Sfrutta il potenziale dei virtual influencer per la tua strategia di marketing.
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I virtual influencer, creazioni digitali basate sull’intelligenza artificiale, rappresentano una delle innovazioni più significative nel panorama del marketing contemporaneo. Questo articolo analizza le ragioni strategiche dietro la scelta di utilizzare tali figure, evidenziandone i vantaggi in termini di flessibilità creativa, controllo reputazionale e personalizzazione del messaggio. Al contempo, affronta le sfide giuridiche connesse, soffermandosi sugli aspetti contrattuali necessari per garantire una tutela legale adeguata. Particolare attenzione è rivolta alla gestione della proprietà intellettuale, ai rischi reputazionali e alle clausole fondamentali per stipulare contratti solidi e orientati alla protezione degli interessi aziendali.
I virtual influencer, personalità digitali create con intelligenza artificiale e grafica avanzata, stanno trasformando il mondo del marketing. Sebbene possano sembrare un fenomeno recente, le loro origini risalgono al 2009 con Lu do Magalu, avatar ideato per promuovere la catena brasiliana Magazine Luiza (Who is Lu of Magalu? @magazineluiza, explained). Lu, ancora oggi una figura di spicco, conta 7 milioni di follower su Instagram e 6,8 milioni su TikTok nel 2024, con guadagni che arrivano fino a 33.800 dollari per post sponsorizzato. Tra i virtual influencer più noti:
Il fenomeno ha preso piede soprattutto in Asia, dove i consumatori tecnologicamente avanzati adottano rapidamente le nuove tendenze digitali. In Cina, l’industria dei cosiddetti “metahuman idols” è destinata a raggiungere un valore di 42,6 miliardi di dollari entro il 2030 (si v. Virtual Influencers Are Revolutionising Marketing in 2024 in InfluenConnect).
Negli Stati Uniti, uno studio del 2022 ha rivelato che il 58% dei consumatori segue almeno un virtual influencer, con un picco del 75% tra gli adulti Gen Z, dimostrando l’enorme attrattiva che queste figure digitali esercitano sul pubblico giovane (Statista, febbraio 2024).
I virtual influencer offrono vantaggi unici per le aziende, combinando controllo totale e creatività senza precedenti. La loro natura digitale permette di evitare i limiti degli influencer umani, aprendo nuove possibilità per campagne pubblicitarie su misura.
Tra i loro punti di forza spicca la flessibilità creativa: possono assumere qualsiasi aspetto o stile, adattandosi perfettamente all’identità di un marchio e alle preferenze del pubblico. Questa libertà consente di creare contenuti innovativi e accattivanti, capaci di attirare l’attenzione con elementi visivi unici, come la realtà aumentata.
Un altro vantaggio cruciale è l’assenza di rischi comportamentali: i virtual influencer non sono soggetti a scandali o controversie, garantendo una coerenza assoluta con i valori aziendali. Ogni interazione è pianificata, riducendo i rischi reputazionali e offrendo un controllo completo sui messaggi.
Inoltre, la gestione centralizzata dei contenuti consente una pianificazione precisa e un adattamento rapido alle esigenze delle campagne. Questa efficienza, unita a potenziali costi inferiori, rende i virtual influencer uno strumento estremamente competitivo.
Ma il loro utilizzo non si limita al marketing tradizionale: possono sensibilizzare su temi sociali o culturali, posizionandosi come ambasciatori digitali. Tuttavia, questa perfezione solleva una domanda importante: possono davvero competere con gli influencer umani?
Il principale svantaggio nell’utilizzo dei virtual influencer risiede in un elemento essenziale del marketing moderno: l’autenticità. Nel mondo degli influencer tradizionali, l’autenticità rappresenta una vera e propria “moneta sonante”, il valore tangibile che rende efficace la comunicazione con il pubblico. Gli utenti si fidano degli influencer perché percepiscono una connessione diretta, basata su esperienze personali e reali. Scegliere di utilizzare un virtual influencer significa quindi optare per una comunicazione radicalmente diversa, che abbandona l’immediatezza della realtà per un approccio puramente estetico e concettuale. Si tratta, senza dubbio, di una scelta di differenziazione, utile per creare campagne che puntano su una narrazione innovativa, ma che può risultare distante o artificiale per quei consumatori più legati all’interazione umana autentica (si v. “L’autenticità: la merce di scambio nell’industria degli influencer” di A. Canella).
Come ogni altra strategia pubblicitaria, inoltre, la promozione deve essere riconoscibile come tale, come previsto chiaramente nella nuova Digital Chart. Le linee guida IAP, come discusso in precedenza, impongono che ogni contenuto sponsorizzato sia chiaramente identificabile (si v. “Il “mantra” della trasparenza nella nuova Digital Chart IAP” di A. Canella). I virtual influencer, come gli influencer tradizionali, sono sottoposti ai divieti e ai vincoli previsti dalla normativa pubblicistica in materia di comunicazioni commerciali e pubblicitarie.
Nel settore dei virtual influencer, la cui natura artificiale potrebbe rendere meno evidente il legame commerciale sotteso ai messaggi, l’uso di hashtag come #adv o #sponsored e l’adozione di disclaimer espliciti diventano strumenti fondamentali per evitare il rischio di pubblicità occulta o ingannevole. Trattandosi di personaggi creati dall’intelligenza artificiale, è altrettanto importante rendere chiaro che si tratta di creazioni artificiali, per evitare fraintendimenti o manipolazioni (si v. “Dal plagio al rischio di manipolazione del pubblico: i deep fake” di A. Canella).
Un’altra criticità è rappresentata dalle questioni legate alla proprietà intellettuale. Essendo creazioni digitali, i virtual influencer sono considerati opere dell’ingegno e devono essere originali, evitando di violare diritti di terzi come marchi, copyright o diritti di immagine. La loro estetica, il nome e ogni elemento distintivo devono essere attentamente verificati e registrati per prevenire ed evitare controversie in ambito di copyright o marchi registrati.
Infine, i virtual influencer sollevano importanti interrogativi sulle responsabilità in caso di contenuti diffamatori o lesivi. È indispensabile che tali responsabilità siano chiaramente definite nei contratti tra creator, software house e brand committenti, per garantire una gestione efficace delle controversie.
Ma chi risponde davvero di fronte a una violazione o a un contenuto controverso?
È importante anche palesare il fatto che i virtual influencer sono creazioni artificiali. Pertanto, sono considerate opere dell’ingegno e come tali devono essere originali, evitando di violare diritti di terzi come marchi, copyright o diritti di immagine altrui. La loro estetica, il nome e ogni elemento distintivo devono essere attentamente verificati, registrati anche nell’ottica di prevenire ed evitare controversie in ambito di copyright o marchi registrati.
Inoltre, in caso di controversie legate a contenuti diffamatori o lesivi pubblicati da un virtual influencer, è indispensabile che le responsabilità siano chiaramente definite nei contratti tra creator, software house e brand committenti.
Scrivere un contratto che coinvolga un virtual influencer non è solo un esercizio tecnico, ma una sfida che unisce le complessità del diritto pubblicitario, del diritto delle nuove tecnologie – come lo sviluppo e il mantenimento di software – della gestione dell’intelligenza artificiale e dei contratti con i testimonial tradizionali. Per un’azienda, il fascino di un influencer virtuale risiede nell’apparente semplicità: un’entità digitale non sbaglia, non invecchia e può essere modellata perfettamente sui valori del brand. Tuttavia, dietro questa perfezione apparente, il quadro legale è tutt’altro che semplice.
Un contratto con un virtual influencer deve affrontare una tripla complessità.
Da un lato, eredita tutte le regole della pubblicità tradizionale, che richiede trasparenza assoluta – nessun contenuto sponsorizzato può essere ambiguo, e l’uso di hashtag come #adv o #sponsored è indispensabile. Dall’altro, si intreccia con le peculiarità dell’intelligenza artificiale: l’avatar è un’opera dell’ingegno, e come tale deve essere originale e rispettare i diritti di terzi, come i marchi registrati e i diritti d’immagine. Infine, se la figura digitale è affidata a una software house, il contratto assume molte delle caratteristiche di un accordo tecnologico, richiedendo una cura particolare nella definizione di manutenzione, aggiornamenti e responsabilità (si v. Proprietà del software: il riparto dei diritti tra committenti e sviluppatori – Canella Camaiora).
Un aspetto centrale è la proprietà intellettuale. A differenza di un testimonial umano, un virtual influencer può essere associato in modo esclusivo e permanente a un marchio. È possibile stabilire che il nome, l’immagine e ogni elemento distintivo siano di titolarità del committente. Tuttavia, questa “comodità” richiede attenzione: il contratto deve garantire che il brand detenga tutti i diritti necessari, evitando controversie legate a plagio o violazioni di copyright di terze parti. Anche la possibilità di registrare il virtual influencer come marchio rappresenta un’opportunità, ma anch’essa non priva di insidie (Registrazione marchi – Canella Camaiora).
Un parallelo interessante è quello con i contratti degli attori, già esplorato nel nostro articolo sui protagonisti del cinema (si v. Il contratto con gli attori nella produzione cinematografica – Canella Camaiora). Come un attore presta la sua immagine, così un virtual influencer “recita” per il brand, e il contratto con la software house coinvolta deve regolare con precisione l’uso dei contenuti creati, la durata dell’accordo e le modalità di sfruttamento futuro. A ciò si aggiunge la necessità di prevedere clausole risolutive in caso di contenuti lesivi o controversi, considerando che la responsabilità, in questi casi, può ricadere sia sulla software house sia sull’azienda.
Infine, se l’avatar è sviluppato da un team esterno, entra in gioco la manutenzione tecnica. Come per qualsiasi piattaforma digitale, è fondamentale garantire che l’influencer sia aggiornato e operativo, prevedendo tempi certi per la risoluzione di problemi e adattamenti alle nuove tecnologie. Anche i contratti con le software house, dunque, offrono spunti utili per definire un quadro chiaro e completo.
Con un virtual influencer, il controllo che un brand può esercitare è straordinario. Tuttavia, l’era dei testimonial virtuali ha aperto un nuovo capitolo nella comunicazione e una nuova frontiera interdisciplinare per il diritto dei contratti.
Avvocato Arlo Canella