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Opere d’arte: come comportarsi se ci si accorge di possedere un falso?

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Edoardo Gasparetto
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Scoprire che un’opera d’arte acquistata è in realtà un falso può essere un’esperienza sconvolgente per qualsiasi collezionista. Questo articolo esplora i rimedi giuridici disponibili nell’ambito del diritto dell’arte e della proprietà intellettuale per chi si trova in questa spiacevole situazione, indicando come agire nei confronti del venditore o del gallerista.

L'acquirente si può rivalere sul venditore o sul gallerista?

Immaginate la soddisfazione di possedere un dipinto di Giorgio de Chirico, con le sue iconiche piazze italiane e figure enigmatiche, o una scultura di Amedeo Modigliani, riconoscibile per i colli allungati e volti stilizzati. L’emozione di avere un pezzo di storia dell’arte tra le mani può trasformarsi in una grande delusione se ci si accorge che l’opera è un falso. In questo articolo, esploreremo i rimedi giuridici disponibili per chi si trova in questa spiacevole situazione.

Facciamo subito un esempio pratico: Giovanni acquista un quadro attribuito a Modigliani da una galleria d’arte rinomata. Dopo alcuni mesi, decide di far valutare l’opera da un esperto indipendente, il quale scopre che si tratta di un falso. Come bisogna comportarsi?

Nel momento dell’acquisto, il venditore dovrebbe consegnare all’acquirente un certificato di autenticità come previsto dal Codice dei Beni Culturali all’art. 64. Tuttavia, la consegna del certificato di autenticità è tutt’altro che frequente e, comunque, potrebbe comunque accadere che l’opera, ad una più attenta analisi, risulti falsa e il suo certificato, per l’effetto, inattendibile.

Il venditore è tenuto alla garanzia per vizi come previsto dall’art. 1495 del codice civile, che stabilisce che i vizi devono essere denunciati entro 8 giorni dalla scoperta e che l’azione va iniziata entro un anno dalla consegna. Tuttavia, queste strettoie temporali potrebbero pregiudicare irrimediabilmente i diritti dell’acquirente. 

 

Fortunatamente, la giurisprudenza ha superato queste limitazioni inquadrando tali situazioni nell’ambito dell’aliud pro alio. Quando si parla di vendita di “aliud pro alio”, ci si riferisce a una situazione in cui il bene consegnato è talmente diverso da quello concordato che non può essere considerato semplicemente un bene difettoso, ma piuttosto un bene di natura completamente diversa. Ad esempio, se si acquista un’opera d’arte attribuita a un noto artista e si scopre successivamente che l’opera è in realtà di un altro autore o addirittura un falso, non si tratta solo di un vizio dell’opera, ma di una consegna di un bene diverso da quello pattuito. 

L’art. 1453 del codice civile italiano oltretutto prevede testualmente che: “Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno”.  La Cassazione, conseguentemente, ha stabilito che la cessione di un’opera d’arte falsamente attribuita ad un artista costituisce una vendita di “aliud pro alio” e legittima l’acquirente a richiedere la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore (Cass. civ., 01/07/2008, n. 17995). 

Questa figura giuridica permette di sfuggire alle strettoie dei termini di cui all’art. 1495 del codice civile, consentendo un’ordinaria azione di risoluzione contrattuale soggetta al termine ordinario di prescrizione di 10 anni. Pertanto, il gallerista o il venditore, qualora emerga che l’opera d’arte acquistata è un falso, sarà tenuto a rispondere dell’inadempimento.

Chi è tenuto a dimostrare che l’opera è falsa?

Per dimostrare che l’opera acquistata è un falso, sarà l’acquirente a dover fornire prove concrete. Solitamente, si ricorre a esperti d’arte che possono fornire una perizia tecnica dettagliata che attesti l’inautenticità dell’opera. La perizia deve essere redatta da un esperto riconosciuto nel settore e deve includere tutte le analisi necessarie per supportare la tesi del falso, come l’analisi dei materiali, dello stile e della provenienza dell’opera.

L’articolo 2697 del Codice Civile fa ricadere a colui che agisce in giudizio l’onere di provare i fatti posti a fondamento della sua domanda, in questo caso la falsità del quadro. L’articolo recita: “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”.

La giurisprudenza della Cassazione, con la sentenza n. 11748/2019, ha chiarito che l’onere della prova ricade sul compratore. Le Sezioni Unite hanno avvalorato la tesi anche in base al principio della cosiddetta “vicinanza della prova”, che ritiene l’acquirente nelle migliori condizioni di offrire la prova dei vizi, avendo la materiale disponibilità dell’opera che si assume essere falsa.

Come quantificare e ottenere il risarcimento?

Una volta dimostrata la falsità dell’opera, il passo successivo è calcolare il danno subito per richiedere il risarcimento

L’acquirente ha diritto alla restituzione dell’intero importo pagato per l’acquisto dell’opera falsa. Inoltre, il danno può includere tutte le spese sostenute dall’acquirente a causa dell’acquisto, come i costi per le perizie tecniche, le consulenze legali e altre spese accessorie.

Non da ultimo, il lucro cessante spesso si riferisce alla perdita di guadagno potenziale che l’acquirente avrebbe potuto realizzare se l’opera fosse stata autentica. Questo è particolarmente rilevante per le opere d’arte che tendono ad aumentare di valore nel tempo. La Cassazione ha chiarito che il lucro cessante, tra l’altro, può includere la perdita dell’incremento di valore di mercato che l’opera avrebbe avuto se fosse stata autentica.

Per ottenere il risarcimento, l’acquirente deve seguire un iter legale ben definito. La raccolta delle prove è fondamentale così come le perizie tecniche e la documentazione che attesta la falsità dell’opera sono indispensabili per avviare la causa con l’ausilio di un avvocato esperto della materia. 

L’azione legale contro il venditore per ottenere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno è la via più diffusa tuttavia attenzione alla fattispecie dell’incauto acquisto. Vediamo di cosa si tratta.

Perché “fare un affare” nel mondo dell’arte potrebbe rivelarsi pericoloso?

Fare un affare” nel mondo dell’arte può rivelarsi pericoloso per diverse ragioni, in particolare può portare al rischio di incorrere nel reato di incauto acquisto, come descritto dall’articolo 712 del Codice Penale italiano. Questo reato si verifica quando un’opera d’arte viene acquistata senza un’adeguata verifica della sua legittima provenienza, specialmente se ci sono fattori sospetti come un prezzo insolitamente basso o una provenienza dubbiosa del venditore.

La differenza principale tra l’incauto acquisto e la ricettazione (articolo 648 del Codice Penale), è che nell’incauto acquisto non vi è una consapevolezza criminale. Nel caso della ricettazione, l’acquirente è consapevole di acquistare un bene di provenienza illecita con l’intento di trarne profitto, mentre nell’incauto acquisto, l’acquirente potrebbe ignorare volontariamente segnali di allarme, senza intenzione di commettere un reato.

Nel contesto delle opere d’arte, l’incauto acquisto diventa particolarmente rilevante dato l’ampio mercato nero di opere trafugate. Anche quando gli acquisti vengono effettuati tramite canali considerati sicuri, come aste internazionali, è essenziale effettuare un controllo accurato della documentazione e della provenienza dell’opera. Ignorare questi aspetti può non solo mettere a rischio la validità dell’acquisto, ma anche portare alla perdita del diritto al risarcimento del danno in caso si scopra che l’opera è stata acquistata tramite un atto di incauto acquisto.

Quali sono i termini di prescrizione per agire legalmente in caso di opere false?

La legge italiana prevede un termine prescrizionale entro il quale l’acquirente può agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno o la restituzione del prezzo pagato. Questo termine è di dieci anni  e decorre dalla consegna dell’opera d’arte, che segna il momento in cui si verifica l’inadempimento. 

Questo significa che il diritto di agire per risolvere il contratto e ottenere risarcimento sorge al momento della consegna dell’opera falsa, indipendentemente dalla consapevolezza dell’acquirente riguardo alla non autenticità del bene al momento dell’acquisto.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 996 del 14 gennaio 2022, ha affrontato il tema della vendita di un quadro non autentico, sottolineando che l’ignoranza dell’acquirente sulla non autenticità del quadro non sospende il termine di prescrizione. La sospensione può avvenire solo per cause giuridiche, non per impedimenti soggettivi come la mancata consapevolezza del difetto o il tempo necessario per eseguire una perizia.

Per evitare problemi e garantire una compravendita sicura, è essenziale eseguire una due diligence preventiva, soprattutto nel caso di opere di grande valore e di autori non più viventi. Questa attività di verifica preventiva consente di accertare l’autenticità e la provenienza dell’opera, riducendo il rischio di acquistare un falso. 

In caso di dubbio è essenziale che l’acquirente sia consapevole del termine prescrizionale di dieci anni per agire in giudizio e ottenere risarcimento o restituzione del prezzo. La tempestività nell’identificazione dei difetti e la consultazione di legali esperti sono essenziali per tutelare i propri diritti e garantire una rapida risoluzione delle vertenze.

Se si può dimostrare che il venditore era a conoscenza del fatto che l’opera venduta era falsa, oltre alla responsabilità civile, egli potrebbe essere chiamato a rispondere anche penalmente per truffa e altri reati correlati.

Il nostro ordinamento prevede una tutela penale alle opere d’arte sanzionando con pene severe la loro contraffazione, secondo le disposizioni contenute nel Titolo VIII-bis del codice penale, intitolato “Dei delitti contro il patrimonio culturale”, introdotto dalla riforma del 2022.

Il nostro codice penale, all’art. 518-quaterdecies, rubricato “Contraffazione di opere d’arte”, sanziona con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da € 3.000 a 10.000 una serie di condotte delittuose tra cui al punto due: “chiunque, anche senza aver concorso nella contraffazione, alterazione o riproduzione, pone in commercio, detiene per farne commercio, introduce a questo fine nel territorio dello Stato o comunque pone in circolazione, come autentici, esemplari contraffatti, alterati o riprodotti di opere di pittura, scultura o grafica, di oggetti di antichità o di oggetti di interesse storico o archeologico”.

Pertanto, la scoperta di una contraffazione non solo apre la strada alla risoluzione del contratto e al risarcimento dei danni, ma può anche comportare gravi conseguenze penali per il venditore disonesto. Queste misure servono a proteggere il patrimonio culturale e a dissuadere la diffusione di opere d’arte falsificate, garantendo così la fiducia e l’integrità del mercato dell’arte.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 9 Agosto 2024
Ultimo aggiornamento: 26 Agosto 2024

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