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L’omogenitorialità in Italia: il travagliato iter delle coppie omosessuali per riconoscere i propri figli

Pubblicato in: Famiglia
di Mariasole Trotta
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In Italia non vi è ancora una legge che regolamenti e tuteli la genitorialità di una coppia omosessuale, ossia che detti le modalità per il riconoscimento dei loro figli.

Il grave e inaccettabile vuoto normativo causato da un Legislatore che non vuole prendere posizione, ha ingenerato nel corso dell’ultimo ventennio il proliferare di pronunce giurisprudenziali a dir poco schizofreniche.

In questo articolo:

Cosa si intende per omogenitorialità?

Quando parliamo di omogenitorialità ci riferiamo a quel legame esistente tra i componenti di una coppia omosessuale (che sia o meno unita civilmente) e i loro figli (nati grazie al ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita), o nati da relazioni eterosessuali precedenti.

A livello giuridico, il figlio nato all’interno di una coppia omosessuale ha un solo genitore:il c.d. “genitore biologico”. Il genitore “intenzionale” o “elettivo”, ossia il partner del genitore biologico, non ha alcun diritto e alcun dovere nei confronti di quel bambino, o meglio per la legge italiana semplicemente non esiste.

Il panorama normativo in Italia

Come poc’anzi detto, in Italia, ad oggi, non vi è una legge che disciplini il fenomeno della omogenitorialità. Tuttavia, vi sono altre normative – su temi collegati e altrettanto rilevanti – che meritano di essere segnalate.

Ci riferiamo in particolare:

  • al divieto di “maternità surrogata” ai sensi dall’art. 12, co. 6 della legge n. 40/2004. Nonostante tale divieto, è evidente come molti cittadini italiani (per lo più coppie omosessuali maschili) abbiano fatto ricorso alla pratica della gestazione per conto terzi recandosi nei Paesi che presentano una normativa più permissiva sul tema. 
  • al divieto di ricorso a tecniche di PMA eterologa per coppie “same sex” ai sensi dell’art 4 comma 3 in combinato disposto con l’art 5 della Legge 40/2004. Anche in questo caso, il divieto non ha impedito a coppie omosessuali (composte da donne) di recarsi nei Paesi in cui tale tecnica sia consentita, al fine di soddisfare il loro desiderio di maternità.
  • al mancato riconoscimento nell’ambito della Legge Cirinnà (art.20 L.76/2006) della cd. “Stepchild adoption” (ossia l’adozione del figlio del partner).

L’adozione in casi particolari di minori nati da coppie omosessuali

La prima sentenza storica sul tema dell’omogenitorialità è ascrivibile all’ex Presidente del Tribunale per i minori di Roma Melita Cavallo nel 2015.

Tale sentenza è stata dedicata dalla Presidente Cavallo “a tutti quei bambini nati nelle coppie omosessuali a cui fino a quel momento era stato negato il diritto ad avere due genitori”.

Il caso riguardava due donne legate da una relazione sentimentale e di convivenza che perdurava dal 2003 che si erano recate in Spagna per poter accedere alla PMA eterologa e realizzare il loro desiderio di maternità. La bambina, venuta alla luce in italia, aveva sempre vissuto sin dalla nascita con la madre biologica e la sua compagna.

La madre intenzionale aveva quindi proposto dinanzi al Tribunale per i minorenni di Roma, domanda di adozione della minore ( ai sensi della legge 184/1984, art. 44, comma 1, lett. d), evidenziando che la nascita della bambina era stata il frutto di un progetto genitoriale maturato e realizzato con la propria compagna di vita. 

Per arginare il vuoto normativo esistente in materia, il Giudice Cavallo ha previsto la possibilità per il genitore intenzionale di adottare ai sensi dell’ art 44 lett. L. 184/1983 (c.d. adozione in casi particolari) il figlio del partner nato in Italia mediante il ricorso a pratiche di procreazione medicalmente assistita effettuate all’estero. 

La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 12962 del 22 giugno 2016 confermò l’orientamento dei giudici di merito.

Quali sono i limiti di questa tipologia di adozione c.d. “mite”?

I limiti fondamentali presentati dall’adozione in casi particolari sono fondamentalmente tre:

  • la necessità che tra il figlio e il partner del genitore biologico esista un rapporto affettivo significativo. Infatti, la giurisprudenza della Suprema Corte ha avuto modo di sottolineare come “tale adozione può essere ammessa sempreché, alla luce di una rigorosa indagine di fatto svolta dal giudice, realizzi effettivamente il preminente interesse del minore”;
  • la necessità che il genitore “biologico” presti il suo consenso all’adozione da parte del partner;
  • l’assenza di legami parentali tra i parenti del genitore adottante e l’adottato.

Su tale ultimo aspetto occorre segnalare che la Corte Costituzionale con la Sent. n. 79 del 28 marzo 2022 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.55 della Legge sulle adozioni (L. 184/1983) nella parte in cui mediante rinvio all’art 300, comma II, del Codice Civile, prevede che l’adozione in casi particolari non induce alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante.

La trascrizione in Italia dell’atto di nascita di figli nati all’estero con ricorso alla c.d. maternità surrogata

Il caso riguarda due uomini, cittadini italiani, sposati all’estero con matrimonio trascritto nel registro delle unioni civili in Italia, i quali dopo aver avuto un bambino nato all’estero con ricorso alla c.d. maternità surrogata si erano visti rifiutare dall’ufficiale dello stato civile del Comune di Verona la trascrizione dell’atto di nascita estero del minore, nel quale si attestava che il bambino era figlio di entrambi sulla scorta di una pronuncia della Suprema Corte della British Columbia.

La Corte d’Appello di Venezia con Sent. 6775/2018, alla luce del preminente interesse del minore, riconobbe in Italia l’efficacia giuridica della sentenza canadese ordinando, di conseguenza, l’integrazione dell’atto di nascita del minore mediante indicazione di entrambi i genitori legali, non sussistendo contrasto con l’ordine pubblico internazionale italiano.

Nel periodo in cui la coppia chiedeva la trascrizione dell’atto, intervenne nel 2019 per altra causa, la Cassazione a Sezioni unite con sentenza 12193/2019. Le Sezioni Unite avevano avuto modo di ribadire che nell’ordinamento italiano – vigendo il divieto di ricorso alla c.d. maternità surrogata – non si sarebbe potuto recepire l’atto di uno Stato estero relativo alla nascita di un bambino nato grazie al ricorso a tale tecnica di procreazione. Infatti, il divieto sancito dalla Legge 40/2004 costituisce un inderogabile principio di ordine pubblico.

Nel 2020, poi, La Suprema Corte di Cassazione sollevò questione di legittimità costituzionale della normativa che esclude, attraverso il limite dell’ordine pubblico, la possibilità del riconoscimento in Italia dei provvedimenti delle autorità giurisdizionali straniere che accertino il diritto del genitore di intenzione di essere inserito nell’atto di nascita del figlio nato all’estero con ricorso alla c.d. maternità surrogata. 

Con le Sentenze 32 e 33 del 9 marzo 2021 la Corte Costituzionale respinse le questioni di legittimità costituzionale, sollecitando al contempo un urgente intervento del Legislatore in materia, e sottolineando in entrambe le pronunce come l’attuale disciplina dell’adozione in casi particolari non sia sufficiente ai fini della piena tutela dei bambini nati in coppie omogenitoriali a seguito del ricorso a tecniche di PMA non consentite dal nostro ordinamento.

Da ultimo, Le Sezioni Unite con Sentenza n. 9006 del 31 marzo 2021 hanno affermato il principio secondo cui non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti di una sentenza straniera di adozione piena di un minore da parte di una coppia omosessuale maschile, purchè il bambino non sia nato in seguito ad un accordo di surroga materna (nel caso di specie i genitori biologici del bambino avevano prestato il consenso all’adozione).

Milano e il registro delle coppie Arcobaleno

A fronte del protrarsi dell’inerzia del Legislatore e di una giurisprudenza sempre più caotica, La città di Milano, in persona del suo Sindaco ha deciso di riattivare, in piena autonomia, il riconoscimento dei figli nati in Italia da famiglie omogenitoriali.

Con riferimento ai figli nati da due mamme che abbiano fatto ricorso alla PMA eterologa in un paese estero in cui questa pratica è consentita e che abbiano partorito in Italia, il Comune provvede a registrare l’atto di nascita della mamma che ha partorito. Entrambe le donne dovranno poi rilasciare una dichiarazione congiunta in cui la mamma che ha partorito riconosce l’altra come mamma di intenzione la quale, a sua volta, prestando il suo consenso viene aggiunta sull’atto di nascita del minore. 

Il diritto all’iscrizione all’anagrafe viene riconosciuto anche ai figli di due mamme che abbiano partorito all’estero.

Dal novembre 2021 vengono riconosciuti anche i bambini nati da due papà con ricorso alla c.d. maternità surrogata. Il Comune – in questi casi – presta molto attenzione al Paese in cui tale pratica si sia svolta. Nessun problema si pone con riferimento agli Usa e al Canada, Paesi nei quali vige una normativa specifica in materia, che tutela i diritti e la salute delle donne.

Riproduzione riservata ©
Data di pubblicazione: 22 Novembre 2022
Ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2023

Mariasole Trotta

Laureata magna cum laude all'Università degli Studi di Roma Tre, Avvocato appassionata di Diritto di famiglia.
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