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L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avviato un’istruttoria nei confronti di Infinite Styles Services CO. Limited, la Società che gestisce il sito web italiano di Shein, per presunte pratiche commerciali scorrette relative a messaggi pubblicitari ingannevoli. Secondo l’AGCM, la società utilizzerebbe strategie di comunicazione potenzialmente ingannevoli o incomplete sulla sostenibilità ambientale dei propri capi (c.d. greenwashing) riportate nelle sezioni “#SHEINTHEKNOW”, “evoluSHEIN” e “responsabilità sociale”.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), conosciuta anche come Antitrust, è l’ente italiano che vigila sul rispetto delle normative in materia di concorrenza e tutela dei consumatori. In questo contesto, il 25 settembre 2024 ha emesso un comunicato stampa in cui annunciava l’apertura dell’istruttoria nei confronti di Shein, famoso colosso cinese dell’ultra fast fashion, per presunte violazioni del Codice del Consumo.
Secondo l’AGCM, la piattaforma avrebbe diffuso messaggi promozionali e pubblicitari che enfatizzano la sostenibilità dei capi venduti, senza fornire informazioni sufficientemente chiare e verificabili a supporto di tali affermazioni (vedi anche: La direttiva EmpCo sui “green claims” cambierà il marketing? – Canella Camaiora).
Le sezioni del sito finite sotto la lente d’ingrandimento sono #SHEINTHEKNOW, ‘evoluSHEIN’ e ‘responsabilità sociale’, dove l’azienda parla di “circolarità”, qualità dei prodotti e consumo responsabile.
Tuttavia, secondo l’Antitrust, queste affermazioni sarebbero poco chiare e potrebbero indurre in errore i consumatori. Ad esempio, la collezione ‘evoluSHEIN’, dichiarata “sostenibile”, non fornirebbe informazioni sufficienti sulla quantità di fibre “green” utilizzate e sulla reale riciclabilità dei capi.
Inoltre, Shein si vanterebbe di un impegno generico nella decarbonizzazione, contraddetto però dai dati sui report di sostenibilità che mostrano un consistente aumento delle emissioni di gas serra nel 2022 e 2023. L’Antitrust ipotizza quindi che Shein stia adottando strategie di comunicazione ingannevoli, sfruttando il trend del “green” per attrarre clienti senza però impegnarsi concretamente per ridurre l’impatto ambientale del suo modello di business, basato sul “fast o ultra fast fashion”.
La contestazione dell’AGCM si basa sul Codice del Consumo italiano (D.Lgs. 206/2005) e su principi comunitari, come la recente Direttiva UE 2024/825. Quest’ultima ha rafforzato il quadro normativo europeo contro le dichiarazioni ingannevoli e poco trasparenti, imponendo alle aziende oneri informativi più rigorosi per le comunicazioni di sostenibilità. La normativa richiede che qualsiasi dichiarazione ambientale sia chiara, accurata e supportata da dati verificabili (approfondisci: Greenwashing: la “black list” delle condotte vietate in UE – Canella Camaiora).
L’AGCM contesta a Shein di non aver fornito prove concrete sulla sostenibilità dei prodotti, rendendo i messaggi promozionali potenzialmente fuorvianti per i consumatori. L’istruttoria è ancora in corso e l’esito delle indagini dell’Autorità è atteso nelle prossime settimane.
Quando aziende, istituzioni ed enti esaltano come ecosostenibili le proprie attività, mettendo in luce gli effetti positivi di alcune e, allo stesso tempo, evitando di menzionare l’impatto ambientale negativo di altre (o dell’impresa nel suo complesso) praticano il Greenwashing.
Il greenwashing consiste nel presentare prodotti o attività aziendali come ecologicamente sostenibili quando, di fatto, non lo sono. Questa pratica si è diffusa rapidamente, soprattutto nei settori della moda e del fast fashion, dove la sensibilità dei consumatori verso la sostenibilità è in costante crescita.
Le imprese, come stabilito dalla Direttiva UE 2024/825, sono obbligate a comunicare in modo trasparente e veritiero ogni informazione relativa alla sostenibilità. Dichiarazioni generiche, non supportate da prove oggettive, possono costituire pratiche commerciali scorrette ai sensi della normativa vigente.
Il greenwashing compromette la fiducia dei consumatori, i quali possono essere indotti ad acquistare prodotti credendoli sostenibili. Nel caso di Shein, l’AGCM ritiene che i consumatori siano stati potenzialmente indotti in errore attraverso l’uso di claim ambientali non verificabili.
Il settore del fast fashion è particolarmente esposto al rischio di greenwashing. Le grandi aziende spesso utilizzano slogan ecologici per migliorare la propria immagine, senza apportare reali modifiche ai processi produttivi, spesso caratterizzati da un elevato impatto ambientale.
La Direttiva EmpCo, o meglio la Direttiva UE 2024/825, adottata per contrastare pratiche commerciali ingannevoli in materia di sostenibilità, impone nuovi obblighi alle imprese, come:
1. Trasparenza nelle dichiarazioni ambientali e sociali. Le affermazioni devono essere supportate da dati chiari, verificabili e accessibili al pubblico. Dichiarazioni generiche come “eco-friendly” sono vietate senza prove concrete di eccellenza ambientale.
2. Divieti sul greenwashing. È vietato esibire marchi di sostenibilità non certificati o affermare impatti ambientali neutri basati solo su compensazioni di emissioni.
3. Informazioni su durabilità e riparabilità. I consumatori devono essere informati su aggiornamenti software, pezzi di ricambio disponibili e restrizioni alla riparazione.
4. Regolamentazione degli aggiornamenti software. Gli aggiornamenti devono essere presentati in modo trasparente. Quelli che migliorano solo funzionalità non possono essere definiti necessari.
5. Durabilità dei beni. Le comunicazioni non possono promuovere beni con caratteristiche progettate per limitarne la durata o dichiarare durate non realistiche.
6. Garanzie di durabilità. Gli imprenditori devono informare su garanzie superiori a due anni, utilizzando etichette armonizzate.
7. Conformità sui marchi di sostenibilità. I marchi devono soddisfare criteri di trasparenza e credibilità, basati su sistemi certificati e normati.
Come si può riscontrare, l’obiettivo è garantire che ogni dichiarazione ambientale sia supportata da dati concreti e verificabili.
La violazione degli obblighi imposti dalla Direttiva può comportare sanzioni significative. Gli Stati membri sono tenuti ad adottare misure efficaci per contrastare il greenwashing e proteggere i consumatori. L’azione dell’AGCM contro Shein si inserisce in questo quadro di rafforzamento delle tutele.
L’intervento dell’AGCM rappresenta un chiaro segnale per l’intero settore del fast fashion. Le aziende dovranno adeguare le proprie strategie comunicative, assicurandosi che ogni affermazione sulla sostenibilità sia supportata da dati oggettivi e verificabili.
I consumatori svolgono un ruolo fondamentale nel promuovere una maggiore responsabilità ambientale. La consapevolezza sui rischi del greenwashing può spingerli a valutare con maggiore attenzione le dichiarazioni delle aziende e a privilegiare marchi realmente sostenibili.
Adeguarsi ai nuovi obblighi normativi può rappresentare un’opportunità per le imprese. La trasparenza e l’adozione di pratiche realmente sostenibili possono rafforzare la fiducia dei consumatori e migliorare la reputazione aziendale.
Il caso Shein evidenzia la necessità di interventi strutturali per rendere il settore della moda più sostenibile. Oltre alle dichiarazioni pubblicitarie, sarà fondamentale un impegno concreto verso processi produttivi a basso impatto ambientale.
L’azione dell’Antitrust contro Shein rappresenta un momento chiave nella lotta contro il greenwashing. Il quadro normativo europeo, rafforzato dalla Direttiva UE 2024/825, pone nuovi obblighi di trasparenza a tutela dei consumatori. Le aziende del settore fast fashion dovranno rivedere le proprie strategie, adottando un approccio più responsabile e sostenibile.