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L’innovazione e la ricerca sono pilastri fondamentali per qualsiasi impresa che miri a progredire nel competitivo mercato odierno. Spesso, capita che siano i dipendenti a ideare soluzioni innovative. Ma a chi appartengono queste invenzioni?
L’articolo 64 del Codice di Proprietà Industriale (“CPI”) risponde a tale quesito, prevedendo tre differenti tipologie di invenzione: 1) invenzione di servizio; 2) invenzione di azienda; 3) invenzione occasionale.
In questo breve contributo:
L’invenzione di servizio è quell’invenzione realizzata dal dipendente nell’esecuzione delle proprie mansioni contrattuali e su incarico dell’azienda.
In pratica, se un dipendente viene assunto per svolgere ricerche e/o comunque attività inventiva, e nello svolgimento di tali mansioni realizza un’invenzione, questa rientra nella categoria prevista dal comma 1 dell’art. 64 CPI.
Esempio: ricercatore di azienda farmaceutica realizza un nuovo farmaco, svolgendo le mansioni contrattualmente previste.
In questo caso, i diritti sull’invenzione spettano senz’altro alla società, salvo il diritto morale del dipendente di essere riconosciuto come autore (che sarebbe incedibile; usiamo il condizionale perché la norma – nella prassi – viene spesso violata dai datori di lavoro, che depositano le domande di brevetto obliterando il nome dell’effettivo inventore).
L’invenzione di azienda è quella realizzata dal dipendente nell’esecuzione del contratto di lavoro e grazie al contesto lavorativo, anche se l’attività inventiva non rientra tra le sue mansioni.
Esempio: impiegato amministrativo di una società produttrice di macchinari che, pur non essendo assunto per svolgere attività inventiva, crea un nuovo macchinario migliorativo di precedenti progetti della società.
Laddove l’invenzione venga brevettata o utilizzata in regime di segreto, i diritti sull’invenzione spettano alla società, mentre al dipendente – poiché non è prevista una specifica retribuzione per l’attività inventiva – spetterà il c.d. equo premio, oltre naturalmente al diritto di essere riconosciuto come autore.
L’equo premio è una sorta di bonus extra per il dipendente che ha realizzato qualcosa che va al di là delle sue specifiche mansioni e, proprio per questo, va premiato.
Il dipendente che ha realizzato un’invenzione sia di servizio, sia di azienda ha l’obbligo di darne comunicazione al datore di lavoro, di non utilizzarla in concorrenza con il datore di lavoro e di non divulgarla.
L’omessa comunicazione al datore di lavoro integra gli estremi dell’inadempimento contrattuale, mentre l’utilizzo dell’invenzione in concorrenza integra gli estremi dell’inosservanza del dovere di fedeltà di cui all’art. 2105 del Codice Civile.
L’invenzione occasionale è quell’invenzione realizzata dal dipendente al di fuori del rapporto di lavoro, ma riguardante il campo di attività di quest’ultimo. In tal caso, i diritti appartengono al dipendente inventore.
Esempio: impiegato amministrativo di una società di giocattoli che, nel suo tempo libero, realizza un nuovo giocattolo.
Il datore di lavoro, tuttavia, ha il diritto di opzione per l’uso – esclusivo o meno – dell’invenzione, o per l’acquisto del brevetto relativo all’invenzione, nonché per la facoltà di chiedere (o acquisire) per la medesima invenzione brevetti all’estero verso corresponsione del canone o del prezzo, da fissarsi con deduzione di una somma corrispondente agli aiuti che l’inventore abbia comunque ricevuti dal datore di lavoro per pervenire all’invenzione.
Pertanto, qualsiasi acquisto da parte del datore di lavoro deve ritenersi a titolo derivativo.
Il diritto di opzione deve essere esercitato entro tre mesi dalla data di ricevimento della comunicazione di avvenuto deposito della domanda di brevetto.
L’ambito di attività imprenditoriale rilevante ai fini dell’applicazione della norma in esame deve essere inteso con riferimento ai normali e prevedibili sviluppi che l’azienda è in grado di conseguire in relazione alle sue disponibilità e risorse, non rilevando la sola attività concretamente posta in essere al momento della realizzazione dell’invenzione.
Il dipendente ha l’obbligo di comunicare il deposito della domanda di brevetto e non la registrazione dello stesso (che interviene molti mesi dopo).
Infatti, il termine per l’esercizio del diritto di opzione da parte del datore di lavoro decorre dal momento della comunicazione dell’avvenuto deposito della domanda di brevetto. La violazione di tale obbligo legittima l’applicazione di sanzioni disciplinari e può persino configurare una giusta causa di licenziamento.
Parte della dottrina ritiene che un ritardo ingiustificato nella comunicazione tale da precludere al datore di lavoro l’estensione del brevetto all’estero possa anche comportare obblighi risarcitori in capo al dipendente.
Ulteriormente, il dipendente è obbligato a non utilizzare l’invenzione (né a titolo personale, né per conto di terzi), così come a non divulgarla prima che il datore di lavoro abbia deciso o meno se esercitare il diritto di opzione.
Lo stesso articolo 64 CPI precisa che si considera realizzata durante l’esecuzione del contratto l’invenzione per la quale sia richiesto un brevetto entro un anno da quando il dipendente-inventore ha lasciato la società nel cui settore di attività rientra l’invenzione.
Quelle di cui abbiamo parlato sono norme di complessa lettura anche per gli addetti ai lavori: è ben comprensibile, quindi, che gli operatori economici (lavoratori in primis) si sentano un po’ smarriti al cospetto delle stesse. Proprio per questo motivo, è sempre consigliabile rivolgersi a legali esperti del settore in caso di dubbi circa la titolarità dei diritti su un’invenzione.
Lo Studio Legale Canella Camaiora, con la sua quindicinale esperienza nel campo della proprietà intellettuale e il sempre più attivo dipartimento di diritto del lavoro, si è già in più occasioni occupato della gestione di questo tipo di problematiche: per qualsiasi dubbio o necessità, non esitate a contattarci.
Margherita Manca