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Quale tutela per il design quando ci si ispira a “forme antiche”?

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Arlo Canella
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Nel design della gioielleria, dove tradizione e innovazione si intrecciano costantemente, la questione della tutelabilità di un design ispirato a motivi storici solleva interrogativi complessi. Partendo da un caso controverso presso l’EUIPO, questo articolo esplora i requisiti di novità e carattere individuale previsti dal Regolamento sul Design Comunitario. Attraverso l’analisi di una recente decisione della Terza Commissione di Ricorso, si riflette sulla rilevanza delle prove storiche e sulla loro influenza sulla validità di un design moderno. Quanto un elemento storico può essere reinterpretato e protetto? E quali rischi si corrono accettando motivi storicizzati come basi per contestazioni? Scopri come bilanciare creatività e rigore giuridico in un ecosistema in continua evoluzione.

Un fiorellino medioevale e la sua registrabilità

Il cuore della vertenza in commento riguarda un design registrato presso l’EUIPO (Community Design No. 2 126 649-0002) ossia un pendente di gioielleria raffigurante un fiore stilizzato con quattro petali appuntiti, disposti a croce.

Tale design, registrato nell’ottobre 2012 sfruttato commercialmente e, successivamente, rinnovato, è stato oggetto di una richiesta di nullità da parte di T. B., il quale sostiene che manchi di novità e di carattere individuale, violando gli articoli 5 e 6 del Regolamento sul Design Comunitario (RCD).

Storicamente, la gioielleria ha sempre attinto a elementi decorativi di epoche passate, reinterpretandoli per riflettere lo spirito del tempo. Come evidenziato nell’articolo “Dai diademi sumeri ai serpenti di Bulgari: la storia dell’umanità attraverso il design dei gioielli“, l’evoluzione del design è un equilibrio tra evocazione e innovazione.

Anche in questo caso, il pendente riprende motivi dell’architettura gotica, come le finestre traforate medievali, adattandoli a un contesto moderno.

T. B. sostiene che il design sia nullo in quanto evocativo di un.. motivo aperto a forma di giglio, largamente diffuso nei settori più disparati, in architettura e in altri contesti. Per dimostrare l’assenza di novità, ha presentato immagini di archi medievali e fotografie di oggetti decorativi con motivi simili.

Tuttavia, secondo l’opponente e secondo l’ufficio, tali prove mancavano innanzitutto di date certe risultando prove inadeguate ai sensi dell’articolo 7(1) RCD.

Per questa ragione, la Divisione di Invalidità ha rigettato la richiesta di nullità. Nel successivo ricorso, la Terza Commissione di Ricorso ha ri-esaminato le prove, tra cui una fotografia di un arco medievale tratta dal libro Cloisters of Europe.

La Commissione ha ritenuto che questa fotografia, grazie ai riferimenti bibliografici, fosse una prova sufficiente della divulgazione anteriore del motivo decorativo, dimostrando che fosse accessibile al pubblico già in epoca medievale.

Tuttavia, non avendo la Divisione di Invalidità analizzato nel dettaglio i requisiti di novità e carattere individuale, il caso è stato sospeso rimandando all’esaminatore precedente per ulteriori valutazioni sulla effettiva validità giuridica del design registrato?

Questa vicenda, tra questioni legate all’ammissibilità delle prove e alla complessità dei criteri di valutazione, pone una domanda fondamentale: quanto un elemento storico può essere reinterpretato in un prodotto moderno e ottenere protezione legale come design registrato?

Cosa rende tutelabile un “design reinventato”?

Come già discusso in “Lo spirito del tempo nella gioielleria” la forza di un design non risiede solo nell’idea di base, ma nella sua implementazione concreta, che lo trasforma in una forma e un prodotto specifico.

La trasposizione di un motivo decorativo su un gioiello moderno potrebbe rappresentare il contributo creativo necessario per soddisfare i requisiti di tutela previsti dalla normativa. Ma la domanda centrale resta basta una trasposizione a rendere valido e registrabile un design? Oppure, l’esistenza di motivi decorativi simili nel passato invalida la registrazione?

Al centro della controversia vi sono quindi i due criteri chiave previsti dal Regolamento sul Design Comunitario (RCD): novità e carattere individuale, definiti rispettivamente dagli articoli 5 e 6, insieme ai criteri di divulgazione dell’articolo 7.

L’articolo 5 RCD stabilisce che un design è nuovo se nessun disegno o modello identico è stato divulgato al pubblico prima della data di deposito o di priorità della domanda (i.e. i disegni o modelli si considerano identici se differiscono solo per dettagli irrilevanti).

L’articolo 6 RCD richiede che un design possieda carattere individuale, ossia che l’impressione generale che suscita su un utilizzatore informato sia significativamente diversa rispetto a quella prodotta da design già divulgati. L’utilizzatore informato è una figura esperta del settore in cui avviene il confronto, capace di cogliere differenze sostanziali e di valutare l’originalità del design basandosi sul suo impatto complessivo.

Inoltre, l’articolo 7 RCD disciplina proprio la divulgazione del design, stabilendo che un design si considera divulgato se è stato pubblicato, esposto o reso accessibile al pubblico in modo tale da poter essere conosciuto negli ambienti specializzati del settore.

I tre articoli precedenti rappresentano il fulcro delle valutazioni legali sulla validità di un design. Per essere registrabile, un design non deve soltanto essere esteticamente accattivante, ma anche rispettare rigorosamente i requisiti giuridici previsti dalla normativa.Il design anteriore già noto agli utilizzatori informati influisce significativamente sulla valutazione, in quanto determina il margine di libertà dell’autore. Questo margine varia in base all’affollamento e alla stratificazione del settore, rendendo potenzialmente rilevanti anche piccole variazioni, oltre alla scelta più evidente e macroscopica di “trasporre” un pattern da un ambito all’altro, come dall’architettura alla gioielleria.

Come sottolineato nell’articolo “Cosa dovrebbe sapere chi crea gioielli sul Diritto del Design“, il settore della gioielleria si basa spesso sulla reinterpretazione di motivi classici. Tuttavia, la sfida sta nel dimostrare che questa reinterpretazione non solo rispetta i criteri di novità e carattere individuale, ma che il processo creativo sia genuino, traducendosi in un prodotto non identico al precedente e sufficientemente innovativo.

Un arco medievale può davvero invalidare un design?

La decisione della Terza Commissione di Ricorso dell’EUIPO solleva diverse perplessità, in particolare per l’ammissione di nuove prove in fase di appello, tra cui immagini di un arco medievale traforato. Era davvero necessario datare una foto del genere?

L’opponente, T. B., ha sostenuto che il motivo decorativo dell’arco, risalente al Medioevo, dimostrasse l’assenza di novità e di carattere individuale nel design del pendente contestato. A sostegno di questa tesi, ha presentato una pubblicazione, corredata di riferimenti bibliografici.

Il titolare del design, Lilou Sp. z o.o., ha replicato evidenziando che molte delle prove presentate mancavano di date certe, risultando inadeguate ai sensi dell’articolo 7(1) RCD. Tuttavia, ha sostenuto soprattutto che l’applicazione creativa del motivo medievale su un pendente ne rappresentasse un’interpretazione personale e tutelabile.

La Commissione ha infine ammesso le prove, come richiesto dall’opponente, ritenendo implicitamente la “finestra medievale” un esempio di anteriorità rilevante, in quanto il suo motivo decorativo era accessibile al pubblico da secoli. Ma questa scelta è davvero giustificabile?

Questa scelta metodologica, pur giuridicamente comprensibile, solleva una questione per nulla trascurabile: quanto un pattern decorativo astratto, storicizzato (praticamente un concept), può influire sulla validità di un design concretizzatosi in un gioiello?

Vogliamo qui ricordare che motivi decorativi possono essere tutelati non solo come design, ma anche come marchi di forma, a condizione che rispettino i requisiti di legge. Un esempio pratico è rappresentato dalla celebre collezione “Alhambra” di Van Cleef & Arpels, in cui il motivo decorativo è stato addirittura registrato come marchio, conferendo all’azienda il diritto esclusivo di produrre e vendere gioielli con quel particolare design distintivo. Approfondiamo questa tematica nel nostro articolo “Si può parlare di copyright nel settore dei gioielli?“.

Senza un’analisi approfondita della connessione tra il pattern e il prodotto o il settore, si rischia di ignorare il ruolo dell’utilizzatore informato, riducendo la valutazione di interferenza a un esercizio puramente formalistico e superficiale. Questo approccio potrebbe creare un precedente pericoloso, in cui riferimenti ad astrazioni formali ricorrenti vengono utilizzati come basi accettabili per contestare registrazioni, con effetti potenzialmente deleteri per l’intero settore del design.

Questa decisione mette a rischio il sistema del design registrato?

La decisione della Terza Commissione di Ricorso dell’EUIPO non mina il sistema del design registrato nella sua interezza, ma evidenzia criticità legate alla interpretazione delle norme e alla valutazione delle prove. L’accettazione di una finestra gotica decontestualizzata come prova di divulgazione anteriore solleva dubbi sulla corretta applicazione dei requisiti di novità e carattere individuale.

Il sistema del design registrato si fonda su due pilastri: proteggere l’innovazione e garantire certezza giuridica. Tuttavia, considerare la datazione di un “arco medievale” come sufficiente per invalidare un design sembra trascurare l’essenza del contributo creativo, il margine di libertà del designer e la ratio delle norme. La decisione, pur rinviando il caso alla Divisione di Invalidità per ulteriori valutazioni, evidenzia un sistema macchinoso e un rigore giuridico apparente, che rischia di ignorare il valore sostanziale della ratio legis.

Accettare motivi storici generici come base per contestare un design registrato alimenta una pericolosa decontestualizzazione, ignorando l’elemento chiave del design: il modo in cui un concept viene reinterpretato e adattato a un prodotto contemporaneo. Se il valore di un design fosse giudicato unicamente in base alla somiglianza con motivi decorativi del passato, si rischierebbe di sminuire il ruolo del designer e di disincentivare la creatività, specialmente in settori competitivi come la moda e lo stile.

L’ammissione tardiva di prove evidenzia inoltre una questione procedurale cruciale: quanto è importante che elementi probatori di tutta evidenza vengano presentati in modo rigoroso? E quanto può essere considerata moderna una finestra chiaramente gotica? Questi interrogativi sembrano riflettere un’incertezza del decisore, che arretra di fronte a decisioni complesse invece di esprimersi chiaramente dove serve. Un approccio troppo formalistico rischia di appesantire il sistema, trascurando i nodi realmente significativi.

La reinterpretazione di motivi storici è una pratica diffusa e legittima, ma la tutelabilità di un design deve essere valutata alla luce del contributo creativo apportato dal designer, evidenziato anche dall’intenzione stessa di registrare e proteggere quello sforzo. Del resto, la protezione giuridica si limita a forme che presentano carattere individuale e che non siano identiche a quelle preesistenti.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 14 Gennaio 2025

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Avv. Arlo Cannela

Avvocato Arlo Canella

Managing Partner dello studio legale Canella Camaiora, iscritto all’Ordine degli Avvocati di Milano, appassionato di Branding, Comunicazione e Design.
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