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Obbligo di Green pass per l’accesso sul luogo di lavoro

Pubblicato in: Contenziosi e Risarcimenti
di Giulia Bonacasa
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Dal 15 ottobre è entrato in vigore l’obbligo di Green pass per l’accesso ai luoghi di lavoro nel settore pubblico e privato. Per non incorrere in sanzioni ogni datore di lavoro dovrà adeguarsi alla nuova disciplina legale e, d’altro lato, i lavoratori dovranno sottoporsi all’obbligo di mostrare il Green pass per non rischiare conseguenze disciplinari. In questo articolo:

  1. L’obbligo di Green pass nel settore pubblico e privato;
  2. La sospensione del lavoratore e la perdita del salario;
  3. Le linee guida per le attività di verifica;
  4. La verifica del Green pass e il rispetto della Privacy;
  5. La questioni di legittimità sul controllo del Green pass.

* * *

1.- L’obbligo di Green pass nel settore pubblico e privato

Dal 15 ottobre 2021, con l’entrata in vigore del D.L. n. 127 emanato il 22 settembre 2021 (recante misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato) non è più consentito al lavoratore l’accesso al luogo di lavoro senza il possesso del Green pass. Ricordiamo che è possibile ottenere il Certificazione verde COVID-19:

  1. per avvenuta somministrazione del vaccino,
  2. esito negativo al tampone rapido e/o molecolare oppure
  3. per certificata guarigione dal covid-19.

Salvo specifici casi di esenzione, qualora il lavoratore acceda sul luogo di lavoro senza il Green pass, il datore di lavoro dovrà comunicare l’illecito al Prefetto (competente per territorio)  affinché  quest’ultimo irroghi la sanzione amministrativa da 600 a 1500 Euro (di cui all’art. 9-quinquies del D.l. n. 52 del 2021)

Sia per il settore pubblico che per quello privato, gli artt. 1 e 3, VI comma del Decreto Legge, stabiliscono che nel caso in cui il lavoratore comunichi di non essere in possesso del Green pass o che ne risulti privo al momento dell’accesso al luogo di lavoro, sarà considerato assente ingiustificato fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021.

2.- La sospensione del lavoratore e la perdita del salario

Per le aziende con meno di 15 dipendenti il datore di lavoro ha diritto di sospendere il lavoratore dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata. La sospensione è di dieci giorni rinnovabili per una sola volta. In ogni caso, la sospensione non potrà essere irrogata dopo la cessazione dello stato di emergenza.

Sia chiaro che l’assente ingiustificato per mancanza della Certificazione verde COVID-19 non ha diritto alla retribuzione (né ad altro compenso anche di natura previdenziale). Tuttavia, il lavoratore conserva il diritto al posto di lavoro, poiché non potrà subire né conseguenze disciplinari né il licenziamento

Il lavoratore è considerato assente ingiustificato fino all’esibizione della certificazione verde (nel conteggio devono essere incluse anche le giornate non lavorative e eventuali giornate festive). I giorni di assenza ingiustificata, inoltre, non concorrono alla maturazione di ferie e comportano la corrispondente perdita di anzianità di servizio.

3.- Le linee guida per le attività di verifica

I soggetti preposti al controllo sono il datore di lavoro o il personale  dirigenziali da lui delegato con atto formale. Il controllo deve effettuarsi all’accesso o, in caso di impossibilità, a cadenza giornaliera assicurando che – se fatto a campione – sia effettuato in maniera omogena. Inoltre deve essere svolto in misura non inferiore al 20% del personale presente in servizio.

Oltre all’app “VerificaC19” per la scansione del QR Code, già nota con il DPCM del 17 giugno, con le nuove disposizioni sono rese disponibili per i datori di lavoro – pubblici e privati – strumenti informatici con specifiche funzionalità che consentono una verifica quotidiana e automatizzata del possesso delle certificazioni. Tali verifiche possono avvenire attraverso:

  • l’integrazione del sistema di lettura e verifica del QR code del certificato verde nei sistemi di controllo agli accessi fisici;
  • la Piattaforma NoiPA, per gli enti pubblici che vi aderiscono, realizzata dal Ministero dell’economia e delle finanze, l’interazione asincrona tra la stessa e la Piattaforma nazionale-DGC;
  • per i datori di lavoro con più di 50 dipendenti, sia privati che pubblici non aderenti a NoiPA, l’interazione asincrona tra il Portale istituzionale INPS e la Piattaforma nazionale-DGC;
  • per le amministrazioni pubbliche con almeno 1.000 dipendenti, anche con uffici di servizio dislocati in più sedi fisiche, una interoperabilità applicativa, in modalità asincrona, tra i sistemi informativi di gestione del personale e la Piattaforma nazionale-DGC

Tenuto conto della funzione di prevenzione alla quale la misura è preordinata, non sono consentite deroghe a tale obbligo. Pertanto, non è consentito in alcun modo, in quanto elusivo del predetto obbligo, individuare i lavoratori da adibire al lavoro agile (smartworking)  sulla base del mancato possesso di tale certificazione.

4.- La verifica del Green pass e il rispetto della Privacy

Il nuovo DPCM tiene conto delle interlocuzioni con l’Ufficio del Garante Privacy al fine di assicurare, nel rispetto della libertà di scelta in ambito vaccinale, sia il corretto adempimento degli obblighi di verifica da parte dei datori di lavoro pubblici e privati, sia il rispetto della disciplina di protezione dei dati personali e della disciplina di settore, europea e nazionale, in materia di certificazioni verdi.

 

Infatti, consentire l’integrazione del sistema di lettura e verifica del QR code del certificato verde nei sistemi di controllo non può comportare in alcun caso:

  • la raccolta dei dati dell’intestatario;
  • l’accesso alle informazioni sui presupposti della certificazione (vaccino, guarigione dal COVID-19 o tampone), né alla sua scadenza.

Non è, inoltre, consentito richiedere copia delle certificazioni.

In questo senso, il Garante per la protezione dei dati personali ha chiarito che il controllo è legittimo quando il controllo dei dati è limitato a quanto strettamente necessario. Il soggetto preposto alla verifica potrà controllare esclusivamente il nome e cognome del soggetto così come la spunta verde all’interno del QR Code. I dati c.d. sanitari, rientranti nella categoria di cui all’art. 9 GDPR, non possono essere trattati senza il consenso dell’interessato.

5.- La questioni di legittimità sul controllo del Green pass

Una recente sentenza ha confermato questa linea considerando legittime, nel caso di specie, le misure imposte dalla Regione Sardegna del tampone rapido all’ingresso e del tracciamento dei passeggeri per contenere il diffondersi dell’epidemia sul territorio. In questo caso, infatti, i giudici hanno considerato “il diritto alla salute prevalente rispetto al diritto alla privacy” (T.A.R. Cagliari sez. I, 18/03/2021, n.63)

Inoltre, una recente sentenza della CEDU Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (08/04/2021 n. 47621) ha stabilito che l’obbligo di vaccinazione, come misura a tutela della salute pubblica, non viola l’art. 8 della Convenzione. La Corte, infatti, ha statuitio che costituisce violazione dell’articolo menzionato “non ogni ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata è vietata. Anzi. Non sono certamente proibite dalla CEDU quelle ingerenze dell’autorità pubblica previste dalla legge, e che hanno la natura di misure che in una società democratica sono necessarie alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.”

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Data di pubblicazione: 27 Ottobre 2021
Ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2023
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