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La sentenza n. 2598 del 20/06/2023, emessa dalla Sezione specializzata in materia di imprese del Tribunale di Torino, rappresenta un caso rilevante perché chiarisce fino a che punto si possa accusare un concorrente (per violazione di design registrato), segnalando il presunto illecito ai portali di e-commerce.
La DuLàc® farmaceutici, società titolare del marchio DoctorBITE®, che vende bite automodellanti per curare il bruxismo, è stata accusata da un’impresa bolognese di contraffazione di design. Per la cronaca, la DuLàc® farmaceutici esiste da diversi anni e commercializza il suo dispositivo sin dal 2006-2007 attraverso canali tradizionali come le farmacie. Dal 2015, però, ha cominciato a vendere i suoi prodotti anche attraverso Amazon®.
L’impresa concorrente, avendo registrato il design di un bite molto simile presso l’Ufficio Europeo per la Proprietà Intellettuale (EUIPO), aveva intentato un’azione civile in Romania chiedendo l’accertamento della violazione del design, mentre in Italia aveva addirittura denunciato penalmente la DuLàc® farmaceutici.
Mi preme sottolineare come l’impresa bolognese, sulla base di semplici accuse e segnalazioni, fosse riuscita anche a chiedere e ottenere da Amazon® la sospensione per ben 15 mesi della vendita tramite la sua piattaforma dei prodotti a marchio DoctorBITE®.
La questione legale che si pone, quindi, è se queste lettere e queste richieste nei confronti dei portali di e-commerce siano eticamente corrette, ma soprattutto giuridicamente accettabili (prima che sia intervenuto l’accertamento dell’illecito da parte di un Tribunale).
A causa di queste accuse DuLàc® farmaceutici si è trovata costretta ad agire dinanzi al tribunale di Torino per dimostrare la legittimità della sua condotta commerciale.
La sentenza del Tribunale di Torino ha fornito una risposta chiara alla questione della (solo) presunta contraffazione. Secondo la pronuncia, la controparte bolognese, che aveva operato la segnalazione, sapeva (o avrebbe dovuto sapere) che:
La sentenza ha inoltre sottolineato come le azioni legali intraprese dall’impresa bolognese, comprese la denuncia penale in Italia e l’azione civile in Romania, non fossero illecite o denigratorie di per sé, poiché non erano state rese pubbliche e quindi non avevano danneggiato la posizione di mercato di DuLàc® farmaceutici e la sua reputazione.
Per contro, la comunicazione/segnalazione dell’impresa bolognese ad Amazon®, che ha portato alla sospensione della vendita dei prodotti DoctorBITE® per 15 mesi, è stata giudicata illecita.
La sentenza ha rilevato che l’impresa bolognese poteva e doveva essere consapevole dell’infondatezza delle sue pretese, e che aveva evidentemente agito con l’intento di danneggiare la concorrente.
In sintesi, la sentenza ha respinto l’accusa di contraffazione, ritenendo che il design del bite non potesse essere protetto e che l’impresa bolognese avesse agito in modo sleale proprio con lo scopo di bloccare su Amazon® la vendita dei prodotti DoctorBITE® (traendone così un indebito vantaggio concorrenziale).
Il danno subito da DuLàc® farmaceutici è stato in concreto riconosciuto dai Giudici come l’impossibilità di offrire il proprio prodotto durante il periodo di sospensione delle vendite sulla piattaforma online (per 15 mesi).
Ma come può essere qualificato giuridicamente l’illecito commesso dall’impresa bolognese?
L’illecito commesso dall’impresa bolognese può essere qualificato come un atto di concorrenza sleale, secondo l’articolo 2598 n. 3 del Codice Civile italiano.
Secondo il dispositivo dell’art. 2598 n. 3: “compie atti di concorrenza sleale chiunque:
si vale direttamente o indirettamente di ogni […] mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda”.
La giurisprudenza ha chiarito che la valutazione di tali situazioni non deve basarsi sulla mera prassi commerciale o su consuetudini conclamate, ma piuttosto sui principi etici che governano (o dovrebbero governare) l’attività degli operatori del settore.
Nel caso specifico, l’impresa bolognese (concorrente di DuLàc® farmaceutici) ha inviato una comunicazione alla piattaforma online, lamentando una presunta violazione dei propri diritti di privativa sul design del bite. Questa comunicazione ha portato alla sospensione precauzionale della vendita dei prodotti DoctorBITE® su Amazon®.
Conclusa l’istruttoria sul caso, i Giudici torinesi hanno rilevato come l’impresa bolognese fosse consapevole dell’infondatezza delle sue pretese, poiché era già sorta una controversia in sede EUIPO in cui l’Ufficio europeo aveva poi dichiarato la nullità del modello di bite.
Inoltre, il bite è un prodotto vincolato a forme necessitate e funzionali, e non può essere protetto come design registrato (se non nei limiti in cui presenti davvero degli elementi ancillari di rilievo puramente estetico), e in questo senso si è chiaramente espresso anche il Tribunale di Torino: “in linea con quanto ritenuto dall’EUIPO, ovverosia che ‘è ontologicamente impensabile di poter negli anni 2000 depositare un modello ornamentale o design, che dir si voglia, che possa proteggere la linea di forme che sono della c.d. arte nota e di uso comune ormai da decenni’, tenuto quindi conto che oramai da decenni sono presenti sul mercato prodotti di tal fatta secondo forme comuni e consolidate.”
Il Collegio ha quindi concluso che la segnalazione al portale messa in atto dal competitor, più che denigrazione, costituisse un illecito per “violazione del criterio della correttezza professionale” ex art. 2598 n. 3 del codice civile poiché l’azione era inequivocabilmente idonea a causare danno a DuLàc® farmaceutici, in quanto ha portato alla sospensione delle sue vendite su Amazon®.
In sintesi, l’invio di warning letter e, in particolare, le segnalazioni ai portali di marketplace può essere considerato un atto di concorrenza sleale quando vi è la consapevolezza, in chi le trasmette, che le pretese potrebbero non essere fondate, con il rischio di danneggiare l’altrui azienda. Nel caso in esame, l’impresa bolognese ha agito in modo sleale, causando un danno diretto a DuLàc® farmaceutici attraverso la sospensione delle vendite online per 15 mesi.
Nel campo della proprietà intellettuale è assai comune che molti operatori, inclusi alcuni avvocati che non sono specialisti della materia, non siano a conoscenza del fatto che il procedimento di registrazione del design presso l’EUIPO non include un esame tecnico sulla novità e/o sul carattere individuale dell’estetica del prodotto registrato, fattori che ne determinano la validità.
Oltretutto, le forme con una funzione tecnica specifica (come è nel caso del bite per il bruxismo) non possono essere protette come design, rendendo la registrazione probabilmente nulla o assai limitata quanto alla portata dell’effettiva esclusiva conferita.
Sebbene la registrazione del design offra una presunzione di validità (che può essere utilizzata come valida base per segnalare potenziali violazioni alle piattaforme online o addirittura alle dogane), è sempre fondamentale procedere con cautela. Le warning letter o segnalazioni ai portali, se non valutate accuratamente da esperti, possono ritorcersi contro chi le ha emesse, come dimostrato in questa occasione.
Nel caso in esame, il design del bite contro il bruxismo registrato dall’impresa bolognese si è rivelato nullo e l’impresa bolognese è stata addirittura condannata – oltre che a risarcire le spese di lite – anche a risarcire i danni per aver causato la sospensione della vendita dei prodotti DoctorBITE® su Amazon®.
Questa vertenza ci permette di sottolineare l’importanza di una valutazione attenta e consapevole, con il supporto di un legale esperto, prima di intraprendere azioni legali nel delicato campo della proprietà intellettuale.
Avvocato Arlo Canella