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La mancanza di consenso informato può portare a controversie e alla lesione dei diritti del paziente, da cui può sorgere il risarcimento del danno. In questo articolo:
Quante volte, seduti nello studio del nostro medico di fiducia, ci siamo trovati a firmare documenti senza una piena comprensione del loro contenuto? Nel marasma di queste “scartoffie”, il modulo di consenso informato riveste una funzione fondamentale, poiché tutela uno dei nostri diritti più preziosi: il diritto di autodeterminazione in collegamento con il diritto alla salute.
Tornando all’importanza delle “scartoffie” che vengono consegnate prima di ricevere un trattamento sanitario, il modulo di consenso informato riveste un’importanza decisiva. Questo va sottoscritto solo ed esclusivamente dopo aver ricevuto esaustivamente tutte le informazioni necessarie a comprendere ciò che avverrà, come ad esempio:
Solo dopo aver ricevuto tutte queste informazioni dal medico del trattamento, il paziente potrà esercitare in modo consapevole il c.d. diritto all’autodeterminazione, proprio di ogni persona fisica.
Consideriamo, ad esempio, il caso di Maria, una donna di 45 anni che deve sottoporsi a un intervento chirurgico per risolvere un problema di ernia. Prima dell’operazione, le viene presentato un modulo di consenso informato che elenca i rischi generali associati all’intervento. Maria firma il documento, fiduciosa nella routine della procedura. Tuttavia, non le viene specificato che, a causa di particolari condizioni preesistenti, il rischio di complicazioni post-operatorie nel suo caso è superiore alla media. Purtroppo, Maria sviluppa complicazioni che avrebbero potuto essere evitate con un intervento alternativo meno invasivo, di cui però non era stata debitamente informata.
Insomma, la firma di un modulo di consenso informato non è sempre sinonimo di una vera comprensione dei rischi specifici legati alla condizione di salute del paziente e alle possibili alternative. La mancanza di un’informazione completa e personalizzata non solo compromette il diritto all’autodeterminazione del paziente, ma apre anche la strada a potenziali danni risarcibili.
Si tratta di un diritto costituzionalmente tutelato, grazie al combinato disposto di alcuni articoli della nostra Costituzione, che conferiscono un carattere di inviolabilità assoluta al diritto a non essere sottoposti a trattamenti sanitari di sorta, se non dietro previo e consapevole consenso.
È facile quindi comprendere che il mancato dovere di informare il paziente porta a una scelta non del tutto ponderata sul trattamento sanitario, e comprime quindi il “diritto di scegliere consapevolmente” tutelato dalla nostra carta costituzionale (nella nostra costituzione, si v. in particolare, l’art. 13 ovvero diritto alla libertà personale e l’art. 32, ossia il diritto alla salute).
Non sempre questa violazione porta un vero e proprio danno ma, spesso, il mancato consenso informato viene in contatto con un’altra fattispecie, che può affiancarsi o essere una conseguenza stessa, e cioè il danno effettivo alla salute del paziente.
Spesso la mancanza di queste informazioni ha come conseguenza un danno in capo al paziente, proprio in ragione della mancata consapevolezza di ciò che andrà ad affrontare.
La violazione da parte del sanitario di informare correttamente il paziente, come anticipato, può portare a diverse fattispecie di danno, e cioè quello al danno alla salute e quello all’autodeterminazione.
Entrambi muovono da un deficit informativo, ma:
La sentenza Cass. Civ. n. 28985/2019 pone in risalto che l’inadempimento dell’obbligo di informazione da parte del medico può generare un danno indipendente dalla materializzazione di un pregiudizio alla salute. Tale danno, pertanto, si configura quando la violazione del diritto all’autodeterminazione provoca nel paziente una sofferenza soggettiva o una limitazione della libertà personale, anche in assenza di conseguenze fisiche dirette.
Pur essendo distinti, il diritto alla salute e il diritto al consenso informato, questi diritti si intersecano spesso nei casi di colpa medica, dato che anche una mancanza di informazione può tradursi in un successivo danno alla salute. Non si potrebbe quindi sostenere che le violazioni legate alla mancata comunicazione e agli errori nell’attuazione del trattamento siano completamente indipendenti, al punto da non influenzarsi reciprocamente nella generazione del danno complessivo causato al paziente.
È invece concepibile, come precisato da diverse pronunce della Cassazione, che il mancato adempimento dell’obbligo di fornire un’adeguata informazione sui rischi e benefici del trattamento possa contribuire come uno dei fattori concomitanti alla catena causale che porta al danno alla salute.
Di conseguenza, si deve riconoscere che l’omissione informativa del medico del trattamento, possiede una potenziale capacità di causare più violazioni di diritti, e di conseguenza più tipi di danno risarcibile (cfr. Cass. n. 28985/2019 sulla capacità plurioffensiva della fattispecie: “In tema di responsabilità professionale del medico, l’inadempimento dell’obbligo di informazione sussistente nei confronti del paziente può assumere rilievo a fini risarcitori – anche in assenza di un danno alla salute o in presenza di un danno alla salute non ricollegabile alla lesione del diritto all’informazione – a condizione che sia allegata e provata, da parte dell’attore, l’esistenza di pregiudizi non patrimoniali derivanti dalla violazione del diritto fondamentale all’autodeterminazione in sé considerato, sempre che essi superino la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale e non siano futili, ovvero consistenti in meri disagi o fastidi.”).
Ovviamente, l’evento dannoso è di facile percezione per chi è costretto a subirne le conseguenze. Tuttavia, affinché il danno per mancato consenso informato sia risarcibile devono ricorrere i canonici elementi dell’illecito, che portano quindi al dovuto ristoro di danni patiti.
Tali elementi, o presupposti, sono ovviamente:
Nonostante la presenza degli elementi costitutivi, giova ricordare che la lesione al diritto all’autodeterminazione è risarcibile solo se si produce un pregiudizio diverso dalla lesione alla propria salute, che si sarebbe potuto evitare proprio con una compiuta serie di informazioni date al paziente. Come abbiamo visto, si deve quindi trattare di vera e propria sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di se stessi.
Sul paziente grava anche l’onere di dimostrare che, se ben informato, avrebbe sicuramente rifiutato il trattamento per cercare un’alternativa meno rischiose.
C’è di buono che, per dimostrare effettivamente una volontà di rifiuto al trattamento, che non è stata possibile manifestare prima, è la Cassazione stessa a ricordare che il paziente danneggiato ha la possibilità di fornire prova con qualsiasi mezzo a sua disposizione, tra cui fatti notori, massime di esperienza e presunzioni fondate sulla gravità delle condizioni del paziente e sulla necessità del trattamento (cfr. Cass. n. 28985/2019).
In conclusione, la risarcibilità del danno per compressione o violazione del diritto all’autodeterminazione, e la sua relazione con il danno alla salute, è stata nel tempo oggetto di svariate pronunce della nostra Corte Suprema, che non ha mai cambiato rotta, cristallizzando per punti quanto raccontato brevemente in questo contributo.
Nonostante l’orientamento consolidato, si può ugualmente comprendere che, in una situazione di danno patito, senza assistenza specifica, svolgere una ricostruzione dei fatti o una quantificazione monetaria ai fini di un risarcimento del danno, è assai complesso. È per questo che consigliamo vivamente di rivolgersi fin da subito a un avvocato esperto in materia di responsabilità medica e risarcimento del danno, quale che sia la fattispecie concreta del danno patito.
Pablo Lo Monaco