, ma anche i consumatori che potrebbero essere ingannati.

Un esempio lampante di parassitismo in Rete è costituito dalla pratica di utilizzare nomi di dominio simili o quasi identici a marchi famosi per attirare traffico. Un altro esempio può essere l’uso di contenuti pubblicitari o grafiche che imitino strettamente quelle di un brand famoso, portando il consumatore a credere di interagire con l’originale.

L’intreccio tra pubblicità e contenuti creativi su Internet mette in luce l’importanza della lealtà tra imprenditori e della trasparenza nei confronti dei consumatori. 

Proprio per questo, quando un influencer condivide un post su un prodotto, il consumatore deve poter comprendere se si tratta di una promozione a pagamento o di una recensione spontanea. La mancanza di trasparenza può essere percepita come ingannevole dai consumatori, e può violare le normative sulla pubblicità e risultare sleale nei confronti dei competitor.

In conclusione, mentre la concorrenza e la pubblicità online sono diventate accessibili alle imprese di tutte le dimensioni, hanno anche reso il panorama legale e regolamentare più complesso. Le aziende devono gestire con attenzione questi profili, garantendo sempre il rispetto dei diritti di proprietà industriale e intellettuale, la trasparenza nelle loro campagne pubblicitarie e l’ottemperanza alle regole concorrenziali.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 12 Ottobre 2023

È consentita la riproduzione testuale dell’articolo, anche a fini commerciali, nei limiti del 15% della sua totalità a condizione che venga indicata chiaramente la fonte. In caso di riproduzione online, deve essere inserito un link all’articolo originale. La riproduzione o la parafrasi non autorizzata e senza indicazione della fonte sarà perseguita legalmente.
Avv. Arlo Cannela

Avvocato Arlo Canella

Managing Partner dello studio legale Canella Camaiora, iscritto all’Ordine degli Avvocati di Milano, appassionato di Branding, Comunicazione e Design.
Leggi la bio