Strategie legali su misura per controversie internazionali.
Calcola il preventivo
Il recupero delle royalties internazionali rappresenta una sfida complessa che richiede una combinazione di strumenti giuridici e strategie mirate. Questo articolo analizza i principali strumenti per affrontare controversie transfrontaliere, inclusi l’ingiunzione di pagamento europea, l’esecuzione delle sentenze straniere, la mediazione e l’arbitrato internazionale. Scoprirai come scegliere la giurisdizione competente, applicare le normative rilevanti e risolvere le controversie con efficienza, riducendo tempi e costi. Una guida completa per aziende e professionisti che operano nel contesto globale della proprietà intellettuale.
Le royalties sono una delle principali forme di remunerazione per l’utilizzo di diritti di proprietà intellettuale, come brevetti, marchi, opere protette dal diritto d’autore e know-how. In sostanza, rappresentano il corrispettivo pagato dal licenziatario al titolare del diritto per sfruttare questi asset immateriali di valore.
Tali compensi possono derivare da numerosi ambiti: ad esempio, la concessione di una licenza per un brevetto tecnologico, l’utilizzo di un marchio commerciale o la riproduzione di un’opera musicale. Regolate generalmente da contratti di licenza, le royalties vengono definite con modalità di calcolo che possono essere fisse o variabili (ad esempio, in percentuale sulle vendite) e con scadenze di pagamento ben precise.
Tuttavia, il mancato versamento delle royalties costituisce un grave inadempimento contrattuale, spesso risolvibile solo attraverso un’azione legale per il recupero delle somme dovute. La complessità aumenta quando le parti risiedono in Paesi diversi, dove emergono ostacoli legati alle differenze normative e procedurali.
In questi casi, il recupero transfrontaliero richiede una combinazione di competenze legali e una strategia ben calibrata, che tenga conto di:
Solo con un approccio strutturato è possibile garantire strumenti efficaci per il recupero. Ma come scegliere la giurisdizione corretta?
La scelta della giurisdizione competente e della legge applicabile rappresenta uno dei primi nodi da sciogliere nel recupero transfrontaliero delle royalties. Questi aspetti, fondamentali per una gestione efficace delle controversie, sono spesso regolati direttamente dalle parti attraverso apposite clausole contrattuali.
Ai sensi dell’art. 25 del Regolamento (UE) n. 1215/2012 (Bruxelles I bis), le parti possono inserire una “clausola di foro esclusivo” nel contratto di licenza, vincolando eventuali controversie a una giurisdizione predeterminata. In assenza di tale clausola, però, si applicano i criteri generali stabiliti dal Regolamento che prevedono che la giurisdizione competente sia quella del Paese in cui il convenuto ha il domicilio.
Ad esempio: se un licenziatario con sede in Germania non paga le royalties a un licenziante italiano, e il contratto non specifica la giurisdizione, la controversia verrà risolta generalmente nei tribunali tedeschi – e viceversa.
Lo stesso principio si applica alla determinazione della legge applicabile. Secondo il Regolamento (CE) n. 593/2008 (Roma I), le parti possono scegliere liberamente la legge che regola il contratto. In mancanza di una scelta esplicita, però, si applica la legge del Paese con cui il contratto presenta il collegamento più stretto (art. 4).
Per evitare incertezze, è altamente raccomandato che già in fase di negoziazione le parti includano clausole chiare sia sulla giurisdizione competente, sia sulla legge applicabile. Ma quali sono i passaggi successivi per il recupero delle royalties in ambito internazionale?
L’ingiunzione di pagamento europea è un provvedimento emesso dal giudice nazionale a favore di un creditore, senza necessità di coinvolgere immediatamente la controparte. Questo strumento, disciplinato dal Regolamento (CE) n. 1896/2006, agevola il recupero dei crediti in controversie transfrontaliere, definite dall’art. 3 del Regolamento come quelle in cui almeno una delle parti ha domicilio o residenza abituale in uno Stato membro diverso da quello del tribunale competente (art. 2).
È destinato alla tutela di crediti pecuniari di importo specifico ed esigibili al momento della presentazione della domanda (art. 1).
Una delle peculiarità di questa procedura è che, a differenza di quanto accade in Italia, non è richiesta alcuna prova documentale a sostegno del credito. Il giudice emette infatti il provvedimento inaudita altera parte, basandosi unicamente sulla dichiarazione del creditore. Tuttavia, al debitore è riconosciuto il diritto di opporsi, senza necessità di specificare le ragioni della contestazione.
La domanda di ingiunzione si presenta attraverso un modulo standard, e il giudice valuta la richiesta entro 30 giorni, salvo la presenza di motivi per respingerla.
Una volta emesso il provvedimento, l’ingiunzione deve essere notificata al debitore secondo le norme previste dal Regolamento UE 2020/1784. Queste garantiscono requisiti minimi di affidabilità per assicurare che il debitore riceva effettivamente la comunicazione.
Se il debitore non presenta opposizione entro 30 giorni dalla notifica, l’ingiunzione diventa automaticamente esecutiva e può essere utilizzata per avviare procedure di esecuzione forzata in qualsiasi Stato membro. Questo è reso possibile dal Regolamento Bruxelles I bis (UE n. 1215/2012), che ha abolito la necessità di un exequatur per il riconoscimento delle decisioni giudiziarie tra Stati membri.
Grazie a questa semplificazione, il creditore può ottenere l’esecuzione diretta del provvedimento in uno Stato diverso da quello in cui è stato emesso, presentando:
L’esecuzione forzata avviene poi secondo le norme nazionali dello Stato membro in cui risiede il debitore o si trovano i suoi beni.
L’ingiunzione di pagamento europea rappresenta quindi uno strumento rapido ed efficace per il recupero dei crediti transfrontalieri. Grazie alla possibilità di ottenere il provvedimento sulla sola dichiarazione del credito, senza necessità di prove documentali, e alla sua eseguibilità diretta in tutti gli Stati membri dell’UE, consente ai creditori di agire con maggiore efficienza e celerità.
Quando il creditore è già in possesso di un titolo esecutivo, come ad esempio una sentenza, è possibile procedere direttamente all’esecuzione forzata.
All’interno dell’Unione Europea, il Regolamento Bruxelles I bis (UE n. 1215/2012) ha eliminato il requisito dell’exequatur, consentendo il riconoscimento automatico delle sentenze emesse in altri Stati membri e semplificando il processo di esecuzione. Questo significa che:
Questo sistema riduce significativamente i tempi e i costi per avviare l’esecuzione forzata, consentendo al creditore di agire in modo più rapido ed efficace.
Al di fuori dell’Unione Europea, invece, l’esecuzione delle sentenze dipende dalla presenza di trattati bilaterali o multilaterali, come la Convenzione dell’Aja del 2019. Questo accordo offre un quadro uniforme per il riconoscimento delle sentenze, ma non è ancora ratificato da molti Stati. Attualmente, la Convenzione è entrata in vigore per l’Unione Europea e l’Ucraina. Altri Paesi, tra cui Costa Rica, Israele, Russia, Stati Uniti e Uruguay, hanno firmato la Convenzione ma non l’hanno ancora ratificata.
In assenza di tali accordi, si applicano le norme interne dello Stato di esecuzione, che spesso prevedono:
L’esecuzione delle sentenze straniere richiede dunque un’attenta valutazione del contesto normativo del Paese in cui deve essere avviata, soprattutto al di fuori dell’UE.
In ambito internazionale, prima di intraprendere un’azione legale, è sempre consigliabile tentare una soluzione stragiudiziale, come la negoziazione o la mediazione. Questi strumenti rappresentano un’alternativa più rapida e meno costosa rispetto alle procedure giudiziarie.
Un passo significativo in questa direzione è rappresentato dalla Convenzione delle Nazioni Unite sugli accordi di composizione internazionale risultanti dalla mediazione, meglio nota come Convenzione di Singapore sulla Mediazione. Firmata da 52 Paesi nell’agosto 2019 e in vigore dal 12 settembre 2020, questa convenzione attribuisce alla mediazione un riconoscimento formale e una forza esecutiva paragonabile a quelle dell’arbitrato e delle sentenze giudiziarie.
La Convenzione si applica alle controversie transfrontaliere in ambito commerciale, purché:
Grazie a questo trattato, gli accordi raggiunti tramite mediazione commerciale internazionale possono essere riconosciuti ed eseguiti nei Paesi firmatari senza dover avviare nuovi procedimenti giudiziari. Questo rende la mediazione una soluzione rapida e meno costosa per il recupero dei crediti.
Tuttavia, la Convenzione non si applica a:
Per chi deve recuperare crediti internazionali, come le royalties non corrisposte, la mediazione offre numerosi vantaggi:
La Convenzione di Singapore rappresenta quindi una risposta moderna e innovativa alle esigenze del commercio globale. Consente di risolvere controversie in modo efficace e collaborativo, colmando un vuoto normativo e affermandosi come una scelta strategica per chi opera in mercati internazionali.
L’arbitrato internazionale è una soluzione strategica per il recupero di crediti derivanti da royalties non corrisposte in contesti transfrontalieri. Questo strumento consente alle parti di risolvere le controversie al di fuori dei tribunali ordinari, attraverso un procedimento vincolante gestito da arbitri scelti di comune accordo. La sua flessibilità e la possibilità di ottenere un lodo esecutivo riconosciuto a livello internazionale lo rendono particolarmente vantaggioso.
La Convenzione di New York del 1958, sottoscritta da oltre 160 Paesi, garantisce il riconoscimento e l’esecuzione dei lodi arbitrali emessi in uno Stato contraente in qualsiasi altro Stato aderente. Questo significa che:
Rispetto ai metodi tradizionali, l’arbitrato offre diversi vantaggi:
Il ricorso all’arbitrato richiede che le parti abbiano previsto una clausola arbitrale nel contratto, specificando che le controversie saranno risolte tramite arbitrato. In assenza di tale clausola, è possibile concordare l’arbitrato anche successivamente, ma solo con l’accordo di entrambe le parti.
Per chi cerca di recuperare royalties non pagate in ambito internazionale, l’arbitrato si configura come un’opzione strategica, capace di combinare flessibilità, efficienza e riconoscimento globale dei risultati.
La scelta tra arbitrato e mediazione dipende dal livello di collaborazione che le parti sono disposte a mantenere:
In un contesto globale sempre più complesso, il recupero delle royalties transfrontaliere richiede una combinazione di strumenti giuridici, capacità strategica e competenze specifiche. Grazie a soluzioni come l’ingiunzione di pagamento europea, l’esecuzione delle sentenze straniere, la mediazione internazionale e l’arbitrato, i creditori possono agire con maggiore efficienza e flessibilità. La scelta dello strumento più idoneo dipende dalla natura della controversia, dalle relazioni tra le parti e dagli obiettivi finali, ma un approccio strutturato e consapevole può garantire risultati rapidi ed efficaci.
Gianluca Regolo