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Quando un marchio può definirsi “rinomato”? Il caso “Mario Valentino”

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Margherita Manca
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Nell’ordinanza n. 21738 del 20 luglio 2023, la Corte di Cassazione ha reso importanti chiarimenti riguardanti le modalità e i tempi di valutazione della rinomanza di un marchio. Questa questione, essenziale nel mondo della moda e dei marchi, è stata centrale in un caso che ha coinvolto Mario Valentino Spa (da non confondere con Valentino Garavani) e il marchio “Valentina” di un’azienda concorrente.

In questo articolo: 

Che cos’è un “marchio di rinomanza”?

L’art. 12, co. 1, lett. e), del Codice della Proprietà Industriale (CPI) si focalizza sulla protezione dei marchi di rinomanza. Questa tutela impedisce che vengano registrati nuovi marchi che siano identici o simili a quelli esistenti e già noti al grande pubblico. 

A differenza dei marchi ordinari, che identificano principalmente l’origine di un prodotto o servizio, i marchi di rinomanza sono l’emblema di tutto ciò che un brand rappresenta agli occhi del pubblico, essendo legati a concetti come qualità, affidabilità, eccellenza e innovazione. 

Affinché il marchio goda di rinomanza, esso deve essere noto a una parte significativa del pubblico nonché essere associato positivamente ai valori del  brand cui appartiene. Determinarne la rinomanza richiede un’analisi approfondita e può includere l’esame di vari fattori, come: 

  • la presenza sul mercato, 
  • la durata e la portata dell’uso, 
  • la promozione e il riconoscimento del marchio, e 
  • quali investimenti sono stati fatti per la sua tutela e promozione.

Grazie alla loro riconosciuta notorietà e al rispetto che hanno conquistato nel mercato, tali marchi godono di una protezione estesa, ben più forte di quella ordinaria. 

L’estensione della tutela è dovuta al fatto che la reputazione del marchio potrebbe essere danneggiata o sfruttata indebitamente, anche in settori diversi da quelli di origine.

Una battaglia tra marchi: “Mario Valentino” vs “Valentina”

Mario Valentino SpA è oggi un nome di spicco nel mondo della moda, con una storia che attraversa decenni. L’azienda possiede diversi marchi italiani e un marchio comunitario legati al settore del cuoio e dell’abbigliamento. Tali marchi, che contengono le parole “VALENTINO” e “MARIO VALENTINO” sono associati a prodotti di alta qualità e sono diventati sinonimo di lusso, stile, ed eleganza. 

La controversia sorgeva quando Mario Valentino SpA veniva a conoscenza della registrazione, in Italia, di due marchi recanti il termine “VALENTINA”, per prodotti di cuoio, di titolarità di un’azienda concorrente.  

In particolare, Mario Valentino sosteneva che i marchi registrati dalla convenuta fossero una violazione dei propri marchi di rinomanza, poiché troppo simili ai propri, creando confusione tra i consumatori e sfruttando indebitamente la reputazione associata ai marchi “VALENTINO” e “MARIO VALENTINO”.  Pertanto, chiedeva l’accertamento della nullità e della contraffazione. 

Questione centrale, oltre alla somiglianza tra i marchi, era la tempistica e il modo in cui viene valutata la notorietà di un marchio.

Le argomentazioni di Mario Valentino

La ricorrente lamentava la mancata applicazione delle norme relative al riconoscimento e alla tutela dei marchi rinomati. La ricorrente riteneva errata l’interpretazione della Corte d’Appello in merito alla rinomanza del marchio, effettuata esclusivamente sulla quota di mercato attuale e sulla fama corrente del marchio.

In particolare, in merito alla tempistica di valutazione della rinomanza, la ricorrente sosteneva che l’analisi avrebbe dovuto basarsi sulla fama del marchio al momento della sua prima registrazione, e non sulla situazione attuale del mercato.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto le richieste avanzate da Mario Valentino. A seguito di questa decisione, il caso è stato rimandato alla Corte d’Appello per ulteriori valutazioni. La Corte ha sottolineato la necessità di riesaminare il caso tenendo in considerazione determinati principi legali.

La Corte di Cassazione, nell’ordinanza, ha fornito diversi chiarimenti. Ha stabilito che, per verificare la nullità di un marchio considerato simile ad un altro marchio rinomato ai sensi dell’art. 12, comma 1, lett. e) del CPI, è essenziale valutare la notorietà del marchio rinomato al momento in cui il marchio contestato è stato depositato. Per quanto riguarda le accuse di contraffazione, invece, la rinomanza del marchio dovrebbe essere valutata nel momento in cui il marchio contestato è stato effettivamente utilizzato.

Inoltre, un punto cruciale sottolineato dalla Corte riguarda l’analisi della validità del marchio: non è tanto come il marchio viene utilizzato successivamente, ma piuttosto come è stato originariamente depositato e registrato.

All’interno dell’ordinanza, il principio di diritto enunciato dalla corte è il seguente: “ai fini dell’accertamento della nullità di un marchio che si assuma simile ad altro che sia dotato di rinomanza ex art. 12, comma 1, lett. e), c.p.i., occorre prendere in esame la rinomanza di quest’ultimo al momento del deposito del primo, mentre ai fini del giudizio di contraffazione tra segni ex art. 20, comma 1, lett. c), deve guardarsi alla sua rinomanza nel momento in cui il marchio registrato per secondo ha iniziato ad essere oggetto di utilizzazione”. 

In conclusione, questa ordinanza ha apportato significative precisazioni sul trattamento dei marchi di rinomanza. Ha posto particolare enfasi sulla tempistica per determinare la notorietà di un marchio e sulle procedure di deposito e registrazione.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 14 Settembre 2023

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Margherita Manca

Avvocato presso lo Studio Legale Canella Camaiora, iscritta all’Ordine degli Avvocati di Milano, si occupa di diritto industriale
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