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Nel campo del diritto del lavoro, le conciliazioni sindacali rappresentano uno strumento essenziale per risolvere le controversie tra lavoratori e datori di lavoro, ma recenti sviluppi giurisprudenziali stanno rivedendo le condizioni necessarie per la loro validità.
Gli accordi di conciliazione in “sede protetta” giocano un ruolo fondamentale nel dirimere controversie lavorative e garantire la tutela dei diritti dei lavoratori. Tuttavia, il rispetto delle condizioni previste dalla legge è fondamentale per assicurare la validità di tali accordi. Ma cosa significa “sede protetta”?
Recentemente, un’ordinanza della Corte di Cassazione (ordinanza n. 10165 del 2024) ha rimesso in discussione la validità dei verbali di conciliazione firmati al di fuori delle cosiddette “sedi protette” anche se alla presenza di un conciliatore sindacale. Questa decisione è sicuramente importante perché ha acceso un vivace dibattito giuridico, soprattutto per il suo contrasto con precedenti pronunce della stessa Corte. Analizziamo nel dettaglio le implicazioni di questa ordinanza e il contesto che ha portato a tale decisione.
Un’azienda aveva stipulato con un proprio dipendente un accordo di conciliazione sindacale che prevedeva la rinuncia al preavviso di licenziamento in cambio dell’accettazione, da parte del lavoratore, di una riduzione del salario mensile del 15% per un periodo di tre anni. La conciliazione era avvenuta nei locali aziendali alla presenza di un conciliatore sindacale, il quale aveva informato il lavoratore sugli effetti definitivi e inoppugnabili dell’accordo, come richiesto dall’art. 2113, co. 4 c.c. Le parti si impegnavano inoltre a ratificare successivamente l’accordo nelle modalità previste dagli art. 410 c.p.c. (presso la commissione di conciliazione ITL) e 411 c.p.c. (in sede sindacale).
La validità del verbale di conciliazione veniva contestata giudizialmente, e sorprendentemente, sia in primo grado che in appello, i giudici invalidavano l’accordo sostenendo che non fosse stato firmato in una delle sedi protette di cui all’art. 2113 c.c., ovvero sedi giudiziarie, commissioni di conciliazione presso l’ITL, sedi sindacali o collegi di conciliazione e arbitrato.
Il datore di lavoro, ritenendo che i locali aziendali fossero idonei a garantire il libero consenso del dipendente, contestava la decisione in Cassazione, argomentando che il concetto di “sede protetta” dovesse essere interpretato in senso virtuale, come luogo di tutela del lavoratore, piuttosto che in senso fisico-topografico.
La Cassazione, tuttavia, ha rigettato il ricorso, confermando la nullità del verbale di conciliazione per non essere stato sottoscritto in una delle sedi protette di cui all’art. 2113, co. 4 c.c. La Corte ha ribadito che la protezione del lavoratore nelle conciliazioni sindacali dipende sia dalla presenza del rappresentante sindacale sia dal luogo fisico in cui avviene la conciliazione. La normativa prevede espressamente che le conciliazioni avvengano in sedi neutre, estranee all’influenza del datore di lavoro, per garantire la libera determinazione del lavoratore.
La Cassazione ha evidenziato che la legge richiede che le conciliazioni avvengano in sedi protette, elencate tassativamente:
Questo elenco tassativo mira a garantire un ambiente neutro e privo di condizionamenti per il lavoratore.
Con questa pronuncia, la Cassazione ribadisce un’interpretazione restrittiva del concetto di “sede protetta”, volta a garantire una maggiore tutela del lavoratore. Questa interpretazione comporta però maggiori complessità per i datori di lavoro che intendono ricorrere allo strumento conciliativo, soprattutto alla luce della crescente diffusione della conciliazione telematica.
La decisione si discosta dal precedente orientamento della Cassazione, che dava maggiore importanza all’effettività dell’assistenza sindacale piuttosto che al luogo fisico della stipula. Questo contrasto giurisprudenziale così netto è sicuramente interessante perchè potrebbe essere portato all’attenzione delle Sezioni Unite, chiamate a fornire una soluzione definitiva sulla questione.
Antonella Marmo